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mercoledì 30 novembre 2016

Il letto, le pietre, d Ives Bonnefoy

Il letto, le pietre

Lei nomina il letto, che è più vasto
Del paese che s'estende davanti a loro,
Questo disordine di pozzanghere e di giunchi,
E di luci, in cui s'agitano ali.

E lui nomina la pietra,
Le sue masse crepate, le sue grandi gole d'ombra.
Poi l'uno e l'altra nominano la notte che viene,
Uno per dirla oscura, l'altra chiara.

Che si diano due nomi a ciò che si ama!
Scrivere in due il mondo avrebbe un qualche senso
,
Dice ad Adamo sognatore Eva angustiata.

Avanzano, hanno nominato, tanto le parole lo vogliono,
Una casa, l'arenaria, un'upupa, una forra,
Un letto in lontananza, già coperto di pietre. 


Yves Bonnefoy
"Il qui in cui sono e amo vivere"
traduzione di Fabio Scotto
 
 
dormire tranquillo...un sogno,
un letto di pietra il mio sonno;
nei frammenti sparsi della notte
cerco me stesso e spesso mi perdo...

martedì 29 novembre 2016

Siringa fioca, di Corrado Govoni

Siringa fioca
negli Orti Farnesiani
 
Ai lati d'un ghiaioso sentiere,
le siepi, floride di rose thee,
de le aiuole di bianche primavere
cingono, e d'ineffabili azalèe.
 
Ne la conca di marmo, paniere
di velluto, due ignude Galatee
s'infreddoliscono ne le severe
acque, tra le candide ninfèe.
 
Titiro, sotto un leccio intisichito,
senza piva i pastori favolosi,
con le mani protese, ancora arringa;
 
e il caprìpede Pane, rivestito
di muffa e di licheni glutinosi,
tenta i calami de la sua siringa.
 
Corrado Govoni
 
 
nei boschi e sulle cime,
un suono, nel pomeriggio, nel vento;
divinità silvane danzano
preludio ad incipiente inverno...

lunedì 28 novembre 2016

Io tornerò, di Pablo Neruda

Io tornerò
 
Un giorno, uomo o donna, viandante,
dopo, quando non vivrò,
cercate qui, cercatemi
tra pietra e oceano,
alla luce burrascosa
della schiuma.
Qui cercate, cercatemi,
perché qui tornerò senza dire nulla,
senza voce, senza bocca, puro,
qui tornerò a essere il movimento
dell’acqua, del
suo cuore selvaggio,
starò qui, perso e ritrovato:
qui sarò forse pietra e silenzio.

Pablo Neruda
 
Giovanni Segantini
"Ritorno al paese natio"
 
il tempo dei ritorni,
quante volte abbiamo pensato,
quante volte siamo rimasti
eppure piace credere a tutti...

domenica 27 novembre 2016

Potenza in me d'amore, di Sibilla Aleramo

Potenza in me d'amore
 
Potenza in me d'amore
nelle stagioni esercitata strenua
riemerge talora nella memoria un autunno remoto
che raggiunto invero il tuo segno credetti
credetti esistesse veramente
quegli che tutta m'accogliesse
in alti uragani di gioia
poggiava grande la fronte sul mio petto
le sue dure storie mi narrava
le mie tante fremendo ascoltava
navigavamo sur un lago fra i monti
e caro sarebbe stato profondare avvinti
fra quelle cime riverse in lor cheto sonno
ma in cuore un'altr'acqua tremava
là ove Aretusa giace
verde nell'isola giusta dei miti
l'isola ch'era la sua
e insieme mai vi andammo
oh potenza in me d'amore
raggiunto non era il tuo segno
neppur quella volta né con altri dopo mai
ma in me tuttavia tu non perivi
ingigantivi anzi più sempre
sinché bianco il capo e bianco il volto
vanito il color oro e quel delle rose
ora so alfine a che eri rivolta
tu potenza in me d'amore
alla intera gente umana rivolta eri
per i dolori per gli errori suoi
immenso stuolo sotto l'immensa volta di stelle
umana gente che sì di rado conosce gioie
sfiora laghi con lor cime riverse in cheto sonno
assentisce alla Terra con alta passione
poi taluno ricade e solitario dispera
taluno invece sua fede mai non smentisce
in un domani giusto del mondo
domani senza mai più eccidi
mai più guerra né odio né fame
né fame di pane né fame di dominio
oh giusto e fraterno mondo
oh potenza in me d'amore
ora so alfine a che eri rivolta

Sibilla Aleramo
1946
 
 
 
una fonte incredibile l'amore,
potente, passionale, solo;
nel vischio della vita soccombe
i corpi preda di insaziabili voglie...
 

sabato 26 novembre 2016

Giorni di minime #30

 
la pioggia che smette permette
un rientro alla quiete, alle cose,
non riesco a pensarci, mi perdo
in inutili spazi e ritrovi;
la folla si accalca, si frange
su barriere invisibili, dure
quello che siamo stravolge,
ciò che vogliamo si stinge...
 
