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sabato 31 marzo 2018

Brutto anatroccolo, di Anonimo


 
Brutto anatroccolo
                        (a Jose, buon viaggio)
 
Come gli angeli di quand'eri piccina
nel volo confusa, sola, senz'ali
la casa, quella di sempre, la tua
passando radente pensasti la vita.

Infranto sullo sterile cortile il sogno
cullato nel cuore fin da bambina,
principessa mancata, sola, disposta,
prigioniera del mondo, mamma.
 
Ora di te ho il ricordo, quel gesto
un saluto nascosto dalla porta di casa
e la mia fretta che non mi ha fatto fermare
e i tuoi occhi e quel triste presagio.
 
Mi manchi nei sensi, nel cuore
amica di un tempo, amica lontana
ora sei un cigno del cielo, leggera
come la brezza che viene dai  monti.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate

venerdì 30 marzo 2018

Semaforo rosso, di David Maria Turoldo

Semaforo rosso
 
Un passaggio a livello, un semaforo
rosso è il simbolo di me
più scontato: pieno di sbarre
e di segnali d'allarme
su una via che pare
la più piana e solare.
 
I giorni, la memoria, una siepe;
una selva di fili spinati
il cammino. E il sangue
un torrente cieco.
 
Quanto desiderai, o Signore,
di buttarmi nel Tuo mare,
di finire dentro l'elemento
informe e semplice,
dentro l'infinito Tuo palpito!
Ché se dalla carne è visibile
il segno di questi reticolati,
Tu, onnisciente, non la dirai
ribellione, marchio
di una insignificante anarchia.
Forse è ricordo del primo
tempo libero, irrimediabile, amore
d'essere come Te, immutabile.
 
E voi, non presentate figura alcuna
di questa creazione: schemi,
diaframmi isolanti; tutti
oggetti, tombe del desiderio.
(Una stupenda misconoscenza
la nostra che non s'avvede
come la «cosa» si obnubila
sotto il velo delle nostre concupiscenze.)
 
Meglio sarebbe non desiderare
per non rompere la consuetudine
con l'Eterno. La mia è un'avanzata
ove ogni giorno erigo una lapide
a ricordo di un combattimento,
di qualcuno lasciato alle spalle.
E poi, a sera, questi sepolti
che risorgono a migliaia
a ridarmi battaglia.
Ed io alla fine rimasto solo
con la squallida gioia
simile a uno sconfinato deserto.
 
Non del cielo, non della terra siamo.
Egli ancora, dopo tanto
iconoclasta furore e lo scempio
di tanta rinuncia, ancora
in Immagine: ancora
separati ed ignoti.
 
A quando, Iddio, per me
un passaggio libero
e l'immediato raggiungimento?
 
David Maria Turoldo
da "O sensi miei" (Poesie 1948-1988), 1990
 
 
quanti stop alle cose della vita,
fermarsi perché fermati nel senso,
un intimo raccolto di sbarramenti
e ci ributtiamo sulla strada veloci...

giovedì 29 marzo 2018

Saluto, di James Schuyler

Saluto
 
Il passato è passato, e se uno
ricorda quel che voleva
fare e poi non ha fatto, non
basta aver pensato di
fare? Come quella raccolta
di un esemplare di ciascuno
che avevo escogitato, un
esemplare di ogni tipo di trifoglio,
margherita, hieracium che
cresceva in quel campo
dove stava il capanno e
studiarli per un pomeriggio
prima che appassissero. Il passato
è passato. Saluto
quel vario campo.
 
James Schuyler
Traduzione di Massimo Bacigalupo
 
 
un saluto, arrivederci, addio,
poi le distanze, quelle larghe,
passano i tempi e si invecchia
almeno qualcuno ci riesce...

mercoledì 28 marzo 2018

Arenili, di Anonimo

 
Arenili
 
Setaccio la rena in silenzio,
il mare, questo mare è un frammento
di luce cobalto, un ricordo... l'Assenzio
mi stravolge, rimango sgomento.
 
