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domenica 30 giugno 2019

103, di Osip Mandel'stam

103.

A Pietroburgo c’incontreremo di nuovo
quasi vi avessimo sepolto il sole dentro,
e la beata parola insensata
proferiremo per la prima volta.

Nella nera felpa della notte sovietica,
nella felpa del vuoto universale,
cantano tuttora gli occhi diletti delle beate consorti,
fioriscono tuttora i fiori immortali.

Da gatta selvatica s’inarca la capitale,
sul ponte sta di guardia una pattuglia,
solo un motore funesto sfreccerà nella tenebra
levando il suo canto da cuculo.

Non mi occorre il lasciapassare notturno,
io non le temo le sentinelle:
per la beata parola insensata
leverò la mia preghiera nella notte sovietica.

Odo un lieve fruscio teatrale
e un virgineo “ah”,
e un mazzo smisurato di rose immortali
regge la Ciprigna tra le mani.

Al falò ci scaldiamo dalla noia,
trascorreranno i secoli forse
e le mani dilette delle consorti beate
raccoglieranno le ceneri lievi.

Da qualche parte le vermiglie aiuole del parterre,
esuberanti e spiumacciati gli stipi dei palchi,
la bambola a molla dell’ufficiale
non è per le anime nere e i farisei volgari...

E allora spegnile le nostre fiammelle
nella nera felpa del vuoto universale.
Cantano tuttora le spalle vigorose delle consorti beate
ma al sole nero non farai più caso.


1920
 
Osip Mandel'stam
Traduzione di Gario Zappi



poesia russa, realismo, quotidianità,
incontro pragmatico di anime;
ricordo le letture serali, solitudine,
solitaria maniera di sentirsi grandi...
 

sabato 29 giugno 2019

Macelleria, di Charles Simic

Macelleria
 
Qualche volta cammino tardi la notte e
mi fermo davanti a una macelleria chiusa.
C'è una luce sola nel negozio
come la luce in cui il forzato scava il suo tunnel.
 
Un grembiule pende dall'uncino:
il sangue lo macchia con la mappa
dei grandi continenti di sangue,
i grandi fiumi e oceani del sangue.
 
Ci sono coltelli che luccicano come altari
in una chiesa buia
dove portano lo storpio e l'imbecille
ad essere curati.
 
C'è un ceppo di legno dove vengono rotte ossa
ben raschiato - un fiume disseccato
 
fino al suo greto dove vengo nutrito,
dove profonda nella notte sento una voce.
 
Charles Simic
 
 
 
odore di carne tagliata, sgradevole,
eppure cibo gradito ed umano;
momenti conviviali vivono ultimi
istanti, attimi di un atroce sentenza...

venerdì 28 giugno 2019

Haiku, di Masaoka Shiki

Di me scrivete
che ho amato i versi
e i kaki
 
Masaoka Shiki
 
 
di me scrivete
che ho amato la musica
e le nespole;
troppo facile così...

giovedì 27 giugno 2019

Maschere, di Valery Larbaud

La maschera

Sempre scrivo con una maschera sul viso;
Sì, una maschera alla moda antica di Venezia,
Lunga, con la fronte compressa,
Affine a un grande muso di raso bianco.
Seduto al mio tavolo, sollevando la testa
Mi contemplo allo specchio, di faccia,
Di tre quarti e osservo
Il profilo infantile e animalesco che amo.
Oh, che un lettore, un mio fratello, a cui parlo
Attraverso questa maschera pallida e brillante,
Venga a deporre un bacio grave e lento
Sulla fronte compressa e sulla guancia tanto pallida,
Ad appoggiare più forte sul mio viso
Quest’altro viso scavato e profumato.


