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sabato 27 aprile 2024
Protocollo cittadino #120 (Run), di Gujil
venerdì 26 aprile 2024
Al poeta d'amore Cecilio.., di Publio Valerio Catullo (35)
35
Al poeta d'amore Cecilio, mio compagno,
papiro, questo devi dire:
venga a Verona
e lasci le mura nuove di Como, le rive del Lario:
voglio che ascolti certe fantasie
di un amico suo e mio.
Se ragiona, divorerà la strada
anche se mille volte, quando parte,
la sua dolce innamorata lo richiama
e con le braccia intorno al collo lo scongiura di restare,
vero, come dicono,
che muore per lui d'amore disperato.
Da quando poi ha letto i primi versi
per la signora di Díndimo,
un fuoco consuma quella poveretta in fondo al cuore.
Capisco: tu conosci troppo bene, ragazza,
la poesia di Saffo e questa di Cecilio a Cibele
ha un inizio splendido.
Publio Valerio Catullo
giovedì 25 aprile 2024
La sepoltura dei morti, di Thomas Stearns Eliot
Nel 1975 gli Stormy Six includono il brano
La sepoltura dei morti,
ispirato all'omonimo passaggio di Thomas Stearns Eliot
nel loro disco Un biglietto del tram.
mercoledì 24 aprile 2024
Uccelli tetri, di Arturo Graf
Uccelli tetri
Empie la cupola de’ cieli un greve
Vapor cinereo;
Copre gl’intermini campi un funereo
Lenzuol di neve.
Per l’aria gelida, sui bianchi e morbidi
Deserti immensi,
Trasvolan nugoli profondi e densi
D’uccelli torbidi.
Vulturi ed aquile, nibbii e sparvieri
Sinistri e torvi;
Innumerabili turbe di corvi
Lugubri e neri.
I vicendevoli odii si scordano
Volando forte,
E di fameliche strida di morte
Lo spazio assordano.
Con ali volano sicure e pronte,
Qual da presaga
Forza travolti verso una plaga
Dell’orizzonte.
— O lupi aerei, epe affamate,
Gole stridenti,
Per l’aria gelida, sfidando i venti,
Ove ne andate? —
— Noi lupi aerei, ventri affamati,
Stridenti gole,
Verso la plaga voliam del sole,
Dove su lati
Campi altri lupi che la natura
Perfezionarono,
Che han nome d’uomini, ci prepararono
Larga pastura.
Arturo Graf
martedì 23 aprile 2024
La goccia, di Anonimo
La goccia
Che piccola cosa, una vita!
La mia, come tutte, è una goccia.
Voglio si perda in un mare d'amore,
perché è l'unica via, altrimenti
è una goccia sprecata:
troppo piccola
per essere felice da sola,
e troppo grande
per accontentarsi del nulla".
Anonimo
lunedì 22 aprile 2024
Dammi la tua mano…, di Leo Delibes
Dammi la tua mano…
Vedi?
Adesso tutto pesa la metà…
Leo Delibes
domenica 21 aprile 2024
Protocollo cittadino #119 (Sempre). di Gujil
sabato 20 aprile 2024
Azalee nella pioggia, di Vittorio Sereni
Azalee nella pioggia
Maturità scoppiante dei colori,
fu vostra la grazia dell’aria
nel lume di primavera. Ora si turba
lo splendido fervore.
Ma se il lago riaccenna al sereno
tra i canti d’una gita
sul mondo scampato ai temporali
le più bianche s’illudono d’eterno.
Vittorio Sereni
venerdì 19 aprile 2024
Davanti a San Guido, di Giosuè Carducci
Davanti a San Guido
I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.Mi riconobbero, e – Ben torni omai –
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino –
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d’una volta: oh, non facean già male!Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí?
Le passere la sera intreccian voli
A noi d’intorno ancora. Oh resta qui! –– Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d’un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei –
Guardando io rispondeva – oh di che cuore!Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire:
Or non è piú quel tempo e quell’età.
Se voi sapeste!… via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú:
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú.E massime a le piante. – Un mormorio
Pe’ dubitanti vertici ondeggiò,
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe’ parole:
– Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.A le querce ed a noi qui puoi contare
L’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!E come questo occaso è pien di voli,
Com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;I rei fantasmi che da’ fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l’ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l’ardente pian,Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co ’l lor bianco velo;E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. –Ed io – Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
La Titti – rispondea – ; lasciatem’ ire.
È la Titti come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio cipressi! addio, dolce mio piano! –– Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? –
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de’ cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia;La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l’ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch’è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,Canora discendea, co ’l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Pieno di forza e di soavità.O nonna, o nonna! deh com’era bella
Quand’ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest’uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!– Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. –Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,Sotto questi cipressi, ove non spero
Ove non penso di posarmi piú:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr’io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.
Giosuè Carducci
giovedì 18 aprile 2024
Eternità.., di Giueppe Ungaretti
Eternità
Tra un fiore colto e l’altro donato
l’inesprimibile nulla.
