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lunedì 31 gennaio 2011

Gennaio

Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca, neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco,
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi; un balbettio di pianto;
passa una madre; passa una preghiera!

Giovanni Pascoli


Il grande freddo sfianca
i fianchi provati dagli anni
e lambisce i ricordi, sempre,
di chi ha tanti inverni...
solleva a volte il velo
e riporta in superfice cose
che furono e mai troppo belle.

venerdì 28 gennaio 2011

L'odore dell'Inverno

Il tempo dapprincipio fu bello,
calmo. Schiamazzavano i
tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo
faceva un brusio, come se
soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e
nell'aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece
buio e soffiò da oriente un vento
freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono
degli aghetti di ghiaccio.
Il bosco divenne squallido, solitario.
Si senti l'odore. dell'inverno.

A. Cechov



anch'io ho freddo,
sollevo il bavero per trattenere
il fiato caldo che condensa...
anch'io ho freddo,
è dentro in me come un coltello
e scava e si torce
a darmi pensieri dolenti;
triste e stanco
aspetto un raggio di sole.


giovedì 27 gennaio 2011

L'inganno

Primavera non è che s'avventuri
un'altra volta e cinga di tripudi
un'altra volta i rami seminudi,
tutti raggiando questi cieli puri?

Madre Terra, sei tu che trasfiguri
la vigilia dei giorni foschi e crudi?
O Madre Terra buona, tu che illudi
fino all'ultimo giorno i morituri!

Essi non piangono la sentenza amara.
Domani si morrà. Che importa? Oggi
sorride il colco tra le stoppie invalide...

Tutto muore con gioia (Impara! Impara!)
E forse ancora s'apre contro i poggi
l'ultimo fiore e l'ultima crisalide.

Guido Gozzano


l'inganno lo si vive nei pensieri,
nei sensi di quando uno crede
e poi non è così ma altro...
l'inganno è la fede tradita,
il singhiozzo e la rabbia interiore

mercoledì 26 gennaio 2011


stremato a fatica mi rendo
disposto a nuove torture
e nel mentre mi affilo ed inseguo
quel sogno da sempre
e sempre soggiogo al destino

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

giovedì 20 gennaio 2011


seri risvolti adombrano
il circondario e il cielo,
si attende la bianca signora
che ammanta,
quella che avvolge ed ovatta
nel gelido abbraccio.

anonimo del XX° secolo,
frammenti ritrovati

martedì 18 gennaio 2011

mi pongo domande
a cui non rispondo
perchè non so come farlo...
eppure mi chiedo,
discuto e mi accaloro
nel cercare soluzioni a fastidiose devianze,
mi arrabatto nel trovare compromessi
fossanche accettabili ma duri.
Vorrei vivere ancora
di quella vita che ho avuto
ed assaporarla con nuovi sensi allertati.

lunedì 17 gennaio 2011

e penso a te, spesso, madre mia,
ti penso nel dolore degli anni
e nella tua solitudine di ora
nell'ora che volge
senza trapelare orizzonti...
ti penso, mamma
e ne soffro
la mia vicinanza è pudore
e abbasso gli sguardi.


Lettera alla Madre

«Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d'amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo.» - Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
«Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell'ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater.»

Salvatore Quasimodo


Spero
che i fuochi
di questa notte unica
riscaldino il tuo vivere
di quotidiani gesti ed umori




giovedì 13 gennaio 2011

Inverno

Fior di collina,
son cadute le foglie ad una ad una
e l’erba è inargentata dalla brina.
Fior di tristezza,
i rami son stecchiti e l’erba vizza,
par fuggita dal mondo ogni bellezza.
Fior freddolino,
potessimo vedere un ciel sereno
e un raggio d’oro splender nel turchino.
Fior di speranza,
sotto la neve c’è la Provvidenza
che lavora per noi, c’è l’abbondanza.

(Diego Valeri)


l'ansia cresce, mi domina
e non riesco a trattenerla...
continuo a boccheggiare
e le paure sovrastano il razionale...
non so che fare e temo il domani
mentre il mio petto ansima
alla ricerca di fiato e respiro...

mercoledì 12 gennaio 2011

riprendono le ansie,
le paure e le angoscie quotidiane,
il pastello del tedio accompagna da sempre
la brutta stagione che corrode
e carica di impegni.
le stazioni attendono
impazienti i treni
che in un tempo non così lontano
"mugghiavano nella nebbia"


Invernale

«... cri... i... i... i... i... icch...» l'incrinatura
il ghiaccio rabescò, stridula e viva.
«A riva!» Ognuno guadagnò la riva
disertando la crosta malsicura.
«A riva! A riva!...» Un soffio di paura
disperse la brigata fuggitiva.
«Resta!» Ella chiuse il mio braccio conserto,
le sue dita intrecciò, vivi legami,
alle mie dita. «Resta, se tu m'ami!»
E sullo specchio subdolo e deserto
soli restammo, in largo volo aperto,
ebbri d'immensità, sordi ai richiami.
Fatto lieve cosí come uno spettro,
senza passato piú, senza ricordo,
m'abbandonai con lei, nel folle accordo,
di larghe rote disegnando il vetro.
Dall'orlo il ghiaccio fece cricch, piú tetro...
Dall'orlo il ghiaccio fece cricch, piú sordo...
Rabbrividii cosí, come chi ascolti
lo stridulo sogghigno della Morte,
e mi chinai, con le pupille assorte,
e trasparire vidi i nostri volti
già risupini lividi sepolti...
Dall'orlo il ghiaccio fece cricch, piú forte.
Oh! Come, come, a quelle dita avvinto,
rimpiansi il mondo e la mia dolce vita!
O voce imperïosa dell'istinto!
O voluttà di vivere infinita!
Le dita liberai da quelle dita,
e guadagnai la ripa, ansante, vinto...
Ella sola restò, sorda al suo nome,
rotando a lungo nel suo regno solo.
Le piacque, alfine, ritoccare il suolo;
e ridendo approdò, sfatta le chiome,
e bella ardita palpitante come
la procellaria che raccoglie il volo.
Non curante l'affanno e le riprese
dello stuolo gaietto femminile,
mi cercò, mi raggiunse tra le file
degli amici con ridere cortese:
«Signor mio caro, grazie!» E mi protese
la mano breve, sibilando: − Vile! −

