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domenica 31 marzo 2019

Haiku n°13, di Jorge Luis Borges

13
 
Sotto la luna
l’ombra che si allunga
è una sola.
 
Jorge Luis Borges
 
 
luna, ombre, buio,
sospesi i pensieri, sempre;
nel tedio ritrovo tepore
rivedo la gialla gru...

sabato 30 marzo 2019

Bene, diciamo..., di Virgilio Piñera

Bene, diciamo...
 
Bene, diciamo che abbiamo vissuto,
non certo - sebbene sarebbe elegante -
come i greci della polis radiosa
ma simili a statue crisoelefantine
e con un inizio di steatopigia.
Abbiamo vissuto in un'isola
forse non come volevamo,
ma come potevamo.
Così abbiamo abbattuto alcuni templi
e ne abbiamo innalzati altri
che ancora rimangono
o che sono stati a loro volta abbattuti.
Abbiamo scritto instancabilmente,
sognato quanto basta
per penetrare nella realtà.
Abbiamo alzato dighe
contro l'idolatria e il crepuscolare.
Abbiamo adorato il sole
e, cosa ancora più splendida,
abbiamo lottato per risplendere.
Ora, in silenzio per un po',
ascoltiamo città ridotte in polvere,
ardere in scintille illustri manoscritti,
e il lento quotidiano sgocciolio dell'odio.
Ma è solo una pausa del nostro futuro.
Presto saremo pronti a conservare.
Non sopra le rovine, ma sopra il ricordo,
perché guarda: non hanno peso
e noi ora cominciamo.
1972
 
Virgilio Piñera
da “Una broma colosal”, 1988
 
 
dire bene, forse benedire,
è una ricerca incessante del giusto,
di quello che riteniamo adatto e vero;
a volte ci perdiamo nel nulla...

venerdì 29 marzo 2019

Un canto, di Francis Ledwidge

Un cantoSulle sue ali incontro a te è volato via il mio amore,
in luoghi solitari dove posano i tuoi passi
e passato come antica pena il rapido acquazzone
dilagano le stelle. Come lo vorrei volando
giungere alla tua verde solitudine di selve
e sentirti cantare ai suoni delle foglie e degli uccelli,
ma provo una tristezza fonda più del fondo
dove scende la parola, ché giammai noi due ci riavvicineremo.

Solo avessi terre ricche, greggi in coro
e fienili di riposte messi bionde,
una casa grande con malvoni rampicanti
e giovani domestiche che cantano nei campi,
mi ameresti, ma non ho raminghi armenti,
le mie sole ricchezze sono i canti dell’amore per te,
e ora che sei perduta tengo dietro a questa vita

di tristezza fonda più del fondo dove scende la parola.
 
Francis Ledwige
da "Canto di merlo"
traduzione di Alessandro Gentili
 

 
 
canto di uccelli, primavera che arriva,
ho l'ansia nel petto e il respiro fatica;
le incertezze, i dubbi e le attesa, non sono
che un attimo indistinto nella scia del tempo...

giovedì 28 marzo 2019

Custodia, di Octavio Paz

Custodia
 
Octavio Paz
da "Versante est"
tenere qualcosa, segreto, unico,
gelosamente custodire un cimelio,
oppure un ricordo solo nostro;
in fondo, nel profondo, dentro...

mercoledì 27 marzo 2019

Come può essere giusto che io dia... di Elizabeth Barrett Brownung

Come può essere giusto che io dia
Quello che posso dare?
Lasciare che tu sieda
Sotto una pioggia di lacrime salate
Dove si ascoltano gli anni sospirosi
Risospirare sulle mie labbra una rinuncia
Tra infrequenti sorrisi cui la vita
Vien meno, nonostante
Le tue suppliche? O miei timori
Che ciò sia affatto ingiusto!
Non siamo pari noi, da essere amanti
Lo so e per questo mi affliggo
Che chi offre doni come i miei
Sia annoverato tra gli avari.
Suvvia, non macchierò
La tua porpora di polvere
Né appannerò col fiato
Avvelenato il tuo cristallo
Veneziano, né ti darò amore
Che sia ingiusto. Solo, amore mio…
Io ti amo tanto!
Ma lascia correre.
 