Giuseppe Ungaretti
mercoledì 17 aprile 2024
Protocollo cittadino #118 (Sul ciglio), di Gujil
martedì 16 aprile 2024
Sull'argine, di Giovanni Pascoli
Dall'argine
Posa il meriggio su la prateria.
Non ala orma ombra nell’azzurro e verde,
un fumo al sole biancica: via via
fila e si perde.
Ho nell’orecchio un turbinio di squilli,
forse campani di lontana mandra:
e, tra l’azzurro penduli, gli strilli
della calandra.
Giovanni Pascoli
lunedì 15 aprile 2024
Affidàti al nome di Diana.., di Publio Valerio Catullo (34)
34
Affidàti al nome di Diana
fanciulle e giovani innocenti,
il nome di Diana cantiamo,
fanciulle e giovani innocenti.
O figlia di Latona, sangue
grande del grandissimo Giove,
sotto quell'ulivo di Delo
certo ti partorí tua madre
perché signora di montagne,
di boschi verdi diventassi
e delle macchie misteriose,
dei fiumi percorsi di suoni.
Ti chiamano Giuno Lucina
le donne nel loro travaglio,
ti chiamano Luna di luce
riflessa, Trivia onnipotente.
Tu che l'anno in cicli mensili
dividi lungo il suo cammino,
col buon raccolto della terra
riempi le case ai contadini.
Qualunque nome tu assuma,
noi t'invocheremo, ma tu
col tuo aiuto, come un tempo,
proteggi il popolo di Roma.
Publio Valerio Catullo
domenica 14 aprile 2024
Rimani, di Gabriele D'Annunzio
Rimani
Rimani!
Riposati accanto a me.
Non te ne andare.
Io ti veglierò.
Io ti proteggerò.
Ti pentirai di tutto fuorché d’essere venuta a me,
liberamente, fieramente.
Ti amo.
Non ho nessun pensiero che non sia tuo;
non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
Lo sai.
Non vedo nella mia vita altra compagna,
non vedo altra gioia.
Rimani. Riposati.
Non temere di nulla.
Dormi stanotte sul mio cuore…
Gabriele D'Annunzio
sabato 13 aprile 2024
Bellezza, di Corrado Govoni
Bellezza
Il campo di frumento è così bello
solo perchè ci sono dentro
i fiori di papavero e di veccia ;
ed il tuo volto pallido,
perchè è tirato un poco indietro
dal peso della lunga treccia.
Corrado Govoni
venerdì 12 aprile 2024
Il Male, di Amalia Guglielminetti
Il male
S'appiatta, a guisa d'aspide che dorme,
dentro il più tortuoso penetrale
del cuore, questo immedicabil male,
lo soffoca talor, incubo enorme.
V'imprime gravi e oscure le sue orme,
sigle roventi del dolor vitale,
che il calmo orgoglio del voler non vale
a cancellar con le sue fredde norme.
Se lo lambisce con insidiosa
lingua, v'incita l'anelare muto
che invan dissimulato arde e non posa.
Ma, se lo morde, il cuor ch'è solo grida
ad invocar perdutamente aiuto,
perchè il mal violento non lo uccida.
Amalia Guglielminetti
giovedì 11 aprile 2024
Adamantina luna, di Arturo Graf
Adamantina luna
Adamantina luna, a che dall’erto
Colmo de’ cieli ove solinga giri,
Questo d’acque dormenti sconfinato deserto
A che sì attenta e curiosa miri?
Come un liquido vetro a tondo a tondo
Lo sconfinato pelago si spiana,
Immobil come il cielo, e, come il ciel, profondo,
E spaventoso in sua quïete arcana.
Pari a nitida lampa onde s’inalba
Nel silenzio la sacra ombra de’ templi,
Tu negli spazii, o luna, ardi tranquilla e scialba,
E la deserta immensità contempli.
E i vagabondi nugoli non curi,
Che lievi, a guisa di volanti prore,
Corron dinanzi al vento, silenzïosi e scuri,
E via dileguan pel sereno albore.
Speri tu riveder, lieto portento,
Frammezzo a cori di Nereidi bionde,
Galatea viva e nuda, nella conca d’argento,
Su pel lucido errar specchio dell’onde?
O spii tu forse con geloso affetto,
Luna, gli amori di vezzosa ondina,
Che con ignoto amante, sovra purpureo letto,
Giace, fra’ gorghi di cristal, supina?
Arturo Graf
mercoledì 10 aprile 2024
La bocca bianca è socchiusa,.. di Anna Achmatova
La bocca bianca è socchiusa,
ineguale il respiro affannato,
e sul mio petto tremano i fiori
dell’incontro che non c’è stato.
