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venerdì 31 marzo 2023

Geologia dell'io, di Joumana Haddad

Geologia dell'io

Io sono il sesto giorno di dicembre del 1970.
Sono l´ora poco dopo le dodici.
Sono le urla di mia madre che mi dà vita,
le sue urla che le danno vita.
Il suo grembo che mi lascia affiorare,
il suo sudore che realizza la mia probabilità.
Sono lo schiaffo del medico che mi rianimò.
(Ogni schiaffo successivo che provò a rianimarmi, mi distrusse.)
Sono gli occhi della famiglia su di me,
gli sguardi del padre, del nonno, delle zie.
Sono tutti i loro possibili scenari,
sono i sipari aperti, i sipari celati
e le mura che dietro di essi, verranno,
e sono colei che non ha nome, e non ha mano per ciò che verrà.
Sono le aspettative, i sogni falliti,
i vuoti sospesi al mio collo come amuleti.
Sono lo stretto cappotto rosso che mi faceva piangere,
e ogni costrizione che mi fa piangere ancora.
Sono la bambola dai capelli scuri e gli occhi di plastica,
sono quella bambola respinta che rifiutai di cullare,
ignorata, ancora sanguinante alla nuca
(due gocce nei giorni feriali e tre in quelli di riposo e di vacanza).
Sono il triste buco nelle calze della mia maestra
che continua a guardarmi come il rimprovero di Abele nella mia anima,
raccontandomi la sua povertà e la mia impotenza,
lo sfinimento della mia pazienza e il terrore della sua disperazione.
Sono le tabelline che non ho imparato finora,
sono il due che si somma a uno, sempre a uno.
Sono la teoria delle linee curve che non si uniscono mai,
e sono le loro applicazioni.
Sono il mio odio della storia, dell´algebra e della fisica.
Sono il mio credere, da bambina, che la terra girasse intorno al mio cuore
e il mio cuore intorno alla luna.
Sono la bugia di Babbo Natale,
a cui credo ancora.
Sono l´astronauta che sognavo di diventare.
Sono le rughe di mia nonna che si è suicidata,
la mia fronte posata sulle sue ginocchia assenti.
Sono il ragazzo (si chiamava Jack?) che mi ha tirato i capelli ed è scappato via.
Sono colui che mi ha fatto piangere, facendomi innamorare ancora di più.
Io
sono il mio gattino,
e la bicicletta del figlio dei vicini che mi ha investito senza che protestassi.
(Ho venduto le anime del mio gattino per uno sguardo da quel bel ragazzo.) Sono il ricatto, il mio vizio inaugurale.
E sono la guerra
il cadavere dell´uomo che i combattenti trascinavano davanti a me,
e la sua gamba strappata che cercava di seguirlo.
Io
sono i libri che ho letto da bambina e che erano inadatti a me
(che ora scrivo e che continuano a essere inadatti).
Sono l´adolescenza del mio seno destro,
e la saggezza del sinistro.
Il potere dei due sotto una maglietta aderente
poi la mia consapevolezza del loro potere: l´inizio della discesa.
Sono la mia noia veloce, la mia prima sigaretta, la mia ostinazione tardiva,
e le stagioni trascorse.
Sono la nipote della bambina che fui,
la sua mancanza della mia rabbia,
le mie delusioni e le mie vittorie,
i miei labirinti e i miei desideri,
le mie bugie e le mie guerre,
le mie cicatrici e i miei giri sbagliati.
Sono la tenerezza che ho a dispetto di me stessa,
sono il mio Dio e la mia avidità,
le mie assenze colmate dai miei morti,
sono i miei morti che non dormono mai,
i miei cadaveri che non dormono mai,
sono i loro ultimi sospiri sul cuscino, a ogni alba.
E io
sono il mio risentimento, il mio contagio,
il mio pericolo,
la mia fuga dalla viltà al peggio.
Sono la mia attesa senza conoscere il tempo
e il mio non capire lo spazio.
Sono il silenzio che ho imparato.
E il silenzio che non ho imparato finora.
La solitudine che, come un insetto, percorre la mia anima.
Sono la nipote della bambina che fui:
la mia mancanza della sua innata indifferenza,
