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mercoledì 31 ottobre 2018

Oriental (ad Aldo), di Anonimo

 
Oriental
ad Aldo
 
Musica per viaggiare sereno,
solo, come tutti, te ne vai,
il fardello ora è leggero, live,
non guardi indietro ma avanti.
Le incrollabili fedi acquisite,
l'amore profuso e il sorriso
come in passato, fuori, lontano
quando ancora era tutto sereno.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate

martedì 30 ottobre 2018

Riflesso autunnale n°5

 
quando la rabbia arriva, dentro, forte,
il mondo appare orribile e contro, sempre;
non si lasciano spiragli al dunque, al mentre,
siamo balia dei respiri affannosi, delle ansie
paure notturne agitano risvegli improvvisi...
 
Gujil

lunedì 29 ottobre 2018

esercizio lungimirante..., di Bruno Galluccio

esercizio lungimirante
fare calcoli sulle parti
riflettere su rimanenze
addentrarsi tra le parentesi
(sospendendo quel che premeva fuori)
e dire così addio all’eden degli interi
 
e impariamo che non possiamo sommarci subito
ma dobbiamo prima denominarci comunemente
conoscere la minima essenza condivisa
che ci moltiplichi
 
Bruno Galluccio
da "Verticali", Einaudi, 2009
 
 
siamo matematiche imprecisioni?
siamo solamente numeri?
domande a cui rispondere è strano,
viviamo, ciò basti, esistiamo....

domenica 28 ottobre 2018

Che ci portiamo addosso il nostro peso..., di Elio Pagliarani


Che ci portiamo addosso il nostro peso
lo so, che schermaglia d’amore è adattamento,
guizzo, resistenza necessaria perché baci
la nostra storia i nostri uomo-donna
non solo all’ombra dei parchi
l’imparo ora, forse.

Oh, ma scompagina come il vento
freddo di viale Piave i giorni scorsi, e spaura,
quanto di me non solo porto
sulle spalle, ma mi tocca travasare
adattare al tuo fusto flessibile
e scontroso.
               Io che speravo
necessario e sufficiente solo il fiore
che affiora, tocco con le carezze oltre che il tuo
fusto flessibile lo specchio la certezza
di come sia insufficiente il mio amore
per la tua capacità di comprenderlo,
per la tua capacità di comprenderlo
come sia immane il mio bisogno d’amore.


Elio Pagliarani
da "Facendo finta che non s'appassisca il mare"
 

 il nostro peso, corpo o anima,
che importa, siamo, come siamo;
i nostri "vorremmo" restano
desideri imprecisi, vaghi come noi siamo...

sabato 27 ottobre 2018

Nelle notti chiare..., di Gloria Fuertes


Nelle notti chiare
 
Nelle notti chiare,
risolvo il problema della solitudine dell’essere.
Invito la luna e con la mia ombra siamo in tre.
 
Gloria Fuertes
da "Storia di Gloria, amore, umore e disamore",  1980)
 
 
le notti chiare passate d'estate, una barca,
sciabordio di timide onde e battigia;
i ricordi, come le presenti note,
affollano, accerchiano, ricordano...

venerdì 26 ottobre 2018

Congedo dell'autunno, di Eugénio de Andrade

Congedo dell’ autunno

Avevo già udito il richiamo del tordo
accanto alle vecchie acque
del fiume o nella luce vetrata

dei lenti olivi del sud.
Pensavo allora che non poteva morire
chi tanto ha amato

il chiaro timbro delle vocali
portate dal mare – l’autunno,
lui moriva nelle fiamme

alte dei castagni,
nel sonnambulo ondeggiare
delle greggi, negli occhi delle donne

dal cuore affaticato,
simili a rami spezzati
– loro, che furono sorelle della rugiada.
 
Eugenio de Andrade
Traduzione di Giulia Lanciani
 
 
quest'autunno, strano, caldo, irreale,
tra un po' il mese dei morti, i defunti;
cimiteri lastricati di fiori solo ora, poi,
ci si dimentica tutto fina alla prossima...

giovedì 25 ottobre 2018

Traducendo Brecht, di Franco Fortini


Traducendo Brecht
 
Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l’odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza guida al niente
gli uomini e le donne che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia
non muta nulla. Nulla è sicuro. ma scrivi.
 
