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mercoledì 1 agosto 2018

67., di Angelo Maria Ripellino

67.
È tanto che non ti scrivo. Non ho tue notizie. Ma sempre
spero che un giorno tu possa tornare
nella città che hai cantato.
Come stupide navi si dissolvono gli anni.
Io recito al Wolker. Sono serena. Il passato
lo tengo lontano, sui margini, come un intruso.
C’è solo un filo di ignobile malinconia,
che trapela talvolta di sotto una porta,
ma io riesco a tagliarlo, fingendomi ottusa
e decrepita come una mummia di Strindberg.
La primavera ha inondato di bionde forsythie
la piccola casa in cui vivo, in cui studio le parti.
Com’è duro parlarsi a distanza,
quando l’armadio del cuore
vorrebbe aprirsi in un fiotto di chiacchiere.
Eppure vedrai, se verrai: dopo secoli
non avremo che dirci, vi sarà solo un attonito,
goffo, appallottolato, bruciante silenzio.

Angelo Maria Ripellino
da Lo splendido violino verde
 
 
perché la musica suoni ancora, bella,
in un roseo contesto di cose sparse e vaghe
come cineserie inutili, frivole, di pessimo gusto;
i miei poeti ammiccano dietro la calura...


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