Cerca nel blog

martedì 26 novembre 2024

La nave che, tradotta, è il paquebot, di Ernest Hemingway

La nave che, tradotta, è il paquebot

La mattina i passeggeri si sforzarono
D’inghiottire le solide cibarie
Venne il duca
Ch’è di Argyle
Mandò giù la carne in scatola
L’insalata mandò giù
Arrivò al maiale arrosto
Se ne mise un pezzo in bocca
Nella gola gli scendeva gli scendeva,
Ma poi venne su di nuovo
Gli sembrava di soffocare
E fuori dalla sala si gettò
Mosso da motivi filantropici
Voleva dare da mangiare ai pesci,
Qui tiriamo il sipario, lettori,
Qui tiriamo il funesto sipario.
Non diremo del suo vomito
Dei suoi sforzi e dei suoi sputi
No, non diremo, cortese lettore.
NON DIREMO DEL GRAN PAVESE
Che schizza la mistura verdolina
Come il viscido succo gastrico maculato di sciroppo.
O di Fritz l’illustre Spiegel
Che rigetta arance intere.
O del tonante capitano Pease,
Quello che vomita non descriveremo
Perché non nuoccia alla disciplina.
Allora addio, cortese lettore,
Dobbiamo andare a cercarci anche noi
Un cesso o una catinella.

Ernest Hemingway
A bordo del Chicago, 1918
Fitzgerald/Hemingway Annual 1972ndicano

Indicibili versi ammiccano
significati distorti e il seme
di una più grande ragione;
rimane sconcerto e dubbio...

Nessun commento:

Posta un commento