Franco Fortini
da "una volta per sempre", 1963
 
 
le cose degli altri, gli scritti,
quelli impressi nel cuore e nel ventre;
come magiche formule impregnano
le anime, le teste, i pensieri...
 
 

mercoledì 24 ottobre 2018

Come una bufera... di Norbert Conrad Kaser

come una bufera voglio
volare sul tuo corpo
annegare la mia sete
mentre le tue labbra
stanno su di me
solo che

la mia
sete non può essere
estinta
sono una cava di pietre
con ghiaia e sabbia
asciugo le lagrime
sotto
uno sterile
ciliegio
come una bufera voglio
cadere su di te
imperversare nei tuoi capelli
come vento contrario
toglierti il respiro
& perdere il mio
solo che
il mio respiro è leggero
come fossi calmo
il mio cuore
una fiamma azzurra di carne
in decomposizione 
 
Norbert Conrad Kaser
da "La dolcezza della ribellione"
traduzione di Gio Batta Bucciol
 
 
bufere nel cuore, nelle anime,
i pentimenti fanno parte del gioco,
io ho perduto gli amici da tempo
ma loro non ancora lo sanno...
 

martedì 23 ottobre 2018

Sensazione di turbine, di Luciano Folgore


Sensazione di turbine

Ansia.
Gonfia imminenza della morte.
Le case sagomate;
i campanili stagliati;
le porte incise.
Bronzee lastre di silenzio.
Tra cielo di nubi lanose,
e terra calma,
il cuore,
sospeso ai fili interminabili
dell’ignota paura.
Un battistrada leggiero:
fremito di fronte, bricioli di carta,
strepito indistinto nei giardini,
sui selciati…
Un rapido squadrone:
nuvole di polvere, palpito di veli,
flutto di tende
– qua e là –
misterioso vacillìo della città.
Una turba balzante in arme:
cappelli, gonne in aria,
accecanti orde di polvere.
Un esercito interminabile di ribelli:
usci, finestre, porte – schiantati –
fragorìo di vetri, panni volanti,
spettri balzanti,
braccia spalancate a un davanzale
contro sforzi di persiane.
Un urlo di maree popolose
espresse dal grigiastro, cavernoso
estuario degli orizzonti.
Sosta.
Pausa nella musica vertiginosa.
Tremola qualcosa
e si posa.
Poi di nuovo furibonde
le onde dei venti,
le correnti del turbine,
trascinano le case tra nebbie di polvere,
incalzano i giardini scapigliati.
Poi di nuovo
il suono, il rombo, il frastuono,
e l’orchestra formidabile,
con trombe di camini,
con timpani di vetri,
con grancasse di portoni,
e violini, violini di fili telegrafici.
 
Schizza talvolta dalle nubi
la fulminea bacchetta
del maestro urgano,
sul poema sinfonico dei venti.
 
Luciano Folgore
 

di ansie ne abbiamo fin troppe,
quelle di Lei che pesano al petto;
le mie, che nessuno conosce,
riesco ancora a tenerle per me...

lunedì 22 ottobre 2018

Ascoltate! di Vladimir Majakovskij

Ascoltate!

Ascoltate!
Se accendono le stelle –
vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?
Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?
E tutto trafelato,
fra le burrasche di polvere meridiana,
si precipita verso Dio,
teme d’essere in ritardo,
piange,
gli bacia la mano nodosa,
supplica
che ci sia assolutamente una stella! –
giura
che non può sopportare questa tortura senza stelle!
E poi
cammina inquieto,
fingendosi calmo.
Dice ad un altro:
“Ora va meglio, è vero?
Non hai più paura?
Sì?!”.
Ascoltate!
Se accendono
le stelle –
vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
Vuol dire che è indispensabile
che ogni sera
al di sopra dei tetti
risplenda almeno una stella?!
 
