Un fuco nella notte
Un sole pallido
di lontananze diffonde il suo brivido
sull'alberata, e vado lentamente
nel cielo freddo, come su una tavola
azzurra e nuda. Vengo di lontano,
da un astro, forse, incontro ad una terra
nuova per me, non tanto
da non patirne: mi riduole ancora
il cammino percorso nel ricordo
del cuore stanco.
Sento nell'aria perplessa un profumo
di sofferenza conosciuta e nuova.
Questa è la terra, che già fu misura
del mio dolore. Corre silenziosa
negli spazi invernali, dolce, pallida
col suo viso d'inferma. Ha nei suoi fianchi
i vivi e i morti, e ci aggrappiamo a lei
nella sua corsa infinita. Dovrò
ritornare a soffrire
col tremito dell'albero, con l'uomo
sconosciuto che passa.
Un solo stampo
per quest'unica vita, astro che dormi.
Rivedo la tua scorza che s'indura
nel rigore del cielo, ti contemplo
come dall'alto nel paesaggio scabro
di monti e valli, simili a rovine
formate dai millenni. In quelle buche
elaboriamo brevemente il miele
della nostra esistenza; e ti richiudi
queta su noi come una culla. Penso
al tuo fianco ferito
che mi porta e mi nutre, a quella piega
quasi di carne che mi copre, al giorno
che morirai lucendo per un attimo,
al puro sogno e alla bellezza intera
d'essere stati un fuoco nella notte.
1956
Lino Curci
da "Un fuoco nella notte"
|
Vincent Van Gogh
"Contadino che brucia sterpaglie"
collezione privata, 1883 |
potrebbe essere un segnale, un avviso,
finalmente un segno che possa servire,
ma non è detto, è ingannevole, fatuo,
una pira che brucia innumerevoli morti...