Elizabeth Barrett Browning
da "Eccesso e oblio dei sensi"
traduzione di Edoardo Albinati
 
 
quello che si riesce, che si può,
è sempre una questione di misure;
valutare è facile, il difficile è fare,
prigionieri siamo di un lungo sogno...

martedì 26 marzo 2019

Haiku n°0, di Anonimo

 
 Haiku n°0
 
Didascalie del passato
ombreggiano i versi mai scritti;
sarò poeta o ciarlatano?
 
Anonimo
del XX° Secolo
Haiku

lunedì 25 marzo 2019

Così dissi Sono Ezra, Archibald Randolph Ammons

Così dissi Sono Ezra

E così dissi Sono Ezra
e il vento mi sferzò la gola
inseguendo i suoni della mia voce
       Ascoltai il vento
passarmi sulla testa e nella notte
Rivolgendomi al mare dissi
          Sono Ezra
ma non venivano echi dalle onde
Le parole erano ingoiate
       dalla voce della spuma
oppure balzando sui frangenti
si perdevano nell’oceano
       Nei campi sbiancati e rotti
mi avviai e staccandomi dal vento
       che strappava pagine di sabbia
       dalla spiaggia e le gettava
      me brume marine sulle dune
oscillai come se il vento mi portasse via
e dissi
          Sono Ezra
Come una parola troppo ripetuta
cade fuori dall’essere
così io Ezra uscii nella notte
come un refolo di sabbia
e caddi nell’avena ventata
che si aggrappa alle dune
di mari dimenticati 

Archibald Randolph Ammons
da "L'angelo storpio"
traduzione di Paola Loreto
 
 
quell'ombra sul pensiero, nero,
fuliggine su un poetare diverso;
delusione di miti americani ha invaso
una mente di versi racchiusi....

domenica 24 marzo 2019

L'uva, di Aleksandr Puskin

L'uva
                 

Non starò a rimpiangere le rose
Appassite a una lieve primavera;
Mi è cara anche l'uva sui tralci
A filari maturata su un pendìo.
Bellezza della mia fertile valle,
Gioia d'autunno dorato,
Affusolato e diafano,
Come le dita di una tenera fanciulla.


Aleksandr Puskin
Traduzione di Giovanni Giudici e Giovanna Spendel
 
 
buona, succosa, piena di sapore,
sulla bocca, sulle labbra assetate;
"in vino veritas", la vita,
e si beve d'un fiato il calice amaro...

sabato 23 marzo 2019

L'assiuolo, di Giovanni Pascoli

L'assiuolo
 
Dov’era la luna? ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.

Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù...
 
 
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù...
 
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?...);
e c’era quel pianto di morte...
chiù...
 
Giovanni Pascoli
da "Myricae", 1891
 
 
la natura ci crea e ci distrugge,
questo mondo ormai è pesante
pieno di insulti e dolori e morte;
l'uomo... il virus della terra...

venerdì 22 marzo 2019

Novità, di Juan Gelman

Novità

Sogno il mio sogno preferito
e la notte non finisce mai.
Gli alberi rivelano il loro alfabeto
e stelle che
parlano dell'infinito
di ogni soffio del vivere.
Costruisco madri passate
con la mano affondata nella notte.
Che bello era il suo angolo
dove echi vaghi la nominavano!
Così, di spalle a me,
fuggiva ad un paese baciato
dalla sua gelida gioventù.
Madre che
cucinavi distanze
nelle pentole del giorno.
Mi parli ancora
dalle crepe del tempo.

 
Juan Gelman
da "La notte lentamente"
 traduzione di Laura Branchini
 
 
anche mia mamma è con me, nel cuore,
ricordo quando, bambino, aspettava
ritorni da scuola, dai giochi, negli occhi
amore infinito e gioia al mio arrivare...

giovedì 21 marzo 2019

Nel mio mestiere o arte scontrosa, di Miguel d'Ors

Nel mio mestiere o arte scontrosa

Tante notti angosciose
ricercando, rompendo, palpando, soppesando
parole su parole – e le strade brillavano
di bar, ragazze e moto –
per dire la mia verità, la mia chiave, il volto
che porto nel segreto del mio sangue,

e tutto per niente: per arrivare a sapere
ciò che ho sempre saputo: che i versi più miei
li hanno scritti sempre altri poeti.
 