Vladimir Majakovskij
traduzione di Angelo Ripellino
 
 
ormai non si ascolta più,
viviamo di slogan, proclami, assurdità;
siamo orecchie da mercante nel limbo
di anime disperse nella corrente...

domenica 21 ottobre 2018

Haiku n°3, di Jorge Luis Borges

3
 
Esiste o no
il sogno che smarrii
prima dell’alba?
 
Jorge Luis Borges
 
 
come sempre l'essenza, il cuore,
come un profumo raro e prezioso;
siamo balia della vita, sempre,
solo ora mi accorgo di me...

sabato 20 ottobre 2018

Lampada di poesia, di Museo

Lampada di poesia

Di’ la storia, o diva, della lucerna, garante d’amori
      nascosti,
e del barcaiolo, che nella notte traghettava da sponda
      a sponda le nozze,
e dello sposalizio di tenebra, che Aurora senza fine
      giammai scorse,
e di Sesto e di Abido… dove fu, notturno, lo sposalizio
      d’Ero;
sento dire di Leandro, che nuotava, nuotava…
      e della lampada,
lampada ambasciatrice, intermediaria di dea dell’amore,
aralda d’Ero, la sposa della notte, lampada, fautrice
      di nozze,
ah lampada fregio d’amore, che forse astrale Zeus
faceva bene a unire al gruppo delle stelle, dopo le notti
della sfida, e intitolarla “astro degli amori, valletta
      delle nozze”,
perché fu lì, a reggere le fila dell’amore dolente delirio
e protesse la storia del connubio dalle notti bianche,
prima che raffica truce, ostica, esplosiva esplodesse…
Adesso duetta con me, che faccio Poesia di quella fine
      insieme,
della lampada che si spegneva, e di Leandro
      che si perdeva.


Da Ero e Leandro, vv. 1-15
 
Museo
traduzione di Ezio Savino
 
 
il passato ci può guidare,
correggiamo gli errori, gli sbagli;
eppure ne facciamo ancora, di nuovi,
fino all'essenza dell'uomo, la vita...

venerdì 19 ottobre 2018

Tenevo il viso fra le palme ascoso..., di Antonio Fogazzaro

Tenevo il viso fra le palme ascoso
 
Tenevo il viso fra le palme ascoso.
Star con lui mi pareva, essergli unita
da lungo tempo, ed ei mi domandava
di quegli anni lontani, amari tanto.
Io tutto tutto gli dicevo. Alfine
tolsi le man dal viso, e nello specchio
guardai se i miei capelli erano bianchi.
 
Antonio Fogazzaro
 
 
nascosto, come protetto... e caro,
un viso ci manca, ci sembra lontano;
vorrei ma non posso, come sempre,
come adesso rivedo, ricordo....

giovedì 18 ottobre 2018

Apri le porte della notte..., di Joyce Mansour

Apri le porte della notte
Troverai il mio cuore impiccato
Nell’armadio i sentori dell’amore
Appesi tra gli abiti rosa dell’alba
Divorati dalle tarme, la sporcizia e gli anni
Appesi senza vestiti, stracciati dalla speranza
Il mio cuore dai sogni galanti
Vive ancora.
 
Joyce Mansour
traduzione di Marco Conti
 
 
la notte a volte così breve,
spesso lunga di ansie ed attese;
eppure...quante cose la notte,
spiraglio verso l'alba nascente...

mercoledì 17 ottobre 2018

Riflesso autunnale n°4

 questo caos intorno alimenta
fantasmi di tempi passati;
non nascondo, ho paura, timore,
la costruzione vacilla al vento,
pericolosamente oscillano anche le idee...
 
Gujil
 
Magnum Chaos,
dalle tarsie del coro di Santa Maria Maggiore di Bergamo.

martedì 16 ottobre 2018

Riflesso autunnale n°3

 
 
mi sono preso un giorno,
un giorno di requie dai miei pensieri,
un giorno per me forse, lontano,
nelle fatiscenti immagini scorgo ancora
volti risaputi e stanchi, sogni confusi;
le folle, i dubbi, le maldicenze, insieme
nel vasto crogiuolo dell'anima...
oggi si ricorda, oggi si torna ad allora...
 
