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lunedì 27 settembre 2021

Tristezza d'una sera d'Ottobre, di Guelfo Civinini

Tristezza d'una sera d'Ottobre

Son rientrato or ora. Per la via
di casa s'accendevano i fanali
tremuli fuochi di malinconia.

Ha piovuto per tutta la giornata.
Son già le prime acque autunnali.
Poi l'aria a vespro s'è rasserenata.

Ma in questa trasparenza d'ametiste
il cielo è come un'anima ch'è stanca
di piangere, ed ancora è tanto triste.

Nessun passava, per la via remota:
incombeva una gran nuvola bianca
sovra le case, tragica ed immota,

un pianger di campane era nell'aria,
dai platani cadean le prime foglie;
tremava qualche stella solitaria;

ed un accoramento indefinito
era in quell'ora satura di doglie
che mi tenea come un fanciul smarrito:

un fiorir vago di memorie spente,
di rimpianto per ogni ben perduto
cui passai forse accanto indifferente:

volti di donne intravedute appena,
anime apparse in gesto di saluto
per qualche solitudine serena,

fantasmi erranti che più non ravviso
chiusi nei veli della lontananza,
ombre di pianto, luci di sorriso

rievocanti all'anima in tremore
un fulgor biondo, un'aria di romanza,
un mattin d'oro, una veranda in fiore.

Dogliosa nostalgia, la più dogliosa:
quella di ciò che trascurammo, e ov'era
forse la nostra dolce sorte ascosa.

Forse... Triste parola, triste quale
fra le rame dei platani stasera
questo languor di cielo autunnale:

triste e pur buona, che pur s'addolora
ne illude ancor di qualche tenerezza
di cui viviamo, in cui crediamo ancora,

di cui può ancora l'anima sognare,
l'anima ch'ebbe a tedio ogni certezza
e il sogno solo può ancor consolare.

Ma questa sera, oh, nulla la consola:
così triste è la casa all'imbrunire
quando si è soli, e pur l'anima è sola.

Le cose amate, le cose più care
son come morte e più nulla san dire
in questa scialba angoscia che traspare

di tra i ricami delle tende bianche
nell'agonia dell'ultimo chiarore
fra voci di campane umili e stanche.

Tristezze d'un crepuscolo! Nell'ombra
una pendola batte: un vecchio cuore
triste, che una mortal stanchezza ingombra.

«Addio» mormora l'anima dolente.
Perché, non sa. Vede svolare a frotte
fra rade stelle fantasime lente

nubi di sogni, vanienti forme
perdute incontro all'imminente notte
verso il mistero immobile ed enorme,

e un bisogno d'addii, forse di pianto,
la stringe. Qualcheduno è per partire?
Non sa. Forse è partito già, da tanto,

da tanto tempo. «Addio» mormora ancora
e piange stanca, e sentesi morire.

Di che, non sa. Malinconia l'accora.

 Guelfo Civinini
 da "I sentieri e le nuvole"

i primi segnali d'autunno nell'aria pesa
di pioggia intrisa la testa, gli occhi, la voce;
perdura un rimpianto nel timido, pavido cuore
di chi insegue miraggi di nitido sole...

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