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giovedì 31 dicembre 2015

Close to the end, di Gujil

Close to the end
 
ci siamo, sta finendo,
non faccio bilanci, stime,
questo silenzio mattutino
mi ammalia, mi strega...
Il fine ultimo?
A domani!
 
Gujil
 
 

mercoledì 30 dicembre 2015

E' che imbianco l'esistenza, di Alfredo de Palchi

 
È che imbianco l'esistenza
 
È che imbianco l'esistenza
con il lavoro
           e con il soldo pronto
a saldare ogni mese le fatture dei misfatti
a puntellare i debiti con la bruttura costante
e poi vedere
quasi sentire che in me la bellezza
c'è e intorno al mattino –
che continui così continui
perché io sia in piedi davanti
a tante sberle di facce.
 
Alfredo de Palchi
 
 
esistere, resistere,
vivere insomma, con garbo,
con dignità; non guasta
un po' di "savoir faire"

martedì 29 dicembre 2015

Dicembrino #3

Mi brucia la gola,
le polveri sottili, questo anomalo sole;
Dicembre 2015,
una quasi primaverile brezza
mi stronca i polmoni provati,
l'inquinamento impazza,
il mondo muore
e noi?..
si fa un po' di guerre...
 
Gujil
 
 

lunedì 28 dicembre 2015

Sic transit!, di Anonimo

Sic transit!
 
Così,
di giorno in giorno,
partenza e ritorno.
Nel serio pensiero
mi scorgo;
orizzonte sfuocato,
terra!
un solo riscontro.
Peregrino,
emigrante,
errabondo,
ramingo,
solo!
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 
 

domenica 27 dicembre 2015

Rose Ausländer

 
Separazione
 
Ti separerai
dagli alberi di magnolia
e dal giubilo degli uccelli
 
dalla tua casa
e dalle mani
che la rendono abitabile
 
dall'abitudine ostinata
di aprire gli occhi
e chiuderli
quando il sogno ti chiama
 
dalla parola
che ti ha creato
 
Ti separerai
dalla tua ombra
che per tutta la vita
ti ha inseguita nella luce
 
La terra si separerà
da te
dall'amore tuo per lei
 
Rose Ausländer
Traduzione di Elisabetta Potthoff
 
Eduard Munch,
"Separazione"
1896, Oslo munch-museet
 
lontani nell'anima,
vicini nel cuore;
amanti discreti soffrono,
amanti consueti aspettano...

sabato 26 dicembre 2015

Stasera s'indovina al chiaro delle nevi..., di Leonardo Sinisgalli


Stasera s’indovina al chiaro delle nevi
Che il giorno avanza con passi di gallo.
Dalla mia stanza erta
Guardo il ballo delle ombre nel solstizio.
C’è nell’aria un indizio
Di vita nuova, una speranza certa.
Forse è cuore che smania
In questa bianca squilla remota
O il vento che si stana.
Tra lo stridore delle pale il giorno
Vuoto è scacciato, un anno s’allontana
La luna tardi splenderà sul selciato.
 
Leonardo Sinisgalli

Annibale Carracci,
Il martirio di Santo Stefano


Il giorno dopo Natale,
così strano, così solo.
Tutto sembra finito, passato,
ora è tempo di pensare all'inverno,
ad un anno che presto finirà;
che strano giorno.
 
Gujil

venerdì 25 dicembre 2015

La Notte Santa, di Guido Gozzano

 
La Notte Santa
 
- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca
lentamente le sei.
- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe
Il campanile scocca
lentamente le sette.
- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.
Il campanile scocca
lentamente le otto.
- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.
Il campanile scocca
lentamente le nove.
- Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...
Il campanile scocca
lentamente le dieci.
- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.
Il campanile scocca
le undici lentamente.
La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?
- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.
È nato!
Alleluja! Alleluja!
È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d'un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill'anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill'anni s'attese
quest'ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
Risplende d'un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.
È nato!
Alleluja! Alleluja!