della sua perfezione altruista.
Sono il disastro dell´amore
e avvengo.
Sono il lupo della poesia che mi scorre nel sangue
e sono io che corro scalza con lui,
sono colei che cerca il suo cacciatore
non trovando il suo cacciatore.
Sono le acque spumeggianti della mia lussuria,
la successione delle lingue che irrigano la sua spuma,
e il mio rossetto che anticipa ogni sete.
Sono anche le mie unghie: quello che c´è sotto e quello in cui sprofondano.
Sono la memoria delle loro ferite,
la memoria della loro rabbia,
la memoria della loro debolezza,
la memoria della loro forza, oltre ogni prova,
e sono i pezzetti di carne strappati dalle spalle degli uomini nei momenti di estasi.
Sono i miei denti
le mie cosce delicate
i miei desideri osceni.
Sono i miei peccati, e quanto li amo,
sono i miei peccati, e quanto mi assomigliano.
Sono la mia amica che mi ha tradito…
e per questo la ringrazio.
Sono la mia spina dorsale che urla in faccia ai traditori.
Sono i miei occhi che cercano l´oscurità che mi appartiene.
Sono il mio dolore
il mio dolore, sì.
Sono il mio grido nel pieno della notte
(soppresso al momento opportuno).
Sono quello che mi dicono di non dire
di non sognare
di non pensare
di non osare
di non prendere.
Sono quello che mi dicono di non essere.
Sono quello che nascondo,
quello che non voglio nascondere, ma nascondo lo stesso
quello che voglio nascondere, e non nascondo.
Sono il “dimmi quanto mi ami’
e il “non ti credo’.
Sono la testa connessa al corpo, sconnessa dal corpo.
Sono la mia morte prematura – lo dico senza dramma –
e qualsiasi devastazione lascerò dietro di me.
Sono la follia e l´assenza che mi hanno preceduta.
E le piccole, irrilevanti cose che svelano:
i francobolli, i ritagli di lettere,
i biglietti sotto il vetro della scrivania, il mio sorriso in vecchie foto.
Sono la somma degli uomini che mi hanno amata e che non ho amato.
Sono quelli che ho amato e che non mi hanno amata,
quelli che non ho amato e non mi hanno amata,
quelli che ho immaginato di amare
e quelli che hanno immaginato di non amarmi.
Sono la somma dell´unico uomo che amo.
Sono la sposa la cui immagine piangeva nella foto del suo primo matrimonio (solo l´immagine).
Sono le mie proiezioni, le mie sconfitte, le mie vane vittorie.
Sono la mia salvezza dall´annegamento una volta (se veramente fu salvezza).
Sono la noia di una briciola sul tavolo.
Sono i sette giorni e i secoli che furono necessari a crearmi.
Sono i pesci, gli uccelli e gli alberi
il fumo delle fabbriche,
l´asfalto della strada e il fischio delle bombe,
e sono il vento, i ragni e la polpa della frutta.
Sono ogni vulcano sulla cima di ogni montagna in ogni paese in ogni continente in ogni pianeta.
Sono ogni buco scavato in ogni terra di ogni paese in ogni continente in ogni pianeta.
Sono il secondo che ho impiegato per distruggermi
e tutti i miei corpi
e le strade umide della mia città
e sono chi ero e sono chi avrei potuto essere.
Sono il vestito blu che mia madre non si comprò per pagarmi le tasse della scuola.
Sono la libreria di mio padre, i suoi occhi e il suo cuore petulante.
Sono gli sguardi che non mi sono permessa, le parole che non ho detto e le labbra che non ho baciato
e le tracce che non lascerò dietro di me:
tutte le cose stupide che non ho fatto
tutte le grandi cose che non ho fatto ancora
tutte le partenze da cui non sono tornata.
Io
sono mia figlia che non ho messo al mondo e che potrei
e
la donna che sarò.
Sono quasi quella donna
e sono quasi l´uomo
che non sono diventata completamente
che non voglio diventare
e che mi salva ogni giorno da me stessa.
Sono la donna che non sono adesso,
tutte le cose e le persone che ero ieri,
che sarò domani,
e che compongono
scompongono
e ricompongono me.