Miguel d'Ors
da "Piccolo testamento"
traduzione di Stefano Bernardinelli
 
il mio mestiere va per finire, età?
stanchezza?, troppi cambiamenti?
non so, sta per finire e mi sento così,
molto diverso, mi preparo all'arrivo...

mercoledì 20 marzo 2019

Riflesso, di Gujil


cuore di cincia ha deciso?
farà il nido nella casetta;
ripagati anni di attesa...
 
Gujil

martedì 19 marzo 2019

Haiku n°12, di Jorge Luis Borges

12
 
Sotto la gronda
lo specchio non riflette
più che la luna.
 
Jorge Luis Borges
Haiku
 
 
un'altra perla di ovvietà,
eppure sono così incisive...
nell'ovvio troviamo spesso
risposte che stiamo cercando...

lunedì 18 marzo 2019

Sera, di Alessandro Parronchi

 
Sera
 
Così presto il giuoco s’interrompe.
Sorridevamo, era leggiadra, e dopo
son rimasto con questa, che trabocca,
malinconia più cara delle stesse
ore di gioia o meno, non so dire.
Nel tramonto che non vuol più morire
lascia che sia la brezza a riportarmi
l’immagine di te forse più vera,
lasciami solo ai miei pensieri, l’Arno
è un fiume triste stasera.


Alessandro Parronchi
da "L’incertezza amorosa", 1952
 
 
quelle fresche e sere di montagna,
le calde e assolate marine;
le sere con loro, nell'aria
un profumo di fiori, di sale...

domenica 17 marzo 2019

I boschi, di Louise Erdrich

I boschi


Un tempo il tuo tocco bastava a vestirmi.
Tra questi alberi ora sono diversa.
Ora indosso gli alberi.

Abbasso un copricapo di ramoscelli piegati e l'assicuro.
Mi lego addosso una corazza di scorza graffiata.
Adatto alle mie mani le larghe foglie
dell'acero, come manopole di sangue.

Ora quando dico vieni,
e tu entri nei boschi,
in caccia di qualche creatura come la donna che ero,
io ti circondo.

La luce sanguina dalla radura. Le radici salgono.
Forme scannellate ardono azzurre nella luce che muore,
e anche tu conosci
la solitudine che mi hai insegnato col tuo corpo.

Quando ti corichi nella fossa di un albero abbattuto,
io ti copro, come ho sempre fatto;
questa volta non te ne vai.
                
 
Louise Erdrich
Traduzione di Graziano Krätli
 
 
i miei boschi, sempre là stanno,
aspettano pazienti il mio ritorno;
non sarà semplice ritrovare il nesso,
quella felicità scorta e sempre riposta...
 

sabato 16 marzo 2019

Qualcosa, per una volta, di Robert Frost

Qualcosa, per una volta
 
Gli altri ridono che sempre sul pozzo
Mi inginocchiassi contro luce, mai
Vedendo più a fondo di dove l’acqua
Mi rimandava in un limpido quadro me
Me stesso nel cielo estivo, divino,
Sporto in un serto di felci e di cirri.
Una volta, puntando il mento sul bordo,
Distinsi – mi parve – al di là dell’immagine,
Sotto l’immagine, un biancore, incerto,
Una più fonda profondità – e lo persi.
L’acqua rinnegò la sua trasparenza.
Gocciò la felce ed ecco un’onda
Scosse la cosa posata sul fondo,
La confuse, la cancellò. Quel bianco che cos’era?
La verità? Un quarzo? Qualcosa, per una volta.

Robert Frost
da "La musica della solitudine"
traduzione di Nicola Gardini
 
una volta, olim, tempo fa,
sempre a pensare, a credre;
le discussioni infinite, qualcosa,
una volta, qualcosa, una volta... 

venerdì 15 marzo 2019

Nella mia tasca, di Jan Spiewak

Nella mia tasca
 

Nella mia tasca – un cerbiatto e una stella.
Nella mia tasca – colibrì, una gazzella.

Nei miei capelli – fulmini e nevi.
Nei miei capelli – il cielo sorridente.

Nelle mie mani – una carrozza, bisonti.
Nelle mie mani – pifferi e un violino.
La stella e il cerbiatto, i bisonti, i colibrì,
le nevi, le tormente, la carrozza, i meli.