Gujil

venerdì 25 novembre 2016

Tempo verrà, di Arturo Graf


Tempo verrà
 
O mia piccola reggia,
O caro nido degli amori miei,
Tu cui lambe il torrente e il bosco ombreggia, 
Beata un di della belta di lei;
 
Tempo verra che veda
Crescerti addosso una letal verzura,
E il tuo gracile tetto e le tue mura 
Date alla morte e alla ruina in preda.
 
Allor nelle deserte
Stanze dall’alto guarderan le stelle,
E mugolando i venti e le procelle 
Irromperan dalle finestre aperte.
 
E a mano a man sul molle
Strato delle fiorenti erbe cadrai,
E sulle pietre ond’or ti reggi e stai 
Esuberanti cresceran le zolle.
 
Allor su te da mane
A sera il rozzo ed avido bifolco
A trar verra l’interminabil solco, 
E a seminarvi stornellando il pane.
 
E imprechera se avvenga
Che alcuna pietra del mio dolce asilo
Al vomere crudel frangendo il filo 
Il passo al bue lavorator trattenga.
 
E da gran tempo i cuori
Che in te d’amore, di piacer, d’affanno
Palpitar, saran polve e non avranno
Le ignote fosse lor croci ne fiori.

 
Arturo Graf
 
 
verrà sì il tempo, domani,
verrà come lo si sa aspettare;
le vaghe visioni staglieranno
come vividi traguardi vicini...

giovedì 24 novembre 2016

La bellezza, di Yves Bonnefoy

La Bellezza

Sono bella, o mortali,
Come un sogno di pietra?
No, non è
Questo triste assenso che mi aspetto da voi.
Il bambino piange sul sentiero e lo dimentico.


Sono la bellezza
Solo perché stuzzico il vostro sogno?
No, ho in fondo a me degli occhi spalancati,
Io sono nascosta, spaventata, sono pronta


A scagliarmi in avanti, a graffiare,
O a fare la morta se sento
Che la mia causa è persa nei vostri sguardi.


Chiedetemi di essere più del mondo.
Patite che io non sia che questo corpo inerte,
Curatemi con i vostri auspici, con i vostri ricordi.


Yves Bonnefoy
"Il qui in cui sono e amo vivere"
traduzione di Fabio Scotto
 
 
una volta... la bellezza era tanto,
si cercava la cosa più bella,
si amava la cosa più bella;
ora il bello lo vedono gli occhi...
 

mercoledì 23 novembre 2016

II, di Guy Goffette

II

È troppo poco dire che non viviamo
nella luce, che ogni passo
è una caduta d'Icaro e neppure un giorno,
neppure un rumore, neppure un passo
che non ci consacrino possessori di
nulla – gli dèi stessi hanno perso il retaggio
del vento e ormai le loro voci girano a vuoto
quando il cielo si apre le vene
ai quattro orizzonti della camera
e già le foglie si tendono

a ricevere con l'oro e la mirra
l'incenso blu che sale dalla terra.

Guy Goffette
Alla ricerca delle parole definitive
traduzione di Gio Batta Bucciol
 
Hans Baldung, gen. Grien,
"Le 7 età della donna", 1544,
Museum der bildenden Künste Leipzig 
la vita, questa vita che siamo,
dove ci porta non è dato sapere,
si sa che si arriva alla fine,
si muore, alle spalle il resto...

martedì 22 novembre 2016

Il mio focolare, di Henryk Ibsen

Il mio focolare
 
Tutto è calmo nella mia casa. Fuori la strada è senza rumore;
eccomi vicino alla lampada che ha il paralume abbassato.
La stanza è immersa in una dolce ombra.
Giungono i miei fanciulli e le loro teste graziosamente inclinate
sono avviluppate dal fumo del mio sigaro.
 