Continuo a cercare la sabbia,
il mare, questo mare è un lamento
di gente comune costretta alla rabbia
di dettagli precisi portati dal vento.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate

martedì 27 marzo 2018

Lettere alfabetiche, di Birgitta Trotzig

Lettere alfabetiche
 
C’è un silenzio in ogni cosa fitto come un’esplosione, moltiplicato anni luce in un unico movimento raccolto – nell’erba, nella vipera sulla pietra, nelle frasche di prugnolo, nei gabbiani, nelle conchiglie bolle l’immensa coppa di luce solare sopra lo specchio marino, luce da luce, silenzio-luce-movimento – il nocciolo d’immobilità nell’antico silenzio in esplosione del sole.
L’immenso silenzio greve delle cose un turbine che si schianta, il ballerino derviscio in mezzo al nocciolo di pietra, l’istante che permane, la mutevolezza-danza-dell’istante, la schiuma-chiarore di lampo vecchio milioni di anni dell’istante che danza vista come immobilità, formula-vertigine, segno di lettera alfabetica.

Birgitta Trotzig
da Anima, 1982
Traduzione di Daniela Marcheschi
 
rifugiarsi nel non senso,
serve, quando non si capisce,
anche se si è troppo soli;
l'universo collassa dentro di noi...

lunedì 26 marzo 2018

La vela bianca, di Ko Un

La vela bianca

Nessuno anela a una tempesta,
     questo è certo!
Eppure tu, bianca vela lì fuori nel mare,
nel profondo del cuore
     speri che la tempesta arrivi.
Perché solo nella tempesta
riesci ad essere viva.

Oh bianca vela paziente e nostalgica
     nel grande mare blu!
La lotta ha inizio!

Il mio sguardo non si stacca da te.

Tra l’erba, sotto i miei piedi,
anche una brezza gentile è tempesta.


Ko Un
da "Poeta per destino"
traduzione di Vincenza D’Urso
 
punto perduto nel mare dell'essere,
una vela, quella che ci fa muovere,
navigare nell'esistenza, nelle sue furie,
rintanarsi, ogni tanto, in rade sicure...

domenica 25 marzo 2018

I passeri perduti, di Mario Trejo

I passeri perduti
 
Amo i passeri perduti
che tornano dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
 
Tornano di nuovo i ricordi,
le ore giovani che ho dato
e dal mare giunge un fantasma
fatto di cose che amai e persi.
 
Tutto fu un sogno, un sogno che perdemmo
come perdemmo gli uccelli ed il mare,
un sogno breve e antico come il tempo
che gli specchi non possono riflettere.
 
Dopo cercai di perderti in tante altre
e quell'altra e tutte eri tu;
infine riuscii a capire quando un addio è un addio,
la solitudine mi divorò e fummo due.
 
Tornano i passeri notturni
che volano ciechi sul mare,
la notte è uno specchio
che mi ridà la tua solitudine.
 
Sono solo un passero perduto
che torna dall'aldilà
a confondersi con un cielo
che mai più potrò recuperare.
 
Mario Trejo
 
sul noce, sul balcone, ovunque,
cinguettii e scaramucce tra loro,
un po' di sole, qualche briciola;
gli uccellini che tornano, i miei...

sabato 24 marzo 2018

Haiku

 
gocce imperlate rivolano
su guance tristi e dolenti,
gemme irrisolte, sole...
 
Anonimo
del XX° Secolo
frammenti ritrovati

venerdì 23 marzo 2018

Aforisma riflesso

 
 
sempre ascoltiamo le frasi
che ci appaiono consone al rito
della vita, dell'essere e stare;
al cospetto di molti si piega
la mente ai sogni... già i sogni
perduti contatti con chi?
 
Gujil

giovedì 22 marzo 2018

Ancora ti prospera il fogliame intorno al cuore..., di Mariella Mehr

Ancora ti prospera il fogliame intorno al cuore
e una fresca presa di sale
impregna il tuo sguardo.

Di me nessuno vuol sapere,
di chi io sia la spezia
e di quale amore la durata.

Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l’anima mia si apre
in una lingua straniera.

Luce, dico allora, luce di lupo,
dico, e che non venga nessuno
a tagliarmi i capelli.

Mi annido in briciole straniere
e sono a me parola sufficiente.
Effimero, mi dico,
perché presto cesserà ogni annidare,

e scorre via il resto di ogni ora.
 