Anna Achmatova
martedì 9 aprile 2024
Protocollo cittadino #117 (Stanchezza), di Gujil
lunedì 8 aprile 2024
Protocollo cittadino #116 (Mattutino), di Gujil
domenica 7 aprile 2024
Ho bisogno di silenzio.., di Alda Merini
Ho bisogno di silenzio
come te che leggi col pensiero
non ad alta voce
il suono della mia stessa voce
adesso sarebbe rumore
non parole ma solo rumore fastidioso
che mi distrae dal pensare.
Ho bisogno di silenzio
esco e per strada le solite persone
che conoscono la mia parlantina
disorietate dal mio rapido buongiorno
chissà, forse pensano che ho fretta.
Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri
allegri, tristi, dolci, amari,
ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.
Gli amici veri, pochi, uno?
sanno ascoltare anche il silenzio,
sanno aspettare, capire.
Chi di parole da me ne ha avute tante
e non ne vuole più,
ha bisogno, come me, di silenzio.
Alda Merini
sabato 6 aprile 2024
Ritorno, di Vittorio Sereni
Ritorno
Se di nuovo si libra per le vie
la giostra dei colori,
per accoglierti il tempo
trova un giusto sereno
e l’oro dell’aria
e la fermezza del verde.
Ogni strada t’insegue
e ancora vinci
– primavera e sorpresa –
il tardo immaginare che mi svia.
Ai gesti, alla voce perduta
vedrò volgersi gente,
al pieno e calmo andare
che l’identico cuore mi urta
e getta a una marcia
di tamburi sinistri.
Vittorio Sereni
venerdì 5 aprile 2024
Ti prego, mia dolce Ipsililla,.. (32) di Publio Valerio Catullo
32
Ti prego, mia dolce Ipsililla,
amore mio, cocchina mia,
invitami da te nel pomeriggio.
Ma se decidi cosí, per favore,
non farmi trovare la porta già sprangata
e cerca di non uscire, se puoi,
restatene in casa e preparami
nove scopate senza mai fermarci.
Se ne hai voglia, però, fallo subito:
sto qui disteso sazio dopo pranzo
e pancia all'aria sfondo tunica e mantello.
Publio Valeri Catullo
giovedì 4 aprile 2024
Un rimorso, di Guido Gozzano
Un rimorso
O il tetro Palazzo Madama...
la sera... la folla che imbruna...
Rivedo la povera cosa,
la povera cosa che m’ama:
la tanto simile ad una
Ricordo. Sul labbro contratto
la voce a pena s’udì:
«O Guido! Che cosa t’ho fatto
di male per farmi così?»
II.
Sperando che fosse deserto
varcammo l’androne, ma sotto
le arcate sostavano coppie
d’amanti... Fuggimmo all’aperto:
le cadde il bel manicotto
O noto profumo disfatto
di mammole e di petit-gris...
«Ma Guido, che cosa t’ho fatto
di male per farmi così?»
III.
Il tempo che vince non vinca
la voce con che mi rimordi,
o bionda povera cosa!
Nell’occhio azzurro pervinca,
nel piccolo corpo ricordi
Alzò la veletta. S’udì
(o misera tanto nell’atto!)
ancora: «Che male t’ho fatto,
o Guido, per farmi così?»
IV.
Varcammo di tra le rotaie
la Piazza Castello, nel viso
sferzati dal gelo più vivo.
Passavano giovani gaie...
Avevo un cattivo sorriso:
non sono cattivo, se qui
mi piange nel cuore disfatto
la voce: «Che male t’ho fatto,
o Guido per farmi così?»
mercoledì 3 aprile 2024
L'uccellino delle buone nuove, di Corrado Govoni
L'uccellino delle buone nuove
O cattivo uccellino delle belle nuove,
che prendi per un fiore la mia testa
e le giri continuamente intorno
col tuo dolce ronzio di buon augurio e di festa,
va via! non ti credo più.
Ho sperato, ogni volta,
che giungesse qualche felicità :
fu sempre un nuovo più crudo dolore,
un disinganno amaro di più.
Tu non ne hai colpa, povero uccellino.
Ha colpa delle rose il giardino,
la notte delle lucciole e delle stelle?
Forse era veramente in viaggio
con tante cose belle,
ma sempre per la via si smarrì.
Corrado Govoni
martedì 2 aprile 2024
Catene, di Amalia Guglielminetti
Catene
Signore, tu venisti con catene
pesanti, come un despota. Sapevi
ch'io invocavo per me quelle sì grevi
che lunga impronta il polso ne mantiene.
– Signore, – io allor ti dissi, – un qualche bene
per questa dura servitù mi devi.
E un riso schernitore tu ridevi,
come chi vuol negar, ma si trattiene.
Già m'avvinceva e mi turbava l'ombra
dinanzi a cui la fuga è salutare,
tanto di dubbi e di viltà c'ingombra.
Ma io le spalle per fuggir non volsi,
il despota affrontai, vidi cerchiare
di sue catene i miei febbrili polsi.
Amalia Guglielminetti