Guido Gozzano
 
Carlo Maratta (Camerano di Ancona 1625 - Roma 1713)
"La Notte Santa"
solo auguri oggi,
niente di speciale, siate sereni,
cercate di esserlo

Gujil

giovedì 24 dicembre 2015

Eve, di Anonimo

 
Eve
 
Spuntati rami adornano
cinture d'asfalto, catrame,
richiamano
torme di piccioni famelici
a rintuzzare bocconi di pane;
le viole nel vaso
abbassano gli occhi,
è un inchino silente,
le luci colorate
sono spente
nel grigio mattutino.
 
Anonimo
del XX° secolo
poesie ritrovate

mercoledì 23 dicembre 2015

I profumi, di Amalia Guglielminetti

I profumi
 
Nel solco di profumo che si scava
talor fra il vario ansare d'una via
quasi un languor voluttüoso grava.

Ma il desiderio torbido si svia
dietro l'ignoto passo che pel vano
suo ardore allunga l'olezzante scìa,

sfogliando un fiore, o sminuzzando un grano
d'ambra, o stillando issopo e benzoino,
già con altri confuso e già lontano.

Fruscìo di seta, o palpitar di lino,
o sviluppo di chiome, come odori,
fiato che, quasi a notte da un giardino,

da tutto un corpo tepido vapori!
 
Amalia Guglielminetti
 
 
aromi addosso, sul corpo,
profumi eccitanti, suadenti;
la via della follia,
una donna, le calze, i capelli,
ricciolo ribelle lungo la nuca...

martedì 22 dicembre 2015

In un album, di iIbsen

In un album
 
Ti chiamavo la mia fata benefica,
ti dicevo la mia stella.
Buon Dio! Tu fosti tutto questo, è vero:
una fata fuggitiva,
una stella.... una stella cadente
che si è spenta in lontananza.
 
Henrik Ibsen
 
 
guardare indietro, cercare,
vedere cose scordate, accantonate;
angoli della mente ogni tanto,
riaffiorano cose e persone...

lunedì 21 dicembre 2015

All'aurora, di Giousué Carducci


All'aurora
 
Tu sali e baci, o dea, co 'l rosëo fiato le nubi,
baci de'de' marmorëi templi le fosche cime.
Ti sente e con gelido fremito destasi il bosco,
spiccasi il falco a volo su con rapace gioia;
mentre ne l'umida foglia pispigliano garruli i nidi,
e grigio urla il gabbiano su 'l vïolaceo mare.
Primi nel pian faticoso di te s'allegrano i fiumi
tremuli luccicando tra 'l mormorar de' pioppi:
corre da i paschi baldo vèr' l'alte fluenti il poledro
sauro, dritto il chiomante capo, nitrendo a' venti:
vigile da i tuguri risponde la forza de i cani
e di gagliardi mugghi tutta la valle suona.
Ma l'uom che tu svegli a oprar consumando la vita,
te giovinetta antica, te giovinetta eterna
ancor pensoso ammira, come già t'adoravan su 'l monte
ritti fra i bianchi armenti i nobili Aria padri.
Ancor sovra l'ali del fresco mattino rivola
l'inno che a te su l'aste disser poggiati i padri.
- Pastorella del cielo, tu, frante a la suora gelosa
le stalle, riadduci le rosse vacche in cielo.
Guidi le rosse vacche, guidi tu il candido armento
e le bionde cavalle care a i fratelli Asvini.
Come giovine donna che va da i lavacri a lo sposo
riflettendo ne gli occhi il desïato amore,
tu sorridendo lasci caderti i veli leggiadri
e le virginee forme scuopri serena a i cieli.
Affocata le guance, ansante dal candido petto,
corri al sovran de i mondi, al bel fiammante Suria,
e il giungi, e in arco distendi le rosee braccia al gagliardo
collo; ma tosto fuggi di quel tremendo i rai.
Allora gli Asvini gemelli, cavalieri del cielo,
rosea tremante accolgon te nel bel carro d'oro;
e volgi verso dove, misurato il cammino di gloria,
stanco ti cerchi il nume ne i mister de la sera.
Deh propizia trasvola - cosí t'invocavano i padri -
nel rosseggiante carro sopra le nostre case.
Arriva da le plaghe d'orïente con la fortuna,
con le fiorenti biade, con lo spumante latte;
ed in mezzo a' vitelli danzando con floride chiome
molta prole t'adori, pastorella del cielo. -
Cosí cantavano gli Aria. Ma piàcqueti meglio l'Imetto
fresco di vénti rivi, che al ciel di timi odora:
piàcquerti su l'Imetto i lesti cacciatori mortali
prementi le rugiade co 'l coturnato piede.
Inchinaronsi i cieli, un dolce chiarore vermiglio
ombrò la selva e il colle, quando scendesti, o dea.
Non tu scendesti, o dea: ma Cefalo attratto al tuo bacio
salía per l'aure lieve, bello come un bel dio.
Su gli amorosi venti salía, tra soavi fragranze,
tra le nozze de i fiori, tra gl'imenei de' rivi.
La chioma d'oro lenta irriga il collo, a l'omero bianco
con un cinto vermiglio sta la faretra d'oro.
Cadde l'arco su l'erbe; e Lèlapo immobil con erto
il fido arguto muso mira salire il sire.
Oh baci d'una dea fragranti tra la rugiada!
oh ambrosia de l'amore nel giovinetto mondo!
Ami tu anche, o dea? Ma il nostro genere è stanco;
mesto il tuo viso, o bella, su le cittadi appare.
Languon fiocchi i fanali; rincase, e né meno ti guarda,
una pallida torma che si credé gioire.
Sbatte l'operaio rabbioso le stridule impòste,
e maledice al giorno che rimena il servaggio.
Solo un amante forse che placida al sonno commise
la dolce donna, caldo de' baci suoi le vene,
alacre affronta e lieto l'aure tue gelide e il viso:
- Portami -, dice, - Aurora, su 'l tuo corsier di fiamma!
ne i campi de le stelle mi porta, ond'io vegga la terra
tutta risorridente nel roseo lume tuo,
e vegga la mia donna davanti al sole che leva
sparsa le nere trecce giú pe 'l rorido seno. -
 