Gujil

domenica 14 ottobre 2018

Anima di coloAnima di colomba mba, di Luigi Fiorentino

Anima di colomba
 
Anima di colomba o fatta d’aria,
si scioglie in trite sillabe la voce.
 
Tremante amore, la memoria resta,
il cadenzare lieve del tuo passo,
la finestra da cui guardammo il mare,
l’isola che ci accolse e ti rapì.
Ora la pioggia e il vento ho per compagni,
e la notte. Ed è lunga la notte.
Il vento è un mare. Altro mare è la pioggia.
E notte e vento e pioggia, e quest’angoscia.
 
Luigi Fiorentino
da "Un fiume d'amore, 1961
 
 
palpebre chiuse, rime baciate,
ho qualche ricordo di Grecia, di lei, colomba,
come un romantico film avvenne,
gli sguardi, le intese l'amore...

sabato 13 ottobre 2018

Riflesso autunnale n°2

 
l'asilo del tempo si inombra nella solita attesa,
qualcuno prepara una valigia pesante,
qualcuno ce l'ha solo leggera;
vedere queste partenze mi duole e rattrista,
l'attesa del tramite snerva, prova e costringe
eppure qualcosa avrà un qualche senso,
avrà una nascosta ragione...
si vive di poche cose, inutili a volte,
si vive, si passa, si muore...
 
Gujil
 
 

venerdì 12 ottobre 2018

Canto di un cittadino, di Czeslaw Milosz

Canto di un cittadino
 

Pietra del fondo, che vedeva disseccarsi i mari
e milioni di bianchi pesci con salti di tormento –
io, pover’uomo, vedo un formicaio di genti bianche e nude,
prive di libertà. E vedo il granchio che ne divora il corpo.

E stati cadere, nazioni rovinare,
fuggire i re e gli imperatori.
Poi, la potenza dei tiranni.
E adesso posso dire, in questa ora,
che esisto, sebbene tutto muoia,
che è meglio un cane vivo di un leone morto,
così come dice la Scrittura.

Io, pover’uomo, seduto su una fredda sedia, occhi serrati,
sospiro e penso a un cielo di stelle,
a spazi non-euclidei, a germinanti amebe,
e agli alti monticelli delle termiti.

Io camminando dormo, e dormendo son desto,
corro inseguito e poi vengo sommerso,
su piazze di città, sospese in un’aurora
intensa, sotto il frantume marmoreo di una porta in rovina
commercio vodka e oro.

Eppure mi capitò di esserci vicino, giungevo
al cuore del metallo, allo spirito della terra, dell’acqua,
          del fuoco,
l’ignoto scopriva il volto, come si scopre
una notte tranquilla riflessa in un ruscello.
E mi salutavano specchi di giardini
fogliati di rame, che scompaiono quando li si afferra.

E vicino, qui oltre la finestra, una serra di mondi,
dove il maggiolino e il ragno sono pianeti,
e l’atomo vagante è un rilucente Saturno,
e i mietitori portano alle labbra
il freddo boccale nell’estate che brucia.

Questo volevo e null’altro. Da vecchio mettermi
come il vecchio Goethe di fronte alla terra
e riconoscerla, e conciliarla
con l’opera, elevata
come una rocca nel bosco sopra il fiume
delle luci mutevoli e delle ombre labili.

Questo volevo e null’altro. Allora
di chi è la colpa? Perché mi è stata tolta
la giovinezza e poi l’età matura, perché hanno drogato
i miei anni migliori di sgomento? Di chi,
di chi è la colpa, o Dio, di chi?

E posso solo pensare a un cielo di stelle,
agli alti monticelli delle termiti.