Valery Larbaud
da " L’ amante della letteratura"traduzione di Gio Batta Bucciol


               

tutti ne abbiamo una, riposta,
la usiamo per tante situazioni;

la mia è riposta, celata,
un po' me ne vergogno...

mercoledì 26 giugno 2019

finire i giorni catturando i venti,... di Donald Kajokas

 
Surdo asello fabellam narrare
Orazio

finire i giorni catturando i venti, in samaria scovare
la propria scheggia
vegliare alle termopili, corteggiare tanto, sposare
la più stupida
uscire dallo stige asciutto, dare la caccia alla tartaruga
vicino a nida*, diventare cieco
nella provincia tsi, in pieno inverno cercare l'utilità
dello spaventapasseri,
ubriacarsi con li bai, e allora dopo, caro orazio, tutta
la notte

in un grande orecchio con folti peli d'oro
all'asinello – sordo – una favola – raccontare

* Nida è una località turistica in Lituania, sulla penisola dei Curi che si affaccia sul Mar Baltico.


Donaldas Kajokas

traduzione di Po Alessi

 
luoghi riposti nella memoria,
ora vicini, ora lontani;
è un susseguirsi di immagini,
come diapositive ingiallite
 

martedì 25 giugno 2019

Fuochi artificiali, di Anonimo

 
Fuochi artificiali
 
Perduti fuochi dell'anima
si stingono nel cielo notturno;
artifici. artefatti, umani...
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate

lunedì 24 giugno 2019

Fissità, di Vittorio Sereni

Fissità
 
Da me a quell'ombra in bilico tra fiume e mare
solo una striscia di esistenza
in controluce dalla foce.
Quell'uomo.
Rammenda reti, ritinteggia uno scafo.
Cose che io non so fare. Nominarle appena.
Da me a lui nient'altro: una fissità.
Ogni eccedenza andata altrove. O spenta.
 
Vittorio Sereni 
da "da Stella variabile", 1981
 
 
immobili, attoniti, fissi,
un punto da osservare,  guardare,
come legionari buzzatiani immobili;
così siamo noi... tanti...
 

domenica 23 giugno 2019

Riflesso ancora

 
 
no, no, ancora no, poi i mai;
la vita è piena di rifiuti, dati, presi,
siamo balia dei sentimenti sempre,
siamo foglie ormai spente sui rami...

Gujil

sabato 22 giugno 2019

Riflesso estivo 2019

 
qualcosa dal passato è tornato,
si va chiudendo il cerchio;
canzone quasi dimenticata, persa,
ora qui, nelle mie mani, ora...
 
Gujil

giovedì 20 giugno 2019

Strada di campagna, di Egon Schiele


Strada di campagna
 
Gli alti alberi
filavano lungo la strada.
Tiepidi uccelli vi pigolavano.
A grandi passi con rossi occhi cattivi
percorrevo le strade bagnate.
 
Egon Schiele
 
 
come quella che ricordo ancora,
usciva dal paese, un fosso a lato;
il muro di un confine e una rondine,
a terra, uccisa da stupida mano...

mercoledì 19 giugno 2019

Due continenti, di Aulikki Oksanen

Due continenti

 

Come due continenti separati dal mare
l'un l'altro all'orizzonte restiamo ad ammirare.
Forse eravamo nostri nella gioventù del mondo,
perché desideriamo l'altro sempre fino in fondo.

Scorgo i tuoi lontani tratti e presento
il bagliore del granito che all'alba trapela,
il nostro stesso fuoco che ardere io sento,
il luccichio del sole che lo zaffiro rivela.

Non posso abbracciarti, e nemmeno parlare,
con dita elettriche il tuo viso riempire di tocchi,
ma quando vedi la bruma formarsi sopra il mare,
ricorda che origina da questi miei occhi.

 
Aulikki Oksanen
traduzione di Antonio Parente
 
 
il gioco eterno di una coppia
lui altero e stanco e lei vento e follia;
dovremmo esserci usi ormai al gioco
di parti che noi ben conosciamo... 

martedì 18 giugno 2019

Riflesso tardo primaverile, di Gujil

 
vorrei che il mio cuore battesse
tranquillo, in pace col tutto;
un desiderio inespresso vale sempre
nel contesto della vita, del continuare
in un abbraccio completo col mondo...
 