Giousué Carducci
Odi barbare
 
 
quell'alba aspettata, attesa,
il chiarore che spazza l'oscuro;
inizio, incomincio il mio giorno,
il cuore sospeso allo sguardo... 

domenica 20 dicembre 2015

La partita, di Dunya Mikhail

La partita
 
È soltanto una pedina
salta sempre nella casella opposta
non si volta a destra né a sinistra
non si guarda indietro
è mossa da una regina demente
che attraversa la scacchiera in lungo e in largo
e non si stanca di portare bandiere
                                            e insultare gli alfieri
È soltanto una regina
mossa da un re sventato
che conta i quadrati ogni giorno
sostenendo che sono di meno
e prepara torri e cavalli
sognando un accanito rivale
È soltanto un re
mosso da un abile giocatore
che si rompe la testa
e perde il suo tempo in una partita infinita
È soltanto un giocatore
mosso da una vita vuota
in bianco e nero
È soltanto una vita
mossa da un dio confuso
che un giorno ha provato a giocare con l'argilla
È soltanto un dio
che non sa come uscire dal guaio in cui si è cacciato.


Dunya Mikhail
Il mito più forte della guerra
Traduzione di Elena Chiti
 
 
è vero siamo pedine sulla scacchiera di Dio,
quale di noi Re o alfiere? chi Cavallo?
Ci muoviamo tirati da fili invisibili,
ne strappiamo qualcuno ma tanti, troppi,
ci legano a noi stessi e a ciò che siamo,
mai a ciò che noi vogliamo...

sabato 19 dicembre 2015

Dicembrino#3

le paratie del cuore scendono,
non riparano più, sono fragili,
si stempera in noi lo spirito,
in larghe volute di ansia.
Le attese, scrivevo,
i giorni di pioggia...
anche quelli di freddo...
 