Varsavia 1943-1944
 
Czeslaw Milosz
traduzione di Valeria Rossella
 

 
Eccoci, come sempre, presenti,
ricordiamo il passato e temiamo;
futuri incerti dietro le finestre dell'anima,
soli, come sempre inutilmente soli....

giovedì 11 ottobre 2018

Orazione, di Leòn Felipe


Orazione
 
Signore,io ti amo
perché giochi pulito:
Senza imbrogli - senza miracoli -;
perché lasci che esca
poco a poco,
senza trucchi - senza utopie -;
carta a carta,
senza scambi,
il tuo formidabile
solitario.


Leòn Felipe
da "Versi e orazioni del viandante" (1920-1930)
 
 
una preghiera, anch'io, ora,
per chi trapassa, per chi resta;
la prece va, in alto, sopra di noi
verso entità, nomi diversi nei cuori...

mercoledì 10 ottobre 2018

Riflresso autunnale n°1

 
vivere d'ansia, di timori,
per noi, per chi amiamo e oltre,
cosa aspettiamo in fondo se non risposte?
Le nostre domande sulla vita, la salute,
essere sempre con la luce alle spalle
per vedere bene, per guardare meglio
e abbagliare le ombre sinistre davanti a noi...
 
Gujil

martedì 9 ottobre 2018

Le più sventate e pure giovinezze..., di Daniele Piccini

Le piú sventate e pure giovinezze
hanno sguardi di diaspro e di fiume,
vi corrono le liquide fortune
della stagione che ignora ogni fine.
Lune altissime splendono, di perla,
sulla fronte pulita dove incide
la venuta del tempo nuovo un velo:
siediti, stiamo qui a parlare d’aria,
del niente che fu allora la farina
della speranza. Intanto si è portati
da queste braci ingenue, il mondo guarda
tanti lanci di fuoco tremolanti,
resiste ai loro verbi, li confonde,
sangue del sangue non ancora disperso.


Daniele Piccini
da "Inizio fine"
    
 
giovane come la furia di allora,
il sesso frettoloso e l'amore nascosto;
si viveva di attimi, di istanti,
il sole, capolino di nubi passeggere...

lunedì 8 ottobre 2018

Haiku n°2, di Jorge Luis Borges

2
 
La vasta notte
non è ora altra cosa
che un profumo.
 
Jorge Luis Borges
 
 
è davvero vasta la notte, lunga,
a volte non passa se l'ansia preme,
a volte è un attimo di mero riposo;
io, per me, preferisco assolate giornate...

domenica 7 ottobre 2018

Peccato, di Forough Farrokhzad

Peccato
 
Ho peccato, peccato, quanto piacere
nell’abbraccio caldo e ardente ho peccato
fra due braccia ho peccato
accese e forti di caldo rancore, ho peccato.
 
In quel luogo di buio silenzio appartato
nei suoi occhi colmi di segreti ho guardato,
nel palpito del petto furioso il mio cuore
tremava nei suoi occhi di desiderio in preghiera.
 
In quel luogo di buio silenzio appartato
accanto a lui al suo fianco sconvolta
la sua bocca desiderio versava tra le labbra mie,
scappata, io, dalle pene del folle mio cuore.

Gli sussurrai piano piano la melodia dell’amore:
ti voglio, ti voglio, anima mia
ti voglio, ti voglio, abbraccio che infiamma
ti voglio, amore mio pazzo.
 
Il desiderio nei suoi sguardi fiamme avvampava,
il vino nero nella coppa tremava e danzava.
Il mio corpo sul tenero letto
sul suo petto ubriaco oscillava.
 
Ho peccato, peccato, quanto piacere
accanto all’estatico fremito di un corpo.
Oddio, mio Dio, che cosa ho mai fatto
in quel luogo di buio silenzio appartato?
 