Gujil

lunedì 17 giugno 2019

l'istante prima del sorgere del sole, di Donaldas Kajokas

l'istante prima del sorgere del sole

l'istante prima del sorgere del sole, probabilmente
     appartiene a Dio
fanno un sussulto giunchi e pesci attraverso la foschia
     trasuda un pigro
sonno un muggito del bue nel prato vaporoso dietro la

     palude
dicono preghiere i draghi con strette le manine rosee


Donaldas Kajokas
Da "All'asinello sordo"
traduzione di Jurga Po Alessi e Davide Ferrari
 
 
crepuscolo, giusto prima del sole,
una luce strana, che non diresti mai;
c'è chi di crepuscolo vive e chi ci vive,
io, sono un uomo di luce riflessa...

domenica 16 giugno 2019

Il mio cuore si gonfia per te, Terra... di Camillo Sbarbaro

Il mio cuore si gonfia per te, Terra,
come la zolla a primavera.
Io torno.
I miei occhi con nuovi. Tutto quello
che vedo è come non veduto mai;
e le cose più vili e consuete,
tutto m'intenerisce e mi dà gioia.

In te mi lavo come dentro un'acqua
dove si scordi tutto di se stesso.
La mia miseria lascio dietro a me
come la biscia la sua vecchia pelle.
Io non sono più io, io sono un altro.
Io sono liberato di me stesso.

Terra, tu sei per me piena di grazia.
Finché vicino a te mi sentirò
così bambino, fin che la mia pena
in te si scioglierà come la nuvola
nel sole,
io non maledirò d'esser nato.

Io mi sono seduto qui per terra
con le due mani aperte sopra l'erba,
guardandomi amorosamente intorno.
E mentre così guardo, mi si bagna
di calde dolci lacrime la faccia.
 
Camillo Sbarbaro
 
 
la terra, la mostra casa, muore
uccisa da noi, i suoi parassiti;
uomini che non sanno, non vedono
la rovina avanza e noi ancora si canta...

sabato 15 giugno 2019

Resurrezione, di Marie Luise Kaschnitz

Resurrezione

Talvolta ci alziamo
ci alziamo per la resurrezione
nel bel mezzo del giorno
coi nostri capelli vivi
con la nostra pelle che respira.

Intorno a noi c'è solo il consueto.
Niente miraggi con palme
con leoni pascolanti
e mansueti lupi.

Le sveglie non cessano di ticchettare
le loro lancette luminose non si spengono.
          Il consueto però è leggero
però è invulnerabile
ordinato in un ordine segreto
anticipato in una casa di luce.

Marie Luise Kaschnitz

Traduzione di Nino Muzzi

 
Piero della Francesca
"Resurrezione"
Museo Civico di Sansepolcro

sempre più improbabile, difficile,
la ricerca, scovare, riportare;
una resurrezione dell'anima, mortale,
il corpo ancora risponde a domande... 

venerdì 14 giugno 2019

Quasi un'elegia, di Iosif Brodskij

Quasi un'elegia


Un tempo anch'io aspettavo che cessasse
la pioggia fredda, sotto il colonnato della Borsa.
E immaginavo che fosse un dono di Dio.
Non mi sbagliavo, forse.
          Un giorno anch'io
sono stato felice. Prigioniero
degli angeli vivevo. Andavo a caccia di vampiri.
Una donna bellissima di corsa
scendeva la scalinata. Io l'attendevo al varco,
come Giacobbe, nel portone.

Chissà dove
tutto questo è svanito, se n'è andato. Tuttavia
guardo dalla finestra e scrivo "dove"
senza mettere l'interrogativo.
È settembre. Di fronte a me c'è un parco.
Lontano un tuono mi occlude gli orecchi.
Nel fitto del fogliame le pere mature
pendono come testicoli. Oggi
l'udito nella mente sonnacchiosa
lascia passare solo l'acquazzone,
come il pitocco che accoglie in cucina
i parenti lontani:
non più rumore, non ancora musica.