Joumana Haddad

Profondo come sempre l'Io
raccoglie le tracce, i sentieri;
siamo indicizzati dalla mente
ma mossi ancora dal cuore

giovedì 30 marzo 2023

Scorci #01, di Gujil

Scorcio #01

Nell'attimo del forse cade
un sentimento acceso e vivo;
vorrei saper volare solo
per poter quando serve scappare...
 
Gujil
 

mercoledì 29 marzo 2023

Scorci #00, di Gujil

Scorcio

In attesa del dopo
come sempre, silente, vigile;
le schiere del sogno e la tosse
le lacrime, il corpo l'età...
 
Gujil

lunedì 27 marzo 2023

Il fattorello, di Sandro Penna

Il fattorello

Fra l’alba incerta e la nebbia leggera
contro una siepe fuma il suo zampillo.
Già fuma il caminetto sulla casa
e l’aspetta. S’attarda nell’attesa
egli della padrona. Al vano incontro
il cuore brilla (e incerto lo zampillo
fra la nebbia leggera ad un lontano
timido sole). Ferma la casa aspetta.

Sandro Penna

Camille Pissarro
"Fienagione a Eragny"
Immagini confuse di allora bussano
alla porta del cuore, quella chiusa
da tanto, rimasta impietrita e sbattuta
dal sole freddo di un novembre antico...

domenica 26 marzo 2023

Sciocchezze #49 (Cose che siamo), di Gujil

Cose che siamo

Le cose che siamo passano
con il tempo si logorano, cambiano;
le infinitesimali tessiture sfilacciano
le trame ordite durante la vita,
ci accasciamo come cavalli stremati
al bordo del nostro esistere;
si riruarga, è vero, si ricorda,
tutto qui...
 
Gujil
 

sabato 25 marzo 2023

Credevo non mi amasse, di Vivian Lamarque

Credevo non mi amasse
perché è vietato
forse invece non mi ama
perché non è innamorato.

Vivian Lamarque

Di fronte le cose mai credute
stilano classifiche indecenti;
assuefatto al bordo dell'orlo
debordo con difficoltà adesso...

venerdì 24 marzo 2023

In piedi, sulla soglia.., di Elisa Biagini

In piedi, sulla soglia,

il mio occhio nella tua
mano, la tua lingua
sul mio orecchio:
così ci conosciamo,
toccandoci, perché
la pupilla è sgranata
per lo sforzo, le papille
come scartavetrate.

Se l’asse cede, se la
voce affonda,
c’è qui,
nell’aria, la
parola-ramo
che ci tiene.

Elisa Biagini

Negli infiniti sogni incaglio
resti di disamorevoli gesti;
nel consumarsi impera il passo
veloce, di che sempre ha fretta...

giovedì 23 marzo 2023

Siate sereni e docili alla morte.., di Sebastiano Aglieco

Siate sereni e docili alla morte, tutto
questo è per gli umiliati che non sanno
di un confine: essere nell’assenza dei bambini
come una consolazione. Non dicono
stringono le mani —malleoli, occhi
nella mia bocca annusano la tua morte
come i cani che si svegliano la notte.
Sanno del loro semplice potere
i Nominati, la prima volta che
veniamo, la prima volta che
ce ne andiamo. E mi stringono
nell’impazienza della resa
ti riconoscono al tatto, sputano il
latte della giornata. Siamo con te
dicono, non andartene oltre
lasciaci il pane, il rimprovero
le parole che ti dobbiamo.

Sebastiano Aglieco

Alla morte, si sà, pensano i vivi
nei loro discorsi sul dopo, sul dove
passeremo notti pensando, soffrendo,
in un rescendo di dubbi e tormenti...

mercoledì 22 marzo 2023

Grammatica, di Mariella De Santis

Grammatica

Se io ti scrivo: oggi resto a casa
e tu mi rispondi: noi andiamo a fare spese
arriva sbiadito quel noi in cui non ci sono io.
Sarà che non si studia a scuola la grammatica dei cuori clandestini,
ma imparare da questa pratica è ars amandi acrobatica.

Mariella De Santis

Vite sospese scacciano irritate
un suono di voci amate, ora
nel silenzio del dopo è sgradita
la vita, quella insieme, di altri...

martedì 21 marzo 2023

Le tue braccia, di Mria Luisa Spaziani

Le tue braccia

Lo spirito ha bisogno del finito
per incarnare slanci d’infinito.
Parlo con l’angelo, e le tue braccia d’uomo
soltanto lo traducono ai miei sensi.
Dove comincia l’ala? Dove nascono
musiche di tamburi di tempesta?
Amarti è sprofondare, è una foresta
sfumante in cieli altissimi.