Ecco le mie meraviglie, ecco i miei tesori,
che il vento spazzerà via.

 

Jan Spiewak

da "La fantasia come espressione del caos"
traduzione di Paolo Statuti
 

 



sono spesso rotte le mie tasche
pantaloni vissuti, giacche passate;
eppure ritrovo spesso piccole cose,
cimeli di quando il tempo era ieri...

giovedì 14 marzo 2019

Cambi di nome, di Nicanor Parra

Cambi di nome
 
Agli amanti delle belle lettere
Faccio giungere i miei migliori auguri
Cambierò nome ad alcune cose.
La mia posizione è questa:
Il poeta non adempie alla sua parola
Se non cambia i nomi delle cose.
Perché il sole
Deve continuare a chiamarsi sole?
Chiedo che si chiami Gatto
Quello con gli stivali delle quaranta leghe!
Le mie scarpe sembrano bare?
Sappiano che d’ora in poi
Le scarpe si chiamano bare.
Si comunichi, si annoti e si pubblichi
Che le scarpe hanno cambiato nome:
Da adesso si chiamano bare.
Bene, la notte è lunga.
Ogni poeta che stimi se stesso
Deve avere il suo dizionario.
E prima che mi dimentichi
Bisogna cambiare nome al proprio dio:
Che ognuno lo chiami come vuole:
È un problema personale.
 
Nicanor Parra
da "Versos de salón", 1962
cambiare nome alle persone, alle cose,
inventarsi neologismi e parole;
a volte lo feci, con qualcuno, studiavo,
non so se offesi o divertii, non so....

mercoledì 13 marzo 2019

La tomba di Odisseo, di Peter Huchel

La tomba di Odisseo

Nessuno troverà
la tomba di Odisseo,
né un colpo di vanga l'elmo incrostato
nella foschia di ossa pietrificate.

Non cercare l'antro
dove giù sotto terra
un soffio di fuliggine, un'ombra fuggitiva,
sfregiata dalla pece della fiaccola,
scese verso i compagni morti
sollevando inerme le mani
macchiate del sangue di pecore sgozzate.

Tutto è mio, disse la polvere,
la tomba dl sole dietro il deserto,
le scogliere piene del fragore del mare,
il meriggio infinito, che ancora mette in allerta
il figlio dei pirati di Itaca,
il timone intaccato dal sale,
le mappe e i cataloghi nautici
del vecchio Omero.
 
Peter Huchel
da "Ulivo e salice"
traduzione di Paola Quadrelli
 
 
i miti greci, l'ossessione del greco antico,
compagni di scuola invecchiati, belli;
ancora mi imploro allo studio,
ancora ricerco poeti scomparsi...

martedì 12 marzo 2019

Antenati, di Miguel d'Ors

Antenati

Furono forse fabbri, mercanti, pastori,
sarti… si dileguarono giù per la memoria
e io di loro non so nulla, come il germoglio più alto
della quercia non sa nulla delle sue vecchie radici.

Ma attraverso di essi venne alla mia vita
questo sangue – fiume lungo e silenzioso
che ebbe la sua origine ai piedi di Dio
e che si ferma a ristagnare nel mio petto –
e a volte, nell’aula,
sorprendo le mie mani in un gesto da vasaio
o guardo l’orizzonte con occhi da marinaio
o cammino con passo da tagliaboschi.
          Allora
mi riconosco uno di loro.
 
Miguel d'Ors
da "Piccolo testamento"
traduzione di Stefano Bernardinelli
 
 
arrivo ai nonni e li ricordo appena,
loro... lontani, relegati e soli;
nel ricordo, nei quadri, nelle foto,
un funerale... gli altri... ormai morti...

lunedì 11 marzo 2019

Per sentieri non battuti, di Walt Withman

Per sentieri non battuti

 

