La lattaia di Vermeer
Le braccia – forti, pulite –
sono scoperte sino ai gomiti.
Una mano sostiene
da sotto il bricco in terracotta,
l’altra lo tiene saldamente
da sopra,
piegandolo appena
sopra una ciotola
posta sul tavolo
fra una pagnotta sferica
in un canestro
e un’anfora rigonfia.
Un sottile rivolo di latte
si allunga dal bricco
alla ciotola,
legando insieme
l’intero dipinto.
A sinistra sta la finestra.
Il capo della giovane
è appena inclinato
sulla sua spalla,
i capelli sono raccolti sotto
la cuffia olandese inamidata
con una falda stretta
e l’altra un poco distesa.
Gli occhi, abbassati,
guardano il latte
che continua a fluire.
Non è questo potere dell’arte
davvero meraviglioso?
I secoli scorrono
oltre il bricco in terracotta
mentre si inclina sopra la ciotola
con un angolo immutato,
le guerre imperversano,
le città vengono distrutte dagli incendi,
le navi affondano
e gli aerei si schiantano al suolo,
i governi, gli stati, le nazioni e le filosofie
vanno e vengono,
il mondo si rinnova,
divenendo irriconoscibile.
Eppure questo sottile rivolo bianco di latte
continua a fluire
dal bricco alla ciotola,
e il bricco è ancora pieno,
e il volto
della giovane che non invecchia
trabocca di quiete.
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