Forough Farrokhzad
da "Rivolta", 1957
Traduzione di Domenico Ingenito
 
 
quante volte ho peccato e ancora pecco,
col sentimento del bimbo che sbaglia,
col cuore sanato da mille paure;
peccare significa una sfida alla vita...

sabato 6 ottobre 2018

Scena finale, di Blanca Varela

Scena finale


ho lasciato la porta mezza aperta
sono un animale che non si rassegna a morire

l’eternità è l’oscura cerniera che cede
un piccolo rumore nella notte della carne

sono l’isola che avanza sostenuta dalla morte
o una città ferocemente accerchiata dalla vita

o forse non sono nulla
solo l’insonnia
e la brillante indifferenza degli astri

deserto destino
inesorabile il sole dei vivi si alza
riconosco quella porta
altra non c’è

ghiaccio primaverile
e una spina di sangue
nell’occhio della rosa
 
Blanca Varela
traduzione di Stefano Berardinelli
 
 
poi tutto tace, scorrono i titoli di coda,
la nostra vita come un serial, un film,
dal bianco e nero dell'infanzia al colore;
la scena finale è sempre drammatica... 

venerdì 5 ottobre 2018

Tu non hai affatto capito..., di Evgenij Evtušenko

Tu non hai affatto capito,
mia coscienza esigente, che è solo per debolezza
se adesso ho bisticciato con te.
E non hai affatto capito,
quando con disprezzo ti sei vendicata,
che causa di debolezza
non impudenza fu - stanchezza.
E non mi hai capito,
e forse io non ho capito te,
quando ti ho porto la mano
e tu non mi hai porto la tua.
Ma molto bene hai capito
che è la disperazione a portarci
alla perdita del confine, fatale,
tra le forze del bene e del male…
1975
 
Evgenij Evtušenko
 
 
incomprensioni, diversità di vedute,
la coppia spesso si scontra coi pensieri;
siamo diversi, ci completiamo, eppure,
continuiamo ad arrancare ragioni distorte...
 
 

giovedì 4 ottobre 2018

La corrente, di Wendell Berry

La corrente

Una volta affondata la mano nella terra,
seminandovi ciò che spera gli sopravviva,
un uomo ha contratto un matrimonio col suo luogo,
e se mai lo lascerà la sua carne avrà solo voglia di tornare.
La sua mano ha lasciato all’aria la sua vita d’uccello.
Si è protesa dentro il buio come una radice
iniziando a destare, veloce e mortale, nell’immutabile,
una linfa guizzante che gli scorre su fino alla testa,
perché lui veda le antiche genti di tribù chinarsi al sole,
scavando coi bastoni, aprendo la foresta
per ottenere colline di grano, zucche e fagioli,
le capanne e le tombe, e richiuderla ancora.
Lui è dichiarato loro discendente e ciò che han lasciato
nella terra ora lo irrora come un’essenza stagionale.
E vede arrivare i depositari del suo stesso sangue,
e al passaggio la foresta si rintana sottoterra,
con le mani ammassano pietre per tirar su i muri,
poi si riposano e le pietre franano ancora a terra,
per finire immobili sotto le ruote nere delle macchine.
La corrente che gli scorre dalla terra
ora lo abbandona e lui vede un suo discendente,
un giovane proteso nella terra,
ed è come una mano che al buio tiene la sua.

 Wendell Berry
da "L'ordine della natura"
traduzione di Paolo Severini


 
 
corrente, di fiume io penso, lo scorrere
il mare lo aspetta, o è un lago?
Come pesci nuotiamo la vita, i giorni,
spesso siamo contro corrente...

mercoledì 3 ottobre 2018

Un'equazione di primo grado, di Luciano Erba

Un' equazione di primo grado
 
La tua camicetta nuova, Mercedes
di cotone mercerizzato
ha il respiro dei grandi magazzini
dove ci equipaggiavano di bianchi
larghissimi cappelli per il mare
cara provvista di ombra! per attendervi
in stazioni fiorite di petunie
padri biancovestiti! per amarvi
sulle strade ferrate fiori affranti
dolcemente dai merci decollati!
E domani, Mercedes
sfogliare pagine del tempo perduto
tra meringhe e sorbetti al Biffi Scala.
 
Luciano Erba
da "Il male minore", 1960
 
 
operazione matematica la vita,
più, meno, per, diviso, semplice
eppure complicata da cose di sempre;
i momenti sono risultati ottenuti...