Mariella Mehr
da " Scrivere oltre il dolore"
Traduzione di Anna Ruchat
 
 
il dolore, che strana cosa, assurda,
colpisce nell'anima, nei sensi fisici,
colpisce, atterra, tramortisce;
il mio, profumo di spezia, morde la vita...
 

mercoledì 21 marzo 2018

Spengono la lampada e il suo globo risplende..., di Tomas Tranströmer

Spengono la lampada e il suo globo risplende
un istante prima di sciogliersi
come una pastiglia in un bicchiere di tenebre. Poi si sollevano.
Le pareti dell’albergo si gettano nel buio del cielo.
I gesti dell’amore si sono acquietati e loro dormono
ma i pensieri più segreti s’incontrano
come quando s’incontrano due colori e l’uno nell’altro fluiscono
sulla carta bagnata di un dipinto infantile.
È buio e silenzio. Ma la città stanotte
si è avvicinata in fretta. A finestre spente. Le case sono qui.
Vicinissime stanno serrate in attesa,
una folla di volti inespressivi.
 
Tomas Tranströmer
da "Poesia dal silenzio"
 
 
il silenzio, nulla di suoni,
anche le immagini tacciono
nei loro contorni netti;
chiudo gli occhi, ascolto...

martedì 20 marzo 2018

L'arte del primo sonno, di Silvio Ramat


L’arte del primo sonno


Che pece tenera l’inesperienza
tua e mia dell’umano, che amore
l’amore catafratto d’ironia,
questo illudersi a ore alterne d’una
maturità che non esiste o almeno
non esiste nel nostro destino.

Quanto poco fu il tempo per descriverti
e meno ancora quello che serviva
a viverti. Illeso amore, accento
di sorriso sulla mia prima costola
fratturata, questo scherzo sottile
di primavera, e al suo velo invisibile
io e te ringiovaniti nella spera
del vaniloquio: la chiave è sul banco
che ti apre e mi vuota come l’uno
in euforia dopo l’altro i bicchieri.
 
Silvio Ramat
 
Sonno,
  tacuinum sanitatis casanatensis
(XIV secolo)
 
il sonno, così prezioso,
ormai raro e corto nei sogni
quelli miei brevi, unici, potenti
nella solitudine di sempre

lunedì 19 marzo 2018

Padre, di Anonimo

 
 
Padre
 
Tu padre mio che manchi
attimo di gioia è il pensiero
poi viene tristezza e mancanza.
 
Tu padre fino in fondo
sorrisi e smisurata dolcezza
tra rughe e avanzata vecchiaia.
 
Tu padre, canuta certezza
più non baci i tuoi figli
non carezzi i loro bianchi capelli.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate

domenica 18 marzo 2018

La semina, di Edward Thomas

La semina
 
Era un giorno
Fatto per seminare,
La terra secca,
Dolce come tabacco.
 
Era il remoto echeggiare
Della civetta
E la prima stella
L’ora era tutta bella, da assaporare.
 
Un’ora così lunga era,
Già buttato
Il seme,
Nulla più di incompiuto rimaneva.
 
Ma ascolta, è ormai notte
Una pioggia discreta
(Baci o lagrime?)
Darci la buonanotte.
 
Edward Thomas
 
 
le semine della vita, metafora
di ciò che accade alla terra;
piccoli solchi d'aratro e un seme,
piccola speranza di vita futura...

sabato 17 marzo 2018

Immagine incantevole, di Cees Nooteboom

Immagine ingannevole

Mai stato chi volevi essere,
chi pensavi di essere.
L’abito sbagliato
in un mondo alla rovescia.

Sempre andato avanti a menzogne,
la prima fidanzata, non hai mai creduto
che le frasi più semplici

fossero le più intime. A te l’apparenza
era più familiare
del primo pensiero,

avevi troppo mondo, troppo muschio
sulla tua statua, ti ergevi
con il libro che nemmeno desideravi leggere,

un uomo di carne divenuto stucco,
un angelo d’ombra, solo,
e avvolto nella vuota professione
del tuo nome
.

Cees Nooteboom
da "Poesia come meditazione"
traduzione di Fulvio Ferrari

 
 
le false prospettive, le visioni,
ciò che si crede e invece è altro;
ingannato dai sensi spesso sbagliai
ora ci vedo meno e sbaglio ancora...

venerdì 16 marzo 2018

Riflesso

 
modesti pensieri stipano
i cassetti della memoria,
io ripenso e rivivo;
dove quando come?

