La tua malattia
La tua malattia suona e canta
fino a notte fonda
corre tra i boschi e le città
rotola nel fiume
esonda dalla cartella
raschia il cemento
ti fa più bella
non è un lamento che ulula
alla luna e al marciapiede
ma una carezza stridula
un’ode alla notte e una lode
alla mattina
secerne brina e poesia
una felicità strana e insolente
la tua dissonante liturgia
è una sincope
che muove le onde
spezza le parole tonde
non combatte non s’arrende
apre al vento una vela
sei tu Michela
la donna che ruba il fuoco
e la mela
che sfonda l’orizzonte
e nuota e danza e vola
fino a sfiorare dio
che sonda l’infinito
il mai iniziato
che abita sveste ammala
il tempo col suo fiato
che stana e accoglie
il buio del passato
col suo spartito di latte e di lana
i solfeggi e le flebo d’amore
il dolore che sbatte le ali
e questa trasfusione di sogni
e di dodecafonia
che scompone ogni sapere
sangue urina peste morfina
e monta questa musica
curativa e celeste
alle porte alle finestre
sul proscenio del discernimento
esposta all’incanto
fatto racconto
arcano nuragico marino
ma tu non sei un grammofono
neppure un manichino
sei vera e lucente come il mattino
mentre seduci la morte
e le fai un inchino.
Nichi Vendola
come un amico soffre e geme;
nel dolore di malattie indicibili
scemano le ragioni di Dio...

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