Per sentieri non battuti,
In mezzo a quel che cresce sul bordo degli stagni,
Voltando le spalle alla vita che si mette in mostra,
A tutte le norme fin qui pubblicamente stabilite, ai piaceri,
     profitti, conformismi
Che troppo a lungo avevo offerto in pasto alla mia anima,
Chiare a me adesso le norme finora inedite, chiaro a me
     che la mia anima,
Che l’anima dell’uomo per cui parlo gioisce quand’è con
     i compagni,
Qui, tutto solo, lontano dallo strepito del mondo,
Innestandomi qui su lingue aromatiche che mi parlano,
Non più messo in imbarazzo (perché in quest’angolo appartato
     posso rispondere come altrove non saprei osare),
Reso forte dalla vita che non si mette in mostra eppure
     tutto il resto abbraccia,
Risoluto a non cantare oggi altri canti che quelli
     dell’attaccamento virile,
Proiettandoli verso quella vita autentica e piena,
Lasciando dunque in testamento tipi d’amore atletico,
Nel pomeriggio di questo delizioso Nono Mese, nel mio
     quarantunesimo anno,
Procedo per tutti gli uomini che sono o sono stati giovani
A raccontare il segreto delle mie notti e dei miei giorni,
A celebrare il bisogno di compagni.

 

Walt Whitman
Traduzione di Mario Corona
 
 
anche i sentieri dismessi, quelli perduti:
dimenticare un percorso è semplice,
basta cambiare direttrice, via;
poi si arranca, si corre, ci si lamenta...
 

domenica 10 marzo 2019

Si amavano..., di Vicente Aleixandre


Si amavano.
Pativano la luce, labbra azzurre nell’alba,
labbra ch’escono dalla notte dura,
labbra squarciate, sangue, sangue dove?
Si amavano in un letto battello, mezzo tra notte e luce.

Si amavano come i fiori le spine profonde,
o il giallo che sboccia in amorosa gemma,
quando girano i volti melanconicamente,
giralune che brillano nel ricevere il bacio.

Si amavano di notte, quando i cani profondi
palpitano sotterra e le valli si stirano
come arcaici dorsi a sentirsi sfiorare:
carezza, seta, mano, luna che giunge e che tocca.

Si amavano d’amore là nel fare del giorno
e tra le dure pietre oscure della notte,
dure come son corpi gelati dalle ore,
dure come son baci di dente contro dente.

Si amavano di giorno, spiaggia che va crescendo,
onde che su dai piedi carezzano le cosce,
corpi che si sollevano dalla terra e fluttuando...
Si amavano di giorno, sul mare, sotto il cielo.

Mezzogiorno perfetto, si amavano sí intimi,
mare altissimo e giovane, estesa intimità,
vivente solitudine, orizzonti remoti
avvinti come corpi che solitarî cantano.

Che amano. Si amavano come la luna chiara,
come il mare che colmo aderisce a quel volto,
dolce eclisse di acqua, guancia dove fa notte
e dove rossi pesci vanno e vengono taciti.

Giorno, notte, occidenti, fare del giorno, spazî,
onde recenti, antiche, fuggitive, perpetue,
mare o terra, battello, letto, piuma, cristallo,
labbro, metallo, musica, silenzio, vegetale,
mondo, quiete, la loro forma. Perché si amavano.
 
Vicente Aleixandre
Traduzione di Francesco Tentori Montalto
 
 
ho conosciuto chi si amava, qualcuno,
oggi estranei, cattivi tra loro;
qualche donna è rimasta sola, sempre,
qualche uomo ha ritentato la sorte...

sabato 9 marzo 2019

Terra, di Leanne O'Sullivan

Terra

Al culmine del giorno, l’ala fragile
di una nuvola. Pare che qui niente possa
sopravvivere – la sporcizia in terra
leggermente corrugata al caldo denso.
Sento la musica liscia di un grillo
levarsi dal terreno, e immagino
la testa ritirarsi in soggezione della quiete.
Poi il suono si apre in un altro luogo,
una cascata di gemme nell’aria
e sul terreno, allontanandosi
o avvicinandosi, i miei movimenti a muovere
l’impulso al silenzio o all’ispirazione.
L’aria è secca e calda.

Principiando da sottoterra,
un salice rompe il terreno e silenziosamente
cresce incontro al suo cielo – rami e foglie
a cadermi intorno come un velo da comunione
sopra vecchie lame di spine.
L’erba ha l’odore dei ricordi – minuta
la verzura si chiude e si dischiude,
oscura, lenta, bouquet e foglia.
Il salice lo sa, e me lo ha detto:
Cresci sempre, resta su per quanto sei alta,
e guarda attorno, proteggendo quanto è sacro.
 
