Effetto di nebbia
Nella nebbia luminosa del mattino
la casa dolcemente indietreggia e s' appanna;
si piegan sullo stelo, nel giardino,
dolci fiori di spuma e di manna.
Corrado Govoni
Effetto di nebbia
Nella nebbia luminosa del mattino
la casa dolcemente indietreggia e s' appanna;
si piegan sullo stelo, nel giardino,
dolci fiori di spuma e di manna.
Corrado Govoni
Breve la vita?
Breve la vita? a me talvolta sembra
Esser già mille e mille anni vissuto,
E m’avvinghia un terror gelido e muto
Quando del tempo andato mi rimembra.
E il cor mi trema, e d’un ignoto inferno
Sento l’angoscia cercarmi ogni vena,
Quando il pensier in mente mi balena
Di dover forse vivere in eterno.
Arturo Graf
Tele al vento
Se mai, tessitore minuscolo,
il vento ti scuote e molesta,
nel cavo del muro tirandoti,
tu vedi passar la tempesta,
e torni, al benigno sorridere
del sole, fra li umidi rami,
e su la rovina de l'opera,
l'ordito novello ricami.
Beato! Se rapido il passero
a coglierti in becco non scende,
a te, da la tela finissima
che giuso dal mandorlo pende,
è dato le zampe distendere
tranquillo, e dal mobile velo
in ozio felice cullandoti,
campar contemplando nel cielo.
Ti guardo ammirato; e t'invidio
anch'io vorrei tender la rete
e al volo le nobili cogliere
de l'alma fantasime liete;
ma indarno mi pèrito a tessere,
chè il vento, l'ordito mi sfata;
il vento che ulula rabido
battendo de l'ala affannata.
Nè il tempo mi avanza di volgere
lo sguardo a l'azzurro infinito,
nè, in cari tripudî cullandomi,
rifar pazïente l'ordito:
Il vento, la tela rompendomi,
i dolci miei piani sconvolve:
le poche mie prede, staccandosi,
si perdono giù, ne la polve.
Guido Fabiani
Ecco le voci cadono e gli amici
sono così distanti
che un grido è meno
che un murmure a chiamarli.
Ma sugli anni ritorna
il tuo sorriso limpido e funesto
simile al lago
che rapisce uomini e barche
ma colora le nostre mattine.
Vittorio Sereni
Ebrezza
Tenace cuor, le tue forze non dome,
nè fatte già da assiduo impero ignave,
in te risorgono, ribellate schiave,
che alla tempesta scuotono le chiome.
Torbido mal t'opprime e t'arde, come
suggel di passione troppo grave;
ma l'ami; esso è quasi l'aspra chiave
d'una tua ebrezza, cui non so dar nome:
Soffrir con gioia. Respirar la vita
in sussulti d'angoscia. Lacerare
senza pietà la propria ferita.
E più goder di questo estremo affanno:
che le tue grida tanto ardenti e amare
a chi ti strazia mai non giungeranno.
Amalia Guglielminetti
Poesia d’amore
Mi piacerebbe essere il tuo pensiero,
l’inseparabile ombra che ti segue
– e se non come amante, come amica,
al sole, alla luna, alla luce di casa.Vorrei essere il fiato del tuo respiro,
l’amore inquieto che ti avvince,
del tuo edificio colonnato e trave,
delle tue ferite odoroso unguento.Tanto voglio essere tua, farti mio,
che io lascerei il mio spirito vuoto
perché tu lo riempia con la tua essenza.Porta il mio profilo sul tuo sentiero,
ombra legata al tuo lieve vagare,
assorbimi nella pelle, nel vivere.
Francisco Alvarez
Eppure- chissà – là dove qualcuno
resiste senza speranza,
è forse là che inizia la storia umana,
come la chiamiamo,
e la bellezza dell’uomo.
Ghiannis Ritsos
Green Eyes
Ogni notte accendiamo la candela
che sta accanto al nostro letto,
ma a volte la fiamma è troppo da gestire,
questo è quello che hai detto.
Questo è quello che hai detto,
e dovresti sapere
perché hai acceso in me un fuoco e l'hai fatto bruciare,
mi hai seguito guardando ogni mossa,
abbinando ogni turno.
I tuoi occhi verdi non si fanno mancare nulla,
mi tengono come il sole che tramonta,
riscaldami come un fuoco nella notte, senza suonare.