Iosif Brodskij
Traduzione di Giovanni Buttafava

quasi un'elegia la mia vita,
alti, bassi, normalità quotidiana;
eppure mi piace pensarla eroica,
superati dolori e tristezze..., la vita...

giovedì 13 giugno 2019

beveva, e rideva, e beveva, la giornalista Gisela..., di Edoardo Sanguineti

beveva, e rideva, e beveva, la giornalista Gisela
 
beveva, e rideva, e beveva,
la giornalista Gisela:
si è divertita enormemente,
alla dotta boutade del mio primogenito malizioso:
un "ist mir vergällt,"
 
(seguirono chiarimenti intorno all'etimologia
della poesia, figlia della memoria:
perché scrive soltanto chi non sa ricordare,
per non dimenticare).
 
si è entusiasmata di fronte alle mie lunghe dita,
alla salute di mia moglie,
alla bellezza sensibile del mio terzogenito
che ha fatto la sua minima epifania
nel pieno di una storia di couvades:
 
(e il secondogenito è rimasto in secondo piano,
un po' in ombra, in un atteggiamento
terremotato, e dolente).
 
ma nel rapido addio,
quando io, un Liebling der Schnaken,
mi sono travestito come un Liebling der Götter,
è scoppiato il suo complimento di commiato
ma con delicatissime censure:
 
(per un ipotetico Liebling der Frauen,
in sospensione prematrimoniale);
(e il momento più felice della mia vita,
ho risposto, sono stati tre momenti:
e ho detto quali).
 
Edoardo Sanguineti
da “Reisebilder”, 1972
 
 
bere, ridere, scordarsi,
in un insieme di costanze ridotte;
siamo incivili nel mondo
solitari esseri che migrano...

mercoledì 12 giugno 2019

Neve, di Charles Wright

Neve

Se noi, come siamo, siamo polvere, e la polvere, com'è certo,
risorge,
allora risorgeremo, e ci raduneremo
nel vento, nella nuvola, e saremo il loro effluvio,

una cascata di cose nella cascata del mondo, e scivoleremo
fra i rami puntuti e le giunture schiantate dei sempreverdi,
formiche bianche, formiche bianche e le piccole nervature.


Charles Wright
da "Breve storia dell’ombra"
traduzione di Antonella Francini
 
  
fuori stagione, lo so, capisco,
mi piace però pensare alla neve,
una calda coperta per la terra
sotto cui riposare, ripensare la vita

martedì 11 giugno 2019

Ora il vivere, di Alberico Sala

Ora il vivere
 
L'ultima madre chiama dalla duna
già cupa il figlio che rincorre
il sughero sfuggito alla rete:
ombrelloni spaventapasseri disperdono
i pensieri. Ora il vivere
è questo sereno essere accanto
con il sangue fresco e leggiero
nelle vene di sale. Gli errori
macchiano meno dell'acqua
il tuo costume. Se guardiamo
oltre la spiaggia di nailon, il cielo
è il mare. Non aspettiamo nessuno.

Milano Marittima, '60
 
Alberico Sala
 
 
altro pensare sul vivere di oggi,
non importano gli anni, i pesi;
forse siamo solo uccelli marini
smarriti su strapiombi montani...
 

lunedì 10 giugno 2019

guarda le mia dita,... di Edward Estlin Cummings

guarda
le mie dita, che

toccarono te
e il tuo caldo e il frale
tuo poco
– vedi? non sembrano le mie
dita. Le mani i polsi miei
che strinsero cautamente il fioco silenzio
di te (del corpo del
sorriso degli occhi delle mani dei piedi tuoi)
sono diversi
da quello che erano. Le mie braccia
in cui tutto di te si ripiegò
quietamente, come una
foglia o qualche fiore
appena fatto dalla Primavera
Stessa, non sono le mie
braccia. Non riconosco
come me stesso questo che trovo davanti
a me in uno specchio. Non
credo
di avere mai visto queste cose;
qualcuno che tu ami
e che è più magro
più alto di
me è entrato e divenuto le
labbra che uso per parlare,
una nuova persona vive e
gesticola con il mio
o sei forse tu che
con la mia voce
stai
giocando. 

Edward Estlin Cummings
da "Il periodo dentro l'istante"
traduzione di Nicola
Gardini
 
 
in un istante si trova l'eternità,
sarebbe bello se fosse così;
saremmo esseri eterni in continuum
come spazio temporalità latenti...

domenica 9 giugno 2019

Haiku n°151, di Mario benedetti

151
 
Con la tristezza
si può andare lontano
se uno va da solo.
 