Gujil

giovedì 15 marzo 2018

Oh, fatemi una maschera..., di Dylan Thomas

Oh, fatemi una maschera e un muro per nascondere alle spie
Dei vostri occhi aguzzi e laccati e degli artigli occhialuti
Lo stupro e la rivolta degli asili infantili del mio volto,
Mordacchia d’albero ammutito per bloccare contro i nemici scoperti
La lingua baionetta in questo indifeso pezzo da preghiera
(Questa bocca) e la tromba delle bugie soavemente sonata,
Espressione di tonto scolpita in quercia e in antica armatura
Per proteggere il cervello corrusco e smussare gli ispettori,
E un vedovile dolore unto di lacrime languente dal ciglio
Per velare la belladonna e lasciare che gli occhi asciutti
Scorgano gli altri tradire le lagnose bugie delle loro sconfitte
Con la curva della bocca nuda e il sorriso sopra i baffi.
 
Dylan Thomas
 
Risultato immagine per maschere
 
maschere a volti imperscrutabili,
coprono, nascondono, cambiano;
spezzando i rimorsi affiorano cose
ritenute scomparse e lontane...

mercoledì 14 marzo 2018

Riflesso

 
alla ricerca di delucidazioni provo
a scuotere il contenitore vuoto;
sono io, solo, imperterrito,
così fragile a volte e stupido...
 
Gujil

martedì 13 marzo 2018

Si deve cadere e non si può scegliere dove..., di Roberto Juarroz


Si deve cadere e non si può scegliere dove.
Ma c'è una forma del vento nei capelli,
una pausa del colpo,
un certo angolo del braccio
che possiamo piegare mentre cadiamo.

È
soltanto l'estremo di un segno,
la punta impreveduta di un pensiero.
Ma basta ad evitare il fondo avaro di alcune mani
e la miseria azzurra di un Dio deserto.

Si tratta di piegare un po' di più una virgola
in un testo che non possiamo correggere
.
 

Roberto Juarroz
da " Poesia verticale"
traduzione di Stefano Bernardinelli
 
 
caduto... quante volte, dappertutto,
ho pianto, mi hanno deluso, tanto;
in un insieme di fogli lascerò me stesso
gli critti, i pensieri, le frasi...
 

lunedì 12 marzo 2018

Non invidio in alcun modo, di Alfred Tennyson


Non invidio in alcun modo
il vuoto opprimente della nobile rabbia,
il cardellino nato nella gabbia
che non ha mai conosciuto i boschi estivi.
Non invidio l'animale che si prende la sua libertà nel tempo,
senza essere toccato dal senso di colpa,
e la cui coscienza non viene mai risvegliata.
E neppure, sebbene esso possa ritenersi beato,
il cuore che non ha mai fatto una promessa di matrimonio,
ma resta lì, a stagnare, nell'indolenza.
E non voglio alcun riposo del desiderio.
E tengo per certo, qualunque cosa accada,
e lo confermo proprio quando soffro di più: 
è meglio aver amato e perso che non aver amato mai.

Alfred Tennyson


 
sentimento strano l'invidia,
a volte è solo un po' di un qualcosa
che  difficile definire a parole;
io, per me, invidio senza cattiveria...
 

domenica 11 marzo 2018

Riflesso

 
sarà la pioggia,
o questa tosse che opprime,
sarà il pensiero
oppure un sentimento alla fine;
vorrei prendere tempo, al tempo...
 
Gujil
 

sabato 10 marzo 2018

Frammento, di Anonimo


Gocce di pioggia, diamanti
sul vetro, finestra sul mondo,
asciugo lacrime di tristezza.
 
Anonimo
del XX° Secolo
frammenti ritrovati
 
 

venerdì 9 marzo 2018

Non c'è più nessun nome..., di Maria Do Rosário Pedreira

Non c'è più nessun nome. Dopo di te
mi destinarono solo nomi che non amai,
volti sui quali non volli posare gli occhi per paura
di fissarli, mani che erano sempre l'ombra
delle tue mani sotto le lenzuola. Mai neanche le vidi

né toccai quelle dita che, nel buio, celebravano
nella mia la tua carne – se un altro motivo le portò,
per quanto vago, anche non volli udirlo, mai
lo seppi. Dopo di te, dopo gli altri uomini,
è ancora il tuo nome che dico, e nessun altro.


 Maria Do Rosário Pedreira
Traduzione di Mirella Abriani
 
Alessandro Venturi
"Gli amanti"
 
svaniscono i nomi, come i volti, nel tempo,
il passato riemerge qualche volta
ci ispira lunghe riflessioni in silenzio;
qualche sospiro, poi si torna a viaggiare...
 

giovedì 8 marzo 2018

Un ricordo, di Wisława Szymborska


Un ricordo
 
Stavamo chiacchierando,
siamo ammutoliti d’improvviso.
Sulla terrazza appare una ragazza,
ah, bella,
troppo bella
per il nostro tranquillo soggiorno.