Stavi aspettando fino a quando ho sentito,
così paziente come quella luce d'amore nei tuoi occhi,
e mai buttato via una parola, né mai parlato sotto mentite spoglie:
Dovrei saperlo.
Eri un faro per un marinaio perso in mare,
L'ho visto nei tuoi occhi quando mi hai guardato, così apertamente.
La prima volta che ho visto la tua risata scatenarsi dentro e cadere verso di me,
il mio cuore sapeva di aver trovato ciò che cercava, ed è arrivato così facilmente che dovremmo
sapere.
Dopo tutti gli anni dei tempi duri e solitari,
ora i nostri giorni trascorrono come le trame dei migliori amici,
tuo e mioIgnorabimus
Certo un mistero altissimo e più forte
dei nostri umani sogni gemebondi
governa il ritmo d'infiniti mondi
gli enimmi della Vita e della Morte.
Ma ohimè, fratelli, giova che s'affondi
lo sguardo nella notte della sorte?
Volere un Dio? Irrompere alle porte
siccome prigionieri furibondi?
Amare giova! Sulle nostre teste
par che la falce sibilando avverta
d'una legge di pace e di perdono:
«Non fate agli altri ciò che non vorreste
fosse a voi fatto!». Nella notte incerta
ben questo è certo: che l'amarsi è buono!
Guido Gozzano
Il poeta e la lucciola
Sconosciuto e ramingo, nel suo schianto;
ma quando canta, gli occhi al ciel rivolti,
tremano i cuori, si sbiancano i volti,
senton gli umani l'ebbrezza del pianto.
Come la lucciola, che si nasconde
allo splendor del dì, mosca tranquilla,
e a notte tanto più rischiara e brilla
quanto più son le tenebre profonde.
Corrado Govoni
36
Annali di Volusio, cartacce di merda,
sciogliete la promessa della donna mia,
che a Venere e a Cupido ha fatto voto,
se da lei fossi tornato accettando
una tregua al mio violento sarcasmo,
di sacrificare alle fiamme di Vulcano
i versi migliori di un pessimo poeta
perché bruciassero su maledetta legna.
Quella dolce canaglia sapeva benissimo
di fare voti come fossero uno scherzo.
E allora tu, figlia del mare azzurro,
tu che abiti sui monti sacri di Cipro,
nelle baie del Gargano, in Ancona,
nei canneti di Cnido, ad Amatunta e Golgi,
a Durazzo, emporio di tutto l'Adriatico,
se questo voto ha una sua grazia spiritosa,
accettalo e ritienilo pagato.
Ma ora tocca a voi: andatevene al rogo,
con tutta la vostra rozza stupidità,
Annali di Volusio, cartacce di merda.
Publio Valerio Catullo
Sotto il salice
Sovra la cristallina
Spera d’acqua lucente
Un salice piangente
Le verdi chiome inclina
Melanconicamente.
E baciata dall’onde,
Tra quelle verdi chiome,
Una croce, siccome
Vergognosa, s’asconde,
Logora e senza nome.
La croce ignuda e brulla,
Senza un ricordo, un fiore,
La croce, o mie signore,
D’una bella fanciulla
Morta pazza d’amore.
Morta in quell’acqua cheta
Un mattino d’aprile,
Un mattin che lo stile
Di sua doglia secreta
Passolle il cor gentile.
Più di lei non favella
Anima nata: è corta
La sua storia: che importa
S’ella amò, se fu bella?
Son tant’anni ch’è morta!
Non è chi pianga e l’ami;
Solo di quando in quando
Il zeffiro passando
Fra que’ pallidi rami
Scioglie un gemito blando.
Cinta di pruni in giro,
L’acqua chiara e tranquilla,
Come una gran pupilla
Guarda il ciel di zaffiro
E sotto al ciel sfavilla.
Passa nell’alto il sole,
Passa la bianca luna:
Cadono ad una ad una
L’aride fronde sole
Sovra la croce bruna.
Arturo Graf
Primavera nel chiostro
Nell'orto del convento
i peschi sono in fiore:
un mite incantamento
tien l'orto del Signore.
Che lieto avvenimento
per le piccole suore,
che hanno un cuore d'argento
e tre spade nel cuore.
Umili, ad una ad una,
bianche come di cera,
discendono nell'orto:
e risorge ad ognuna
come una primavera
nel piccolo cuor morto.
Guelfo Civinini
Su 'l castello di Verona
Batte il sole a mezzogiorno,
Da la Chiusa al pian rintrona
Solitario un suon di corno,
Mormorando per l'aprico
Verde il grande Adige va;
Ed il re Teodorico
Vecchio e triste al bagno sta.