Maria Luisa Spaziani

Cieli infiniti si spostano veloci
nel senso di cose che sono rimatse;
incarico me stesso di ardue sentenze,
come una primula solitaria e breve...

lunedì 20 marzo 2023

Il vento ha portato nuvole più grigie.., di Nicola Bultrini

Il vento ha portato nuvole più grigie
la finestra aperta sulla darsena.
E dove sembra una precoce primavera
il mondo è un corpo duro
la ruggine unico punto di colore.
L’ostinazione di voler capire
le stagioni logora.
Ma non è il nome dato alle cose
che le identifica.
Vedi le montagne
hanno sempre un profilo femminile.
Una donna che riposa
piegata sul fianco
le gambe raccolte.

Nicola Bultrini

Tra mare e montagne si guarda
la vita, passare come un soffio
di vento, gentile, fresco di primavera;
rimango prigioniero nel tempo, come...

domenica 19 marzo 2023

A mio padre, di Camillo Sbarbaro


So che lo sai, so che lo vedi,
andremo ancora insieme a cercare
cianfrusaglie dell'uomo, sogni,
spargerai il mio cuore di colori...
 

sabato 18 marzo 2023

Arriva a ondate il passato.., di Mariella De Santis

 

Arriva a ondate il passato
Grandi muri alle spalle
Cadono d’improvviso
Sulla scrivania, nella tazza del the.
Troppa vita? Le chiedo
Alla mia età è solo tanta
Risponde Silvana torpida nel corpo pesante
Lasciando qualche capello tra le dita
Della mia mano già distante dalla sua testa.

Mariella De Santis

Il flusso del ricordare scema
quando declina il senso di buio;
prede indifese del tempo corriamo
impalpabili rischi sentimentali...

venerdì 17 marzo 2023

A sipario abbassato, di Maria Luisa Spaziani

A sipario abbassato

Quando ti amavo sognavo i tuoi sogni.
Ti guardavo le palpebre dormire,
le ciglia in lieve tremito.
Talvolta
è a sipario abbassato che si snoda
con inauditi attori e luminarie
– la meraviglia.

Maria Luisa Spaziani

Finisce sempre qualcosa e poi
il sogno si riduce a flebile
insensato reminder confuso;
pregherò per me infine...

giovedì 16 marzo 2023

Io e New York, di Arturo Giovannitti

 Io e New York

Città senza storia e senza leggende,
Città senza ponteggi e senza monumenti,
Priva di archeologia, di reliquiari e di porte, aperta
a tutti i viandanti,
A tutti i messaggeri di sogni, a tutti i portatori di pesi,
A tutti coloro in cerca di pane e di potere e di
comprensione vietata;
Città degli Uomini Comuni
Quelli che lavorano e mangiano e si riproducono
senz’altra ambizione,
O Forza Incorruttibile, o Realtà priva di lungimiranza,
Cosa c’è fra te e me?
(…) Io canterò i tuoi sanguinolenti bassifondi
Le tue macchine, artigli di ferro della tua ingordigia,
E le tue carceri, viscide spire della tua mente,
La luce dei tuoi occhi che abbacina il sole
E converte le tue mezzenotti in mezzogiorni,
Le strade dove compri e rivendi
Ogni giorno l’intero mondo e l’umanità,
Le tue fondamenta che affondano fin nell’inferno
E le tue torri che lacerano i tifoni
E la tua voce ubriaca di cruente libagioni,
E i tuoi porti che ingoiano le nazioni,
E la gloria dei tuoi morti senza nome,
E l’amaro del tuo pane,
E la spada che ti consacra la mano,
E l’alba che ghirlanderà la tua testa
 

Arturo Giovannitti

No, non getterei il cuore a
Central Park, nel verde obbligato
dai grigi contorni di intrecci
di strade, di vite, di fretta...

mercoledì 15 marzo 2023

Esattamente così, nel sottile.., di Nicola Bultrini

Esattamente così, nel sottile
lasso di tempo tra il desiderio
e la passione, noi eravamo.
Dopo l’ultimo sospiro, lo sguardo
un poco indietro trova nella stanza
un cono d’ombra. Gli elementi hanno un loro
equilibrio su cui poggiano le nostre vite.
La pioggia fuori
il tratto incerto, il vizio della forma
che rende il sistema incompiuto ma sublime
nella contemplazione.
Ama per me questa certezza
dei sentimenti. Poi se chiudo gli occhi
e mi nascondo al tuo dolore
abbi la forza
di amare il mio silenzio.
 