Gujil
 
 

venerdì 18 dicembre 2015

Esortazione, di Arturo Graf

Esortazione
 
Anima mia, come un ruscel di pura
Vena, che tragga, mormorando al vento,
Il lucente e sottil serpeggiamento
Tra le selci e la sabbia alla pianura,
Tu va pel mondo; assai aspro il cimento,
Assai la via ti parrà forte e dura;
Tu non temer, ma per la valle oscura
Traggi cantando il filo tuo d’argento.
Corri tra ’l limo e tergi la proclive
Zolla, ma l’immortal lampo del sole
Specchia nell’onde intemerate e chiaro.
Nutri dell’umor tuo sulle tue rive
Purpuree rose e pallide vïole
E senz’angoscia affretta il corso al mare.
 
Arturo Graf
 
 
affoghiamo nel quotidiano,
piccoli problemi come monti;
le cose di sempre e le ansie,
qualche raggio di luce...

giovedì 17 dicembre 2015

Vecchiaia, di Ghiannis Ritsos

 
Vecchiaia
 
Ah, sì, invecchiano anche le statue e le poesie.
Molti avevano preso parte a quella storia –
uomini, animali, bambini, fiumi, alberi,
ragazzi e ragazze con motociclette, due papere
bianche,
il matto silenzioso con una cicca e una galletta;
ed era un mezzogiorno estivo d'oro e sventolavano
le piume della gallina sgozzata luccicando in aria,
e la zia Evanghelìa in cucina puliva le bamie,
e una grossa farfalla si posò sulla saliera.
Nessuno, proprio nessuno allora sapeva
che il transitorio passa nel mito. Alla stazione del treno
venne a sedersi su una panchina una vecchia vestita
di nero
che teneva sul grembiule un cesto d'uova come se fosse
l'unica cosa che aveva al mondo. Si addormentò lì.
Qualcuno di passaggio le rubò il cesto. E cadde la notte.
Ah, sì, invecchiano anche le statue e le poesie e i ricordi
degli eroi.
 
Karlòvasi, 23.VII.87
 
Ghiannis Ritsos
Traduzione di Nicola Crocetti
 
 
arriva, lo sento,
capisco che viene, mi avvolge;
a volte le sfuggo,
ma solo a volte...

mercoledì 16 dicembre 2015

Meditazione dicembrina#2

a volte bisogna capire,
a volte basta comprendere;
siamo isole a volte frustate dal mare,
più spesso, invece, ci accarezza...
 
Gujil
 
 

martedì 15 dicembre 2015

Ritratto morale, di Giovanni Prati

Ritratto morale

Or che pinto è il di fuor, l’intimo sguardo
Tenti l’intima vita, e tragga il vero.
Son uom; dunque ier prode, oggi codardo;
Guato il mondo, al ciel penso e di là spero.
Mesto e gaio in brev’ ora; umile e altero;
Subitano al concetto, all’opra tardo;
Vago di lode, indocile d’impero;
Soave, e un po’ talor brusco e beffardo.
Ma simulato mai. Credo al ben; tento
Di farlo; amo chi il fa; spregio la ingrata
Genìa de’ vili; ardite cose io sento.
E come sento, arditamente dico.
Che val s’io batterò via sconsolata?
Son più del ver che di me stesso amico.
 
Giovanni Prati
 
 
quale sarà quello mio?
aspetto esteriore, interiore,
pensieri concreti, astratti,
viso che ride, che piange...

lunedì 14 dicembre 2015

Quest'anno è come l'anno... di Thomas Bernhard

  
1
 
Quest'anno è come l'anno di mille anni fa,
noi portiamo la brocca e sferziamo la schiena della vacca,
falciamo e non sappiamo nulla dell'inverno,
beviamo mosto e non sappiamo nulla,
presto saremo dimenticati
e i versi svaniranno come neve davanti alla casa.
 
Quest'anno è come l'anno di mille anni fa,
guardiamo nel bosco come nella stalla del mondo,
mentiamo e intrecciamo cesti per mele e pere,
dormiamo mentre le intemperie consumano
davanti alla porta le nostre scarpe infangate.
 
Quest'anno è come l'anno di mille anni fa,
non sappiamo nulla,
non sappiamo nulla del declino,
delle città sprofondate, del vortice in cui sono affogati
cavalli e uomini.
 