Pensa il dí che a Tulna ei venne
Di Crimilde nel conspetto
E il cozzar di mille antenne
Ne la sala del banchetto,
Quando il ferro d'Ildebrando
Su la donna si calò
E dal funere nefando
Egli solo ritornò.
Guarda il sole sfolgorante
E il chiaro Adige che corre,
Guarda un falco roteante
Sovra i merli de la torre;
Guarda i monti da cui scese
La sua forte gioventú,
Ed il bel verde paese
Che da lui conquiso fu.
Il gridar d'un damigello
Risonò fuor de la chiostra:
— Sire, un cervo mai sí bello
Non si vide a l'età nostra.
Egli ha i pié d'acciaro a smalto,
Ha le corna tutte d'òr.
— Fuor de l'acque diede un salto
Il vegliardo cacciator.
— I miei cani, il mio morello,
Il mio spiedo — egli chiedea;
E il lenzuol quasi un mantello
A le membra si avvolgea.
I donzelli ivano. In tanto
Il bel cervo disparí,
E d'un tratto al re da canto
Un corsier nero nitrí.
Nero come un corbo vecchio,
E ne gli occhi avea carboni.
Era pronto l'apparecchio,
Ed il re balzò in arcioni.
Ma i suoi veltri ebber timore
E si misero a guair,
E guardarono il signore
E no 'l vollero seguir.
In quel mezzo il caval nero
Spiccò via come uno strale
E lontan d'ogni sentiero
Ora scende e ora sale:
Via e via e via e via,
Valli e monti esso varcò.
Il re scendere vorría,
Ma staccar non se ne può.
Il più vecchio ed il più fido
Lo seguía de' suoi scudieri,
E mettea d'angoscia un grido
Per gl'incogniti sentieri:
— O gentil re de gli Amali,
Ti seguii ne' tuoi be' dí,
Ti seguii tra lance e strali,
Ma non corsi mai cosí.
Teodorico di Verona,
Dove vai tanto di fretta?
Tornerem, sacra corona,
A la casa che ci aspetta? —
— Mala bestia è questa mia,
Mal cavallo mi toccò:
Sol la Vergine Maria
Sa quand'io ritornerò. —
Altre cure su nel cielo
Ha la Vergine Maria:
Sotto il grande azzurro velo
Ella i martiri covría,
Ella i martiri accoglieva
De la patria e de la fé;
E terribile scendeva
Dio su 'l capo al goto re.
Via e via su balzi e grotte
Va il cavallo al fren ribelle:
Ei s'immerge ne la notte,
Ei s'aderge in vèr' le stelle.
Ecco, il dorso d'Appennino
Fra le tenebre scompar,
E nel pallido mattino
Mugghia a basso il tosco mar.
Ecco Lipari, la reggia
Di Vulcano ardua che fuma
E tra i bòmbiti lampeggia
De l'ardor che la consuma:
Quivi giunto il caval nero
Contro il ciel forte springò
Annitrendo; e il cavaliero
Nel cratere inabissò.
Ma dal calabro confine
Che mai sorge in vetta al monte?
Non è il sole, è un bianco crine;
Non è il sole, è un'ampia fronte
Sanguinosa, in un sorriso
Di martirio e di splendor:
Di Boezio è il santo viso,
Del romano senator.
Giosuè Carducci
Diana
Torna il tuo cielo d’un tempo
sulle altane lombarde,
in nuvole d’afa s’addensa
e nei tuoi occhi esula ogni azzurro,
si raccoglie e riposa.
Anche l’ora verrà della frescura
col vento che si leva sulle darsene
dei Navigli e il cielo
che per le rive s’allontana.
Torni anche tu, Diana,
tra i tavoli schierati all’aperto
e la gente intenta alle bevande
sotto la luna distante?
Ronza un’orchestra in sordina;
all’aria che qui ne sobbalza
ravviso il tuo ondulato passare,
s’addolce nella sera il fiero nome
se qualcuno lo mormora
sulla tua traccia.
Presto vien giugno
e l’arido fiore del sonno
cresciuto ai più tristi sobborghi
e il canto che avevi, amica, sulla sera
torna a dolere qui dentro,
alita sulla memoria
a rimproverarti la morte.
Vittorio Sereni
Se non avessi visto il sole
avrei sopportato l'ombra
ma la luce ha reso il mio deserto
ancora più selvaggio
Emily Dickinson