Mario Benedetti
 
 
da soli, quante volte, spesso,
in un mare di persone uno;
stare soli non è come sentirsi tali
è una tristezza che può durare una vita...
 

sabato 8 giugno 2019

E' vana la parola e non ci assiste..., di Tommaso Landolfi

È vana la parola e non ci assiste
Quando, a colmare il cuor nostro, vorremmo
La liquida vertigine dei tasti,
Le matasse degli archi,
Le cacce degli ottoni.
Oh misera parola, grave
Di definite significazioni,
Negata a libertà, d’inferno schiava.

La parola significa. E ben questa
È la sua morte –
Scindere dalle corde del destino
La nostra vera dignità celeste
E ritrovare il tuono che declina
La nostra umanità terrestre,
Scaricare la soma che ci ingombra
E il terrore dell’ombra,
Nulla significare, nulla dire:
Tale forse il supremo atto d’amore.
 
Tommaso Landolfi
 
 
quanta verità, eppure il suono,
quello che affascina e armonizza;
ci mancherebbe la parola, il dire,
chi ha solo gesti è un po' più solo...

venerdì 7 giugno 2019

Haiku, di Matsuo Bashō

Oltre le tende
una quieta profondità -
fiori di prugno del Nord
 
Matsuo Bashō
 

sapere cosa dire, sempre,
basterebbe pensare un po';
parlare non è come scrivere,
la voce si perde nel tempo...

giovedì 6 giugno 2019

Strade, di Ruth Bigdood

Strade

Inutile chiedersi che lago protetto da aironi
si trovava nell’altra vallata,
o rimpiangere i canti del bosco
che non avevo attraversato.
Inutile chiedersi dove potevano portare altre strade,
dato che portavano altrove;
poiché è solo qui e ora
la mia vera destinazione.
È dolce il fiume nella tenera sera
e tutti i passi della mia vita mi hanno portata a casa.


Ruth Bidgood
traduzione di Giorgia Sensi
 
 
maestre, piccoli sentieri appena visibili,
le mie strade si incrociano ad altre;
mi piace pensare alle soste, ai riposi,
poi il cammino continua, fino alla fine...

mercoledì 5 giugno 2019

Quel che vogliono i legami..., di Nanni Cagnone

Quel che vogliono i legami
– immedesimare –
è l'importanza del tempo,
il suo favore – o c'è
altra luce intorno?
Venerato nascosto,
prezioso sigillo,
e gettato sulla via
chi deve andare,
con una cosa nuova
per la bocca, prima
che a raggiungerla
s'impari, prima che
il nodo senza nomi
sia disfatto, e acquisito
il suo tormento:
una sola corona, nella
fedele disposizione
delle cose non presenti
né assenti – delle cose
che dietro respirano
ondeggiano avanti.
 
Nanni Cagnone.
da "L'insonnia della superficie"
 
 
un legame si può tendere,
fino a spezzarsi, qualcuno si scioglie;
a volte è un crescendo incalzante
a volte un diminuendo inarrestabile...

martedì 4 giugno 2019

Riflesso tardo primaverile

 
la stanchezza si mostra
in un peregrinare di idee,
scarno come non mai il silenzio...
 
Gujil

lunedì 3 giugno 2019

Maria, di Miltos Sachtouris

Maria
 
Pensosa Maria
si tolse le calze
 
Dal suo corpo giunsero
voci di altri
di un soldato che parlava come un uccello
di un malato che sarebbe morto del male delle pecore
e i pianti della nipotina di Maria
che nacque proprio in questi giorni
 
Maria pianse e pianse
e poi Maria rise
tese le sue braccia alla notte
rimase con le sue gambe in disparte
 
Poi i suoi occhi si oscurarono
neri neri confusi si oscurarono
 
La radio suonava
Maria pianse
Maria pianse
La radio suonava
 
Allora Maria
aprì lentamente le braccia
e cominciò a volare
attorno alla stanza
 
Miltos Sachtouris
 
Edgard Degas
"Donna che danza"
 
 
nella vita di ognuno un lui, una lei,
incrociamo i passi con gli altri,
per non stare soli, per avere compagni;
qualcuno fallisce, miseramente intristisce....