Thomas Bernhard
Traduzione di Samir Thabet
 
 
 
inverno di freddo relativo,
eppure lo sento, lo soffro,
il lato sinistro è dolente,
la mano fatica a colmare...

domenica 13 dicembre 2015

Di brezze, di Anonimo

Gian Carlo Calma
Brezza autunnale
 
Di brezze
 
Le mie vele si gonfiano
ancora di brezze incostanti,
la barca che sono stenta,
la rotta è insicura e stanca.
 
La randa si affloscia, fantasma,
di quello che un tempo,
di chi si infondeva coraggio.
 
Né onda né spuma,
solo lieve umidore
sentore di un recente passato,
di un pesante presente.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate


sabato 12 dicembre 2015

Si, perchè siamo avari di mare?.. di Alceo

1.
 
Sì, perché siamo avari di mare?
Ci siamo buttati in un letargo
che è il ritratto dell'inverno.
Ma se ci leviamo in fretta
diamo mano alle pertiche,
liberiamo la nave, la facciamo
filare dritta con il cuore allegro,
altro che sbornia, avremo il fatto nostro.
 
Alceo
 
Stefania Rinaldi
"Il mare d'inverno a Viareggio"
 
siamo avari anche di sole,
avari di monti e pianure;
siamo avari di anima e cuore,
siamo uomini in fondo...

venerdì 11 dicembre 2015

Dicembrino#1

incrocio le dita
in un gesto consueto;
l'attesa che preme,
la prece;
attimi dissolti dal feddo,
pensieri scontati...
 
Gujil
 
 

giovedì 10 dicembre 2015

Preghiera, di Arturo Graf

Preghiera
 
Biondo raggio di sol che squarci i biechi
Nugoli e dal fulgente etra rimovi,
Biondo raggio di sol che fai tra sbiechi
Macigni rinverdir triboli e rovi;

Tu che alla terra irrigidita arrechi
novo calor, tu ch’ogni amor rinnovi,
Tu dell’anima mia penetra i ciechi
Abissi e il tuo vital lume vi piovi.

Benigno scendi nel mio cor: del forte
Sonno i lacci e le tetre ombre disserra,
Dissipa il gel dell’odïata morte.

E tu, se tanto tua virtude avanza,
Fa rispuntar dall’indurata terra
L’odorifero fior della speranza.
 
Aturo Graf
 
 
preghiera per avere conforto,
per dare speranza,
per chiedere aiuto,
preghiera per risolvere
preghiera per amore...

mercoledì 9 dicembre 2015

Ma l'adulata giovinezza passa..., di Mimnermo


 (...)
Ma l'adulata giovinezza passa
 fugace come un sogno, e già è sospesa sul capo
la vecchiaia che sforma, dolorosa,
 odiata e disprezzata, e fa d'un uomo uno sconosciuto.
 
Mimnermo
 
Hans Baldung Grien,
Le tre età della donna e la morte

Jeunesse!
ricordi, rimpianti, rivisi;
correre, nebbie e neve;
piangere, ridere, vivere!.. 

martedì 8 dicembre 2015

Vi sono giorni in cui..., di Charles Pégut

Vi sono giorni in cui santi e patroni non bastano più…
Bisogna prendere allora il coraggio a due mani
e volgersi direttamente a Colei che è al di sopra di tutto.
Essere arditi…
Sempre qualcosa manca alle creature,
e non soltanto di non essere Creatore.
Alle carnali, sappiamo, manca d’esser pure;
alle pure, dobbiamo saperlo, d’esser carnali.
Una sola è pura pur essendo carnale;
una sola è carnale pur essendo pura.
Ecco perché la Vergine non è solo
la più grande benedizione discesa su tutto il creato;
non solamente la prima fra tutte le donne
“benedetta fra tutte le donne”;
non solamente la prima fra tutte le creature;
ma l’unica, l’infinitamente unica
infinitamente rara creatura.
                                                                       
Charles Péguy
 
Carlo Francesco Nuvolone
 "Immacolata concezione"
 
una dedica alla Madonna,
madre tra madri, umana;
fuori da dispute e posizioni,
solo mamma...madre...

lunedì 7 dicembre 2015

Ritratto fisico dell'autore, di Giovanni Prati

Ritratto fisico dell'autore

Alto e giusto di forme, e brun di volto;
Nero di ciglia; intento occhio che splende;
Fronte mobile ed ampia; il crin mi scende
Giù per le spalle abbandonato e folto.

