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domenica 24 marzo 2013

Speranza, di Arturo Graf

Speranza

Immobilmente solitario e tetro
Lo sconfinato pelago si stende;
Alta in un cielo di spulito vetro
La luna come ammaliata splende.

Di mezzo all’onde morte una gran rupe
Di livido basalto alza le terga,
E orribil mostro par che dalle cupe
Profondità voraginose emerga.

Lì, bilicato sulla pietra bruna,
Si leva un brigantin; nessun sa donde
Venuto e come, né per qual fortuna
Lassù lanciato dal furor dell’onde.

Negro  é lo scafo; alle troniere i bruni
Cannoni stanno immobili all’agguato;
Il diagramma delle tese funi
E degli alberi in ciel sembra segnato.

Di fulvo e terso rame una sirena
Rutila a prora e guata il ciel remoto:
Assicurata ad una gran catena
Pende ivi presso l’ancora nel voto.
 
Nella custodia di metal, diritto,
S’appunta l’ago all’immutabil polo:
Sovra la poppa a cifre d’oro é scritto:
Speranza.

Arturo Graf


ancora piove
sulle mie tendenze.
sulle speranze;
gocce fredde di marzo,
viole nei campi,
primule ai cigli...

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