Al sonno
Sonno soave, il tuo suggello nero
sopra l'aride palpebre m'imprimi.
Sosta a lungo su me, tu che sopprimi
tedio di vita e male di pensiero.
Fasciami di torpor, se il tuo mistero
non ha asprezza d'aneliti che limi,
se i più dolenti s'inabissan primi
nel nulla d'un morire passeggiero.
Non darmi sogni; lasciami in letargo
giacer, con le tue dita sui miei cigli,
sotto il tepor del tuo mantello largo.
Se puoi, le dita sui miei occhi tieni
fin che il Signore mio giunga e bisbigli
al mio orecchio: – È l'aurora. Alzati e vieni!
Amalia Guglielminetti
e il sonno spesso è incubo;
ansiogene giornate ricalcano
notti a correre il mattino...
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