Basia ha sbirciato in preda al panico il marito.
Krystyna ha posato d’istinto la sua mano
su quella di Zbyszek.
Io ho pensato: ti telefonerò,
ti dirò – non venire ancora,
è prevista pioggia per qualche giorno.

Solo Agnieszka, una vedova,
ha accolto la bella con un sorriso.
 
Wisława Szymborska
da "Attimo", 2002
traduzione di Pietro Marchesani
 
 
 sembra fatta apposta, strano,
il ricordo si affaccia sempre
anche stanotte, Tilde, lontana,
zia di passate cose perdute...

mercoledì 7 marzo 2018

Quando i ricordi, di Anonimo

 
Quando i ricordi
 
Quando i ricordi arrivano
la mente si ferma, richiama,
in un niente si fondono i volti,
le cose, la gente, le voci.
 
Fermando le vele ogni nave
rallenta, ondeggia, beccheggia;
così siamo noi, come foglie,
leggere scostanti, danzanti.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 

martedì 6 marzo 2018

Pelle azzurra, di Alfonso Gatto


Pelle azzurra

 Chi stringe i venti, e annebbia le specchiere
oltre i mari d'autunno, nell'alone
delle polveri cieche?
Tutta la notte nella pioggia ho visto
sparire la città, tremava il palco
il fradicio dei legni sul mareggio
della laguna, e la lumaca cieca
intrepida sbavava la sua strada.
L'amore era il sudario dei miei volti
affacciati da sempre,
le palpebre pesanti, il naso duro
come il silenzio fermo sulle labbra.
Mi dicevo di me ch'ero al tuo riso
lontano l'ombra che scavalca i ponti
il dannato che insegue la sua fuga.
Vicina eri il puntiglio della grazia
che tiene a bada la sua smania e al filo
degli occhi le tue ciglia da moscone,
il raggiro assonante dell'insidia.


Alfonso Gatto
 
 
come avatar imprevisto nel mondo,
come solito essere sempre, solo a volte,
l'amore, già l'amore, ricordo ancora;
in un solo secondo rivivo e sbiadisco...

lunedì 5 marzo 2018

quante cose porta seco,... di Gujil

 
quante cose porta seco,
il giorno dopo,
le riflessioni, i dubbi fugati,
gioie e delusioni come fiori
che, recisi, in un vaso,
presto appassiranno a morire
in un attimo tutto tornerà...
 
Gujil

domenica 4 marzo 2018

Tenendo le cose assieme, di Mark Strand

Tenendo le cose assieme
 
In un campo
io sono l'assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l'aria
e sempre
l'aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.

Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose.
 
Mark Strand
da "Sleeping with One Eye Open", 1964
 

 
fatica enorme, improba, grande,
tenere assieme le cose, è vero,
chi lo fa lo sa, s'impegna;
qualche volta perfino riesce...

sabato 3 marzo 2018

E vi era un cullare, vi era un...., di Michael Donhauser


E vi era un cullare, vi era un
respiro e trascorreva nelle chiome
degli alberi sì che le foglie si
piegavano, si rizzavano, impetuose

e tremanti quando il vento dell’autunno
comprimeva i rami finché lentamente
il fremito si affievoliva e più leggero
fluttuava solo il bordo di un giardino:
io ero vissuto vicino a questo fremere
singhiozzare, precipitare e più fredde erano
ora le notti sì che le dalie erano appannate
di brina bianca, scendevano
le cornacchie dai monti nel villaggio
e stavano sulla sommità dei tetti
però invano si allineava immagine
ad immagine per formare un racconto, ché

del tutto solo restava l’oscuro gorgogliare
della fontana e abbandonati se ne stavano
i luoghi con l’odore del freddo, dei
cavalli – sentivo mettergli la ferratura

nelle stalle, sentivo l’odore del fumo della
ramaglia bruciata, la coperta di nuvole ora
si strappava, ora si ricomponeva e così
se ne andavano i giorni, se ne andava l’anno


Michael Donhauser
da " Il latte nero del sambuco"
a cura di Gio Batta Bucciol
 
Luigi Gioli (1854-1947)
"Cavalli all'abbeverata"
olio su tela 

le stagioni ripassano sempre,
questa fine inverno mi racconta
di cose che non ricordavo, del freddo,
improvvisa un'ala batte e s'invola...