Sonetto I
Non perché chiaro in queste parti e in quelle
Pass’il mio nome alle future genti,
Ricolsi il corso con pié tardi e lenti
A’ vostri sacri poggi, alme sorelle.
Sperai adorno sì di verdi e belle
Frondi, piacere a due begli occhi ardenti,
E pingendo il suo viso e i miei tormenti
Sfogar il mal che vien da ferme stelle.
Ma che pro? Veggio omai che nulla valme:
Sordo aspe chiamo, e ‘l duol, fatt’immortale,
Non sostien che d’onor altri mi affidi.
Vergini , e tu che a lor, Febo, mi guidi,
Di laude no, ma di mia vita calme:
Ecco lo stile, se a pietà non vale.
Galeazzo di Tarsia
lontana visione perde i contorni,
si sfila tra dita che non sanno tenere;
il tempo saprà cosa dire, che fare,
è dura l'attesa, si stempera il cuore
si sfila tra dita che non sanno tenere;
il tempo saprà cosa dire, che fare,
è dura l'attesa, si stempera il cuore
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