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martedì 6 marzo 2018

Pelle azzurra, di Alfonso Gatto


Pelle azzurra

 Chi stringe i venti, e annebbia le specchiere
oltre i mari d'autunno, nell'alone
delle polveri cieche?
Tutta la notte nella pioggia ho visto
sparire la città, tremava il palco
il fradicio dei legni sul mareggio
della laguna, e la lumaca cieca
intrepida sbavava la sua strada.
L'amore era il sudario dei miei volti
affacciati da sempre,
le palpebre pesanti, il naso duro
come il silenzio fermo sulle labbra.
Mi dicevo di me ch'ero al tuo riso
lontano l'ombra che scavalca i ponti
il dannato che insegue la sua fuga.
Vicina eri il puntiglio della grazia
che tiene a bada la sua smania e al filo
degli occhi le tue ciglia da moscone,
il raggiro assonante dell'insidia.


Alfonso Gatto
 
 
come avatar imprevisto nel mondo,
come solito essere sempre, solo a volte,
l'amore, già l'amore, ricordo ancora;
in un solo secondo rivivo e sbiadisco...

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