Tuscia #04
Sacro, profano, benedettino,
il suono dell'organo carica
di significato l'anima, in ritardo
il colore stempera il lampo...
Gujil
Tuscia #04
Sacro, profano, benedettino,
il suono dell'organo carica
di significato l'anima, in ritardo
il colore stempera il lampo...
Gujil
Tuscia #03
Dentro il sogno cascata
l'anima sciolta, emozione.
Finanche stanco ritorno passi
antichi, ostello, pellegrino incostante...
Gujil
Tuscia #02
Dannazione eterna rivedo
Orvieto, centro d'Italia.
Le ombre del cuore, la pioggia
il selciato bagnato riflette...
Gujil
Tuscia #01
Nel cuore dell'Etruria vedo
immagini antiche e il cuore
ricorda anni addietro;
ora mi chiedo ragioni...
Gujil
Tuscia #00
Tu non sai le colline
dove si è sparso il sangue.
Tutti quanti fuggimmo
tutti quanti gettammo
l’arma e il nome. Una donna
ci guardava fuggire.
Uno solo di noi
si fermò a pugno chiuso,
vide il cielo vuoto,
chinò il capo e morì
sotto il muro, tacendo.
Ora è un cencio di sangue
e il suo nome. Una donna
ci aspetta alle colline.
Cesare Pavese
Nasce forse
Nasce forse
C’è la nebbia che ci cancella
Nasce forse un fiume quassù
Ascolto il canto delle sirene
del lago dov’era la città.
Giuseppe Ungaretti
Sonetto di primavera
Terra, figlia del Sol, madre beata
Dell’industre Caino! ancor l’amica
Genitrice virtù con pia fatica
Il tenace tuo grembo apre e dilata.
E ancor la gleba di sudor bagnata,
E più di sangue, alla progenie antica
Del buon Caino crescerà la spica
E il tralcio lieto e la rosa odorata.
E ancor sopra le tombe e le rovine
E i campi sacri alle fraterne stragi
Pulluleranno erbe maligne e fiori.
E ancor, senza riposo e senza fine,
Pulluleran ne’ petti aspri e malvagi
Desiderii e speranza, odii ed amori.
Arturo Graf
Angelo
Corno Inglese
Il vento che stasera suona attento
– ricorda un forte scotere di lame –
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l’orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D’altri Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell’ora che lenta s’annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.
Eugenio Montale
78 b
Ma questo ora m'addolora, che le labbra pure
di una bambina il tuo sudicio sperma abbia macchiato.
Avrai il tuo castigo: ti ricorderanno nei secoli
e anche decrepita la fama griderà chi sei.
Publio Valerio Catullo
Di notte mi corico al tuo fianco
E ho visto
La città fare volteggi e piroette.
Ernest Hemingway
Noia
Anche questa notte passerà
Questa solitudine in giro
titubante ombra dei fili tranviari
sull’umido asfalto
Guardo le teste dei brumisti
nel mezzo sonno
tentennare
Giuseppe Ungaretti
Ecco...
Notte
Vagando da una stanza all’altra
Con un sorriso.
Come può la vita esser così piena a 52 anni?
Joanna McClure
Night
Wandering from room to room
Smiling.
How can life be so full at 52?
L'enigma
Enigma oscuro della vita questo:
che lo straniero, ancor lunge all'aurora,
a sera, nel tremor muto di un'ora,
l'imper più dolce imponga e più funesto.
Così il fanciullo, con un piccol gesto
imprigiona la lucciola che indora
l'ombra di maggio, ed egli stesso ignora
s'ei le dirà: – Mi piaci – o: – Ti calpesto.
Enigma oscuro, che uno sol fra cento
tragga da un chiuso cuor virtù d'amore
tal, da farlo di sè quasi sgomento.
E l'indoma s'ammansi, e la superba
si faccia schiava d'un crudel signore,
nuocendo a sè come nemica acerba.
Amalia Guglielminetti
Eterno
Tra un fiore colto e l’altro donato
l’inesprimibile nulla.
Giuseppe Ungaretti
Da che eccelse scaturigini tu nasci,
O cascata impetuosa?…
Rimbalzante sulla china perigliosa,
Tu scrosciando volgi al mar;
Spumi, brilli, ridi, spruzzi, e niun t'arresta
Ne la corsa secolar.
Da che eccelse scaturigini tu nasci,
O pensiero zampillante?
A te beve, secco il labbro e il petto ansante,
L'assetata umanità;
In te il sole si rispecchia, e niun t'arresta
Ne l'immensa eternità.Ada Negri
Paradosso
Che dubbio c’è? sempre fu detto e scritto,
E sempre si dovrà scrivere e dire:
Ammazzar uno che non vuol morire
È un gran delitto, un pessimo delitto.
Ma con pace di quei che van d’amore
Esercizio facendo e propaganda,
Il dar la vita a chi non la domanda
Un delitto non è molto minore.
Arturo Graf
79
Lesbio deve esser proprio bello.
Certo: Lesbia lo preferisce
a Catullo e a tutti i suoi amici.
Ma questo bello
venda schiavi Catullo e i suoi amici,
se rimedia anche solo un bacio
fra tre che lo conoscono.
Publio Valerio Catullo
Il romanzo più corto di tutti
In un primo momento lei pensò di poterlo uccidere in tre giorni.
Per poco non ci riuscì. Il cuore di lui quasi venne meno ai suoi
complimenti.
Poi lei pensò che sarebbero state necessarie tre settimane. Ma lui
sopravvisse.
Così lei riguardò i suoi progetti e calcolò che sarebbero occorsi tre
mesi.
Dopo tre anni, era ancora vivo. Così si sono sposati.
Ora sono sposati da trent’anni. La gente parla molto affabilmente di
loro.
Sono noti come il miglior matrimonio in città.
È solo che i loro figli continuano a morire.
Norman Mailer
Viene la notte con piume morbide e sonnolente
Il giorno ad oscurare
A cancellare il pietroso fulgore
L’argilla a stemperare
Prima che sopraggiunga l’indurimento definitivo
A chiederci di restare.
Chicago, 1920-1921
Ernest Hemingway
Godi se il vento ch’entra nel pomario
vi rimena l’ondata della vita:
qui dove affonda un morto
viluppo di memorie,
orto non era, ma reliquiario.
Il frullo che tu senti non è un volo,
ma il commuoversi dell’eterno grembo;
vedi che si trasforma questo lembo
di terra solitario in un crogiuolo.
Un rovello è di qua dall’erto muro.
Se procedi t’imbatti
tu forse nel fantasma che ti salva:
si compongono qui le storie, gli atti
scancellati pel giuoco del futuro.
Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l’ho pregato, – ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine...
Eugenio Montale
La porta
Davanti alla mia porta
si fermano i passanti per guardare,
taluno a mormorare:
«là, dentro quella casa,
la gente è tutta morta,
non s’apre mai quella porta,
mai mai mai».
Povera porta mia!
Grande portone oscuro
trapunto da tanti grossissimi chiodi,
il frusciare più non odi
di sete a te davanti.
Dagli enormi battenti di ferro battuto
che nessuno batte più,
nessuno ha più battuto
da tanto tempo.
Rosicchiata dai tarli,
ricoperta dalle tele dei ragni,
nessun ti aprì da anni e anni,
nessun ti spolverò,
nessun ti fece un po’ di toeletta.
La gente passa e guarda,
si ferma a mormorare:
«là, dentro quella casa,
la gente è tutta morta,
non s’apre mai quella porta,
mai mai mai».
Aldo Palazzeschi