Guido Gozzano

martedì 11 gennaio 2011


Inverno

Il ghiaccio inazzurra i sentieri
la nebbia addormenta i fossati
un lento tepore devasta
i colori del cielo.
Scende la notte
nessun fiore è nato....

(A. Pozzi, Parole)



e nel freddo
richiudere il guscio
per trattenere quel po' di calore
che riscalda e fa gemere
di ricordo e rimpianto
le mestizie così care all'amore
così lievi e forti
da far male e dolere ogni cuore

lunedì 10 gennaio 2011


tristezza
nascondi nei sensi il tuo dare
nel cuore dei più la visione
che incanta e riporta
a sospiri in unisono dolce
e meandri nascosti
dove giocare l'amore
di giovani folli...
tristezza
compagna di vita
e di gioco

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati

giovedì 6 gennaio 2011

anch'io li aspetto
o meglio aspetto
il lato pagano, la Befana,
quella dei motociclisti
che tutti gli anni sfila
sotto il mio balcone
e porta un po' di luce
negli sguardi tristi di bimbi soli...
auguri


 
I Magi

Albeggiava. Come granelli di fuliggine, l'alba
spazzava le ultime stelle dalla volta celeste.
E della innumerevole folla solo i Magi
Maria lasciò entrare nella cavità della roccia.
Lui dormiva, tutto splendente, in una culla di
quercia,
come un raggio di luna dentro il cavo d'un tronco.
Invece di pelli di pecora,
le labbra d'un asino e le nari d'un bue.
Stavano in ombra, come nel buio della stalla,
sussurravano, trovando a stento le parole.
A un tratto qualcuno, un po' a sinistra
nell'oscurità,
con la mano scansò dalla culla uno dei Magi
e quello si voltò: dalla soglia la vergine
guardava come un ospite la stella di Natale.

Boris Pasternak

martedì 4 gennaio 2011


Nel grigio del cielo
si consuma l'eclisse
ma qui non si vede
io cerco e distinguo
ma immagino solo
ed il freddo pungente
si stempera e adagia
in un suono mesto
di pesanti campane

anonimo del XX° Secolo
frammenti ritrovati

lunedì 3 gennaio 2011

è sempre domani,
quando il suono diventa rumore,
quando la neve si scioglie,
quando un amore finisce...
è ancora domani,
quando non sei qui,
quando te ne vai via,
quando rimani...



Domani
per l'amico
Silla Martini de Valle Aperta

I.
Il corruscante cielo d'Oriente
a gran distesa lodano gli uccelli,
Aurora arrossa i bianchi capitelli
sul tempietto di Leda, intensamente.

Tolgon commiato tra le faci spente
gli ospiti stanchi. Un servo aduna i belli
fiori che inghirlandano i capelli
e li gitta allo stagno, indifferente.

Le rose aulenti nella notte insonne,
le rose agonizzanti, morte ai baci
nelle capellature delle donne,

scendon piano con l'alighe tenaci,
in su la melma livida e profonda,
con le viscide larve dei batraci.
 
II.
Pace alle rose in fondo dello stagno,
in loro fredda orrenda sepoltura;
pur anche la sua gran capellatura
dischioma l'olmo il pioppo ed il castagno.

Il cigno guata, mutolo e grifagno,
lo stagno ricolmarsi di frondura.
Silla, sognamo. Tutto ci assicura
l'ultima pace e l'ultimo guadagno.

Guarda, fratello: innumeri le foglie
attorte e rosse e gialle, senza strazio,
distaccansi dal ramo, lentamente;

la Madre antica in sé tutte le accoglie.
Sognamo, Silla, memori d'Orazio,
quel sogno confortante che non mente.
 
III.
Perché morire? La città risplende
in Novembre di faci lusinghiere;
e molli chiome avrem per origliere,
bendati gli occhi dalle dolci bende.

Dopo la tregua è dolce risapere
coppe obliate e trepide vicende -
bendati gli occhi dalle dolci bende -
novellamente intessere al Piacere.

Ma pur cantando il canti di Mimnerno
sento che morta è l'Ellade serena
in questo giorno triste ed autunnale.

L'anima trema sull'enigma eterno;
fratello, soffro la tua stessa pena:
attendo un'Alba e non so dirti quale.
 
IV.
Che giovò dunque il gesto di chi disse:
"Il gran Pan non è morto! Ecco la via
dell'allegrezze nove. Ovunque sia
dato l'annunzio del novello Ulisse!

Il flavo Galileo che ci afflisse
di tenebrore e di malinconia
e quella scialba vergine Maria
e quella croce diamo alle favisse!"?

Nulla giovò. L'impavide biasteme
non rianimeran lo spento sguardo
dei numi elleni sugli antichi marmi.

"Lor giuventude vive sol nei carmi."
Secondo la parola del Vegliardo
il fato ineluttabile li preme.

Guido Gozzano