Sotto i mustacchi impallida o s’accende
Il labbro; agil la voce, il piede ho sciolto;
Pronti i gesti; talor l’abito incolto;
Ecco il visibil che di me si rende.

I pochi o i tanti che non m’han veduto,
Come leggendo suol crear l’affetto,
Mi fingono sottil, macro e sparuto;

Ma in viso il fior della salute io mostro.
Che importa mai? Si scrive carmi; e il petto
Fuor manda sangue a colorar l’inchiostro!
 
Giovanni Prati
 
 
poeta malandrino e sdolcinato,
muovo frasi e improbabili rime,
il foglio accoglie ed imprime
il colore e l'ardore di sempre...

domenica 6 dicembre 2015

Di dicembre#0

 
ticchettio insistente alle spalle,
l'orologio che invita al mattino;
questo Dicembre d'attesa,
quest'inverno che tarda a venire...
la testa è ricolma da sempre,
come sempre e per sempre...
 
Gujil

sabato 5 dicembre 2015

Se camminando vado solitario..., di Carlo Michelstaedter

Se camminando vado solitario
per campagne deserte e abbandonate
se parlo con gli amici, di risate
ebbri, e di vita,

se studio, o sogno, se lavoro o rido
o se uno slancio d'arte mi trasporta
se miro la natura ora risorta
a vita nuova,

 
Te sola, del mio cor dominatrice
te sola penso, a te freme ogni fibra
a te il pensiero unicamente vibra
a te adorata.

 
A te mi spinge con crescente furia
una forza che pria non m'era nota,
senza di te la vita mi par vuota
triste ed oscura

 
Ogni energia latente in me si sveglia
all'appello possente dell'amore,
vorrei che tu vedessi entro al mio cuore
la fiamma ardente.

 
Vorrei levarmi verso l'infinito
etere e a lui gridar la mia passione,
vorrei comunicar la ribellione
all'universo.

 
Vorrei che la natura palpitasse
del palpito che l'animo mi scuote...
vorrei che nelle tue pupille immote
splendesse amore. -

 
Ma dimmi, perché sfuggi tu il mio sguardo
fanciulla? O tu non lo comprendi ancora
il fuoco che possente mi divora?...
e tu l'accendi...

 
Non trovo pace che se a te vicino:
io ti vorrei seguir per ogni dove
e bever l'aria che da te si muove
né mai lasciarti. -

 
Carlo Michelstaedter
31 marzo 1905
 
 
vorrei..., i vorrei...
quante volte, perché?
vorrei, vorrei, vorrei,
e ancora vorrei...

venerdì 4 dicembre 2015

Il senso ordinario delle cose, di Wallace Stevens

Il senso ordinario delle cose
 
Cadute le foglie, torniamo
al senso ordinario delle cose. È come se
avessimo esaurito l'immaginazione,
inanimi in un savoir inerte.
 
È difficile persino scegliere l'aggettivo
per questo freddo vacuo, questa tristezza senza causa.
La grande struttura è diventata una casa modesta.
Nessun turbante percorre i pavimenti immiseriti.
 
La serra ha più che mai bisogno di una riverniciatura.
Il comignolo ha cinquant'anni e pende da una parte.
Uno sforzo fantasioso è fallito, una ripetizione
nella ripetitività di uomini e mosche.
 
Eppure l'assenza dell'immaginazione doveva
essa stessa essere immaginata. Il grande stagno,
il suo senso ordinario, senza riflessi, foglie,
fango, acqua come vetro sporco, espressione di un certo
 
silenzio, il silenzio di un topo uscito a vedere,
il grande stagno e lo sfacelo delle ninfee, tutto ciò
doveva essere immaginato come una conoscenza inevitabile,
imposta, come impone una necessità.

Wallace Stevens
La teoria della vita
Traduzione di Massimo Bacigalupo
 
 
le cose normali, quelle di sempre,
alterate da pensieri trasversali,
infinite cose di sempre,
costeggiano, accompagnano...