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lunedì 31 ottobre 2016

La lontananza, di Juan Gelman

La lontananza
 
Questo aroma di te/ sale?/scende?/
 viene da te?/da me?/in che altro
 mi dovrei trasformare?/che altro
 di me/dovrei essere/
 per sapere/vedere/i frammenti
 di mondo che in silenzio unisci?/
 così bruci distanze?/
 mi restituisci al mio animale?/così
 mi dai grandezza/o corpo
 che invadi con la tua assenza?/
 con il tuo sguardo che
 non tornerà al tuo occhio/già febbre
 senz’altro padrone che il cammino?/
 sei qui/è come dire/tutto è qui/
 il vuoto e l’unione/e tu/e la
 disordinata solitudine/
 
Juan Gelman
traduzione  Laura Branchini
 
 
si è lontani quando non ci si vede,
anche quando non ci si tocca,
quando non ci si può abbracciare;
è lontananza, tristezza, solitudine...

domenica 30 ottobre 2016

Qualche amarezza, di amalia Guglielminetti


Qualche amarezza
 
Tu ieri con le tue pallide mani
per altre donne ancor sfogliavi rose,
per altre già ne sfoglierai domani.
 
Oggi la tua sottile arte compose
per me una lieve ghirlandetta molle
da scomporre con dita desïose.
 
Insieme noi sfacemmo le corolle
soavi per estrarne ogni dolcezza,
per gustarla con bocca un poco folle.
 
Pure, non so da chi, qualche amarezza
mi viene: forse dalla donna ignota
che sentirà domani la carezza
 
del tuo respiro sopra la sua gota.
 
Amalia Guglielminetti
da "Le seduzioni delle vergini"
 
 
solo qualche? o tante?
amarezza è qualcosa che ti delude,
qualche stralcio di vecchio, di antico;
nel fuori di sé le risposte...e le domande...

sabato 29 ottobre 2016

Taci, anima stanca di godere..., di Camillo Sbarbaro


Taci, anima stanca di godere
e di soffrire – all’uno, all’altro vai
rassegnata –
Ascolto e mi giunge una tua voce.
Non di rimpianto per la miserabile
giovinezza, non d’ira o di rivolta
e neppure di tedio.
Ammutolita
giaci col corpo in una disperata
indifferenza.
Non ci stupiremmo,
non è vero, mia anima, se adesso
il cuore s’arrestasse, se sospeso
ci fosse il fiato…
Invece camminiamo.
E gli alberi son alberi, le case
sono case, le donne
che passano son donne e tutto è quello
che è – quello che è.
La vicenda di gioia e di dolore
non ci tocca. Perduto ha la voce
la sirena del mondo e il mondo è un grande
deserto.
Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso.

Camillo Sbarbaro
 

Celeste, artista Bologna
"Anima Stanca"
 
il silenzio dopo il dolore,
la tristezza accompagna il pianto,
arriva il mese dei morti,
i giardini si riempiono di colori,
i cimiteri si affollano di gente...

venerdì 28 ottobre 2016

Una musica lieve, di Anton Vanlight

 

Una musica lieve
 come d’incanto guidava i miei passi,
 scricchiolìo di foglie
 e danza di polvere nel vento…
sapevo che ci saremmo incontrati
 in una giornata d’autunno.
 Il cielo doveva essere esattamente così:
 velato e rispettoso della tua figura fine.
 La strada. Ho sempre immaginato fosse questa:
 costeggiata d’alberi e foglie dai mille colori.
 Colore e Musica, Profumo e Suono…
e tu…Poesia.
 Questa è la perfezione in cui opera il Destino!
 
Anton Vanligt
 
 
la musica sta uscendo da me,
suono molto meno di prima,
le voci sono rumori,
i sassi si spargono sul cammino...
 

giovedì 27 ottobre 2016

La mia felicità, di Friedrich Nietzsche



La mia felicità


Da quando fui stanco di cercare,
ho imparato a trovare.

Da quando un vento mi ha fatto resistenza,

navigo con tutti i venti. 
                 
Friedrich Nietzsche

Traduzione di Pino Menzio

Rovine di stelle

 

 

felice, contento, lieto,

sarà un giorno, un'ora, un attimo

potrà essere un suono, una voce;

"infine uscimmo a riveder le stelle..."


mercoledì 26 ottobre 2016

Giorni di minime #27

 
(ad Andrea)
 
è un gran partire
in questi giorni d'autunno;
certezze assolute si dissolvono
in lacrime, in dolori,
le ore battono e passano lente?, veloci?,
siamo scanditi dal tempo...
 
Gujil
 
 

martedì 25 ottobre 2016

Il bambino perduto, di William Blake

 Il bambino perduto   

Babbo, babbo, dove vai?
Oh, non camminare così veloce.
Parla, babbo, parla al tuo bambino,
O io mi perderò.
La notte era scura, nessun padre c’era;
Il bimbo era bagnato di rugiada;
il fango era profondo,
e il bimbo pianse,
e la nebbia svanì fugace.
 
    William Blake 
 
 
padre, padre, dove sei?
la mancanza impera, forte, struggente;
un sentimento arido porta il vento,
un autunno da dimenticare...

lunedì 24 ottobre 2016

Nessun dio, di Yves Bonnefoy


 Nessun dio

Nessun dio l'avrà voluto, e neanche saputo,
Nessuno l'ha accompagnato nella sua fatica,
Un sogno, questo bambino sul viale
Che cammina accanto a lui, cinto di luce.


Nessuno è morto nell'ora in cui è morto,
Ha preso la sua mano nel letto sfatto,
Nessuno avrà mai lavorato accanto a lui
Nell'officina che sostituì la vita.

Risale, nelle parole che dicono il mondo,
Il suo silenzio, che le nega, che mi chiede
D'immaginarne altre, ma non posso.

Nessuno ha posato lo sguardo su di lui.
Quel che avrebbe potuto essere non sarà.
La parola non salva, talvolta sogna.


Yves Bonnefoy
"Il qui in cui sono e amo vivere"
Traduzione di Fabio Scotto
 

 
nessun dio, nessuno,
è difficile lo sappiamo,
quando siamo in pericolo preghiamo,
imploriamo