Nicola Bultrini

Il silenzio circonda la mia anima,
meglio dei suoini stridenti del cuore;
ho raccolto le forze per viaggi
che hanno increduli approdi...

martedì 14 marzo 2023

Sciocchezze #48 (Gocce), di Gujil

Gocce

Finalmente piove sul mondo,
poco ma l'acqua disseta e lenisce
l'arsura dei tanti, dei troppi;
guardo le gocce vive sul vetro...
 

lunedì 13 marzo 2023

L'universo non ha centro, di Chandra Ilva Candiani

L'universo non ha centro

L’universo non ha un centro,
ma per abbracciarsi si fa cosí:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l’altro.

Chandra Ilva Candiani

Conosco anche tiepidi abbracci,
di quelli che faresti volentieri a meno;
sono quelli preludio agli addii,
lasciano scampoli di rovinosa paura...

domenica 12 marzo 2023

Non è un gran periodo.., di Mario Santagostini

Non è un gran periodo.
Dormo male, e a scatti. Solo verso l’alba
mi calmo, ascolto piccioni,
topi, radio, caldaie, sfiatatoi. Un giorno
su due piove, smette,
ripiove, il sette di un altro mese
comincerà a nevicare.
Profonda l’inutilità della neve.
Geminatissima, l’inutilità della neve.
Non voglio andare via.
Voglio andare via.
Qualcuno che non sono io
ha solo pensieri d’amore.

Mario Santagostini  

Il mio sonno troppo leggero
rimanda a pensieri straniti;
mi manca l'acqua che sgorga,
la mia vena si va inaridendo...

sabato 11 marzo 2023

Domenica al mare, di Francesco d’Alessandro

Domenica al mare

Da dietro il tomboleto
rotondo apparsi due
gabbiani a volo teso radono
l’acqua appaiati, poi
s’alzano lenti a perdersi
tra nuvoli candidi, lesi.
Io cosa a quest’immagine
così trasparente ora leghi
non so dirti, né altro che s’affidi
alle minuzie di questa mattina
domenicale e perfetta che si compie.

Francesco d’Alessandro

Volo radente su umori marini
il mio sogno restringe i confini;
adatto a tutte le intemperie sfogo
la gioia mattutina in un gesto...

venerdì 10 marzo 2023

Desolato abbandono, di Chiara Moimas

Desolato abbandono
di vergine foresta
selvaggia ed impetuosa
sfila tra le mie cosce
prende l’essenza di me
che fuggo
dal laccio della ragione
-orgia fantastica
orgasmo irreale
annienta la freddezza
di un pensiero-.

Fiumi tumultuosi
cascate sferzanti
scorrono sul mio seno
e spaccano il dolore
-lapilli infinitesimali
rimangono
non riconducibili
alla coscienza-.

Può godere il mio corpo
se l’iride si cela
alla luce che ferisce
e vomita immagini
depredate.
Vergine ritorna
ma già questo sogno
ne squarcia il candore.

Chiara Moimas

Affonderemo ancora, io credo, 
nel mare dell'inquietudine di attimi
rubati al sole in penombre e scuri
così cari all'amore, tenui i colori...

giovedì 9 marzo 2023

Nel mio golfo di donna, di Beatrice Niccolai

Nel mio golfo di donna

Entri dalla mia vita
giorni come fossero linfa di betulla
e lì ti distrai
nel mio golfo di donna
come fossi un giorno di festa.
Cantano nell’aia
le lunghe giornate di primavera
da sempre e per sempre
la fine dei campi
sulla viottola dell’eterno ritorno.
Abito il tuo abbraccio
nel ricordo di futura memoria
con poco più di niente, indosso.
C’è un sole che raccoglie ogni sera
carezze e promesse
fino all’inizio di me,
rosseggiando un antico pudore
disperdendo al vento la femmina e
riesumando dalla polvere
la donna.

Beatrice Niccolai

Nel mare dei gesti incostanti rimane
un unico approdo ritenuto sicuro;
i fortunali nascondono rive serene,
l'alba e la sera sono tinte di pace...