Aspettando le vesti
Il giorno che i dottori e le infermiere
hanno i loro colloqui settimanali coi pazienti,
siedo aspettando il mio turno fuori dello studio,
schiena al muro, gambe raccolte sotto il mento,
giocando con il lembo della mia camicia bianca da
ospedale.
Hanno preso ogni cosa che a loro giudizio
doveva esser presa – le mie vesti, i miei libri,
la mia musica, come se venir spogliata
facesse parte della cura, come rimuovere il fodero
da una lama che ha fatto strage.
Hanno detto: aspetta qualche giorno, e se fai la
brava
potrai riavere le tue cose. Avevano preso
il mio diario, la mia parola fatta carne, e penso
a questi dottori che mi conoscono nuda,
mi tengono per la spina dorsale, due dita
sotto il collo, come si tiene un bimbo,
mi cavano l'anima dalle costole,
sfogliano le pagine dei miei pensieri,
come se mi leggessero la mano,
il mio nome sotto di loro come una confessione,
che sono padroni di questa ragazza, che rivendicano
questo mondo di oscurità, leggerezza, morte
e nascita. È nelle loro mani come una sagola di
salvataggio,
e io mi sento in caduta libera o a pezzi.
Sentono la mia voce mentre leggono
e pensano: Chi è questa ragazza che parla?
Io conosco la fine, a loro lo dice lei.
È l'ultima riga, sia sorgente che termine.
È ciò per cui gli oceani cantano, come si muove
il sole,
un luogo per i cartografi dove cominciare.
Dietro la porta, niente è detto.
Come sogni, le mie vesti escono dalle scatole.
Leanne O'Sullivan
da " Sogno di nascita"
traduzione di Alessandro Gentili
traduzione di Alessandro Gentili
non ho mai amato i vestiti,
qualche camicia colorata si,
no mi sono mai piaciuti i fronzoli;
aspetto ancora approvazioni palesi...