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sabato 14 luglio 2018

Finibus terrae, di Vittorio Bodini

Finibus terrae

 

Vorrei essere fieno sul finire del giorno
portato alla deriva
fra campi di tabacco e ulivi, su un carro
che arriva in un paese dopo il tramonto
in un’aria di gomma scura.
Angeli pterodattili sorvolano
quello stretto cunicolo in cui il giorno
vacilla: è un’ora
che è peggio solo morire, e sola luce
è accesa in piazza una sala da barba.
Il fanale d’un camion,
scopa d’apocalisse, va scoprendo
crolli di donne in fuga
nel vano delle porte e tornerà
il bianco per un attimo a brillare
della calce, regina arsa e concreta
in questi umili luoghi dove termini, Italia, in poca rissa
d’acque ai piedi d’un faro.
È qui che i salentini dopo morti
fanno ritorno
col cappello in testa.

 
Vittorio Bodini
da "La luna dei Borboni e altre poesie"
 
 
alla deriva, da sempre, anche adesso,
questo beccheggiare nel mare della vita;
go riposto fiducia negli altri, in me,
ora provo dolore, profondo, dentro...

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