Leanne O’Sullivan
da "Sogno di nascita"
traduzione di Alessandro Gentili
 
 
terra, quella dei miei antenati, rossa,
dura e fertile, grano maturo e fieno;
ricordo un carro col cavallo, io sopra,
ora è tutto passato, diverso, nuovo...

venerdì 8 marzo 2019

Haiku n°11, di Jorge Luis Borges

11
 
Questa è la mano
che talvolta toccava
la tua chioma.
 
Jorge Luis Borges
haiku
 
 
toccare i capelli, bella sensazione,
lo scorrere della morbidezza,
le mani che scivolano  piano;
ricordi, persone, amori...

giovedì 7 marzo 2019

Lorelei, di Josep Palau i Fabre

Lorelei
 
La musica dell'acqua
come una bianca donna.
Perché la mia barca
naviga questi luoghi?
Non esiste alba in me
né aria a sufficienza
per farmi più leggera
questa canzone estranea.
23 gennaio 1943
 
Josep Palau i Fabre
da Poesie dell'alchimista, 1952
 
 
frammenti di passato, oggi,
nella mente, negli occhi,
travi di memoria incombono
il rumore si scompone...

mercoledì 6 marzo 2019

Miseria della poesia, di José Emilio Pacheco

Miseria della poesia

Mi chiedo che posso farmene di te
adesso che sono passati tanti anni,
sono caduti gli imperi,
la piena ha travolto i giardini,
si sono cancellate le foto
e nei luoghi sacri dell’amore
sorgono negozi e uffici
(con nomi in inglese naturalmente).

Mi chiedo che posso farmene di te
e faccio una pseudopoesia
che tu mai leggerai
– o se la leggi,
invece di una fitta di nostalgia,
provocherà il tuo sorrisetto critico.


José Emilio Pacheco
Traduzione di Emilio Coco
 
 
poesie, versi, frasi ad effetto,
ora i fogli non ci sono più, spariti;
si scrive coi tasti, col personal sul tablet,
non so cosa sia meglio o peggio...

martedì 5 marzo 2019

In fin dei conti, di José Emilio Pacheco

In fin dei conti
 
Dov'è finito ciò che accadde
e che fine ha fatto tanta gente?
Via via che passa il tempo
ci facciamo più sconosciuti.
Degli amori non è rimasto
nemmeno un segno tra gli alberi.
E gli amici se ne vanno sempre.
Sono viaggiatori sui binari.
Anche se uno esiste per gli altri
(senza di loro è inesistente),
conta soltanto la solitudine
per dirle tutto e fare i conti.
 
José Emilio Pacheco
da “Fin d'allora” (1975-1978)
 
 
alla fine tiriamo le somme,
non importa il risultato ottenuto
importa il bilancio, l'esito di una vita;
ora, da persona matura capisco...

lunedì 4 marzo 2019

Ma tu quando verrai?, di Henri Michaux

Ma Tu quando verrai?
Un giorno stendendo la mano
Sul quartiere dove abito,
Al tempo maturo che non spero più davvero;
Nell’attimo d’un tuono
Strappandomi con terrore e imperio
Dal mio corpo e dal corpo pien di croste
Dei miei pensieri-immagini, ridicolo universo;
Affondando in me la tua sonda spaventosa,
Il trapano temibile della Tua presenza,
Elevando d’un colpo sul mio fango
La Tua dritta cattedrale insormontabile;
Proiettandomi non uomo,
Obice, obice nella verticale,
Verrai,
Verrai, se esisti,
Adescato dal mio imbroglio,
La mia odiosa autonomia;
Uscendo dall’Etere, da dove non importa, da sotto il mio io sconvolto, forse;
Gettando il mio fiammifero nella Tua dismisura,
E addio, Michaux.
Se no che cosa?
Nulla? Mai?
Dimmi, tu che sei la Grande Posta, dove vuoi dunque finire?

 
Henri Michaux
Traduzione di Mario Luzi 
 
 
e tu? sei veramente venuta tu?
o forse mi inganni con parole di miele?;
Il percorso insieme è iniziato da tempo
insieme, ancora, malgrado le intemperie...