Giungono in folla, creature di sogno,
fanciulli allegri e graziose fanciulle.
La loro fronte brilla come dopo il bagno,
e gaiamente, follemente,
attraversiamo i regni della gioia.
 
Ma nel momento nel quale il nostro piacere è più vivo,
il mio sguardo cade accidentalmente sullo specchio.
Ed ecco che io vi scorgo un ospite triste e severo,
un uomo dagli occhi plumbei, dal panciotto tutto chiuso,
che porta le pantofole di feltro, se non erro!
 
Mi sembra che un greve silenzio si sia steso sulla gaia folla.
Uno dei fanciulli mette il dito sulla bocca,
un altro rimane stupidamente sorpreso.
Non sapete dunque che in presenza degli estranei
anche il più sfrontato monello perde la sua sicurezza?

Henryk Ibsen


GIUSEPPE MAGNI  
(Pistoia, 1869 - Firenze, 1956)
"Focolare domestico"
e mi rintano in un angolo,
caldo cantuccio sicuro;
il mio focolare ancora cova
sotto la tiepida cenere... 

lunedì 21 novembre 2016

Assunzioni esemplari, di Valentino Zeichen

Assunzioni esemplari

L'alchimia è eresia
la chimica, al contrario, è religiosa
ammirate nelle ascensioni
la competenza che i ministri della chiesa
ebbero in fatto di gas.

Le depressioni della gravità
sono avverse
ad ogni elevazione morale.

Invano agguantanuvole
annaspano in aria
per aprire un varco al miracolo.
 
Valentino Zeichen
L'epigrammista surreale
 

L'Assunzione della Vergine
"Palma il Vecchio"
 galleria dell'Accademia a Venezia
 
sembra a tema con oggi,
parlerò, chiederò, spiegherò;
eppure mi sento lontano,
molto lontano

domenica 20 novembre 2016

Elogi, di Corrado Govoni

Elogi
                                                      a Jole
 
Loderò la tua mano delicata
come un petalo bianco di magnolia,
languidetta gardenia che sfoglia
la sua fragrante grazia malata;
 
loderò la tua bocca dissanguata
come un fiore reciso, mesta foglia
d'Autunno, fonte placido che invoglia
ad una calma lenta e angelicata;
 
loderò i tuoi capelli, fini spilli
d' ambra orientale : lunghi ed innocenti
capelli d'una santa bisantina;
 
ed i tuoi occhi, languidi pistilli
d' ortensia celeste : pazienti
occhi di qualche morta serafina.
 
Corrado Govoni
poesie scelte
 
 
sperticate lodi disseminano
molte vite, esistenze esigue;
si cerca la gloria, ad ogni costo,
io, devo dire, ho cercato l'amore...

sabato 19 novembre 2016

Fotografia, di Ives Bonnefoy

Fotografia

Che miseria, questa fotografia!
Un colore volgare sfigura
Questa bocca, questi occhi. Burlarsi della vita
Con il colore, allora era consueto.

Ma ho conosciuto colui di cui si è preso
In queste reti il volto. Credo di vederlo
Scendere nella barca. Con già
L'obolo in mano, come quando si muore.

Che un vento s'alzi nell'immagine, che la sua pioggia
La stemperi, la cancelli! Che si scoprano
Sotto il colore gli scalini grondanti!

Chi fu? Che avrà sperato? Non odo
Che il suo passo che s'arrischia, nella notte,
Goffamente, verso il basso, senza mano che aiuti.


Yves Bonnefoy
"Il qui in cui sono e amo vivere"
traduzione di Fabio Scotto
 
 
 
fermata, in un'istantanea, la vita;
questo è una fotografia, è un attimo,
è bloccare il tempo, la corsa,
poi pian piano ogni cosa sbiadisce...

venerdì 18 novembre 2016

Giorni di minime #29

 
consuetudini leggere affossano
pensieri lunghi interminabili,
come una folata di vento ripongo
le foglie secche in un angolo;
assorto rimugino cose passate
ritengo, riparto, risiedo,
fino a quando la pioggia mi sveglia
finché il respiro mi anima...
 
Gujil

giovedì 17 novembre 2016

Ultimo canto nuziale, di Cintio Vitier

Ultimo canto nuziale

Ma se infine vieni, spoglia
dei tuoi fiori nuziali, nell’ora
in cui tutto il mondo si disfiora
e lo sguardo di cenere si copre;

se allora, con la bocca gelata
dal tramonto postumo che divora
ogni illusione e fatalmente incorona,
se mi dici all’orecchio: sono il nulla,

ti dirò grazie di lasciarti vedere
e abbracciarti nuda, d’essere mia
seppure nell’istante che ti perdo;

e dormirò nel letto che il mio cuore
ha fatto, sognando che la morte
è il tuo ultimo velo, poesia.

 
Cintio Vitier
La sposa poesia
Traduzione di Nicola Licciardello
 
 
e convolammo insieme,
felicità raggiunta? soddisfazione?
ora si vive nel mondo, per mano,
semplicemente per mano...

mercoledì 16 novembre 2016

Io non ho prova della mia esistenza..., di Giorgio Manganelli

Io non ho prova della mia esistenza
se non per questo 
dolore continuo dell'orecchio,
una lettera d'amico, 
il gusto denso della birra
contro le gengive.
Fuori del sigillo
della paura ininterrotta
non ho altro indizio
della mia continuità.

Giorgio Manganelli
L'officina dell'alchimista
 
 
bere a volte,
fino all'annullamento
fino al sonno,
il dolore permane...

martedì 15 novembre 2016

Siccità, di Saint-John Perse


Siccità

Quando la siccità sopra la terra avrà disteso
la sua pelle d'asina e cementato l'argilla bianca
intorno alla sorgente, il sale rosa delle saline
annuncerà la rossa fine degli imperi, e la femmina
grigia del tafano, spettro dagli occhi di fosforo,
si lancerà come ninfomane sugli uomini svestiti
delle spiagge... Fango scarlatto del linguaggio,
basta con la tua infatuazione!
 
Saint-John Perse
I Poemi Provenzali
traduzione di Giorgio Cittadini


le mia labbra riarse, secche,
il ginocchio dolorante e teso,
mi muovo prono nel mondo
in un deserto di sentimenti ho sete...
                 

lunedì 14 novembre 2016

Senza baci, di Corrado Govoni

Senza baci
 
A diciott' anni, non aver baciato
mai una donna sopra i labri ardenti
non avere le sue treccie attorcenti
in una fonda alcova scompigliato!
 
Non aver su d'un seno immacolato
mai morduto con dei morsi furenti,
ed avere soltanto nei frequenti
miei disinganni sognato, sognato...
 
È troppo crudo non avere mai
gustato, a diciott' anni, la lentezza
di carezze e d'amplessi pertinaci!
 
O voi, poeti, che tutti i rosai
mieteste de l'amore, la dolcezza
ditemi del sapore che àpno i baci!
 
Corrado Govoni
 
 
quanti baci, tanti allora,
labbra tumide e assetate,
poi la maturità inquina, controlla,
diventiamo affetti invece che amori...

domenica 13 novembre 2016

Viste dagli angeli le cime dei monti..., di Rainer Maria Rilke


Viste dagli angeli le cime dei monti
sono forse radici che bevono i cieli;
e nel sole, le radici profonde del faggio
sembrano loro tacite vette.

Per loro, la terra non sta trasparente
davanti a un cielo pieno come un corpo?
Leva un lamento, in questa terra ardente
l’oblio dei morti presso le fonti.


Rainer Maria Rilke
Traduzione di Roberto Carifi
 
  
inseguire le radici, trovarle,
qualcuno ha cantato,
molti hanno perso la cerca;
io, per me, un filo di speme...

sabato 12 novembre 2016

(gocce) , di Mario Luzi

(gocce)

L'inverno e la sua fine
escono da quei monti
nel cielo
          alla battaglia,
esitano l'uno
e l'altra, essi, rapiti
          a quella luce
di politissimo cristallo,
alla flagranza delle valli,
          e ora
un poco si osservano a distanza,
un poco si mischiano e si azzuffano
finché grandine o vento non sbaraglia
l'incertezza dello scontro.
Ci ottenebra, noi stille
          sorprese in medio campo
un infittito scroscio,
          ci affoga
l'uragano, sgombra
poi il sole
          i celesti rimasugli
del furente nubifragio.
È inverno o primavera? Non lo sappiamo,
          siamo
e non siamo niente
nella molteplicità delle apparenze,
però dentro la vita, dentro
il meraviglioso istante. 

               
Mario Luzi

da "il lessico della luna nascente"


le notti, fredde, insonni,
la luna a volte, il buio;
tessere sparse di mosaici
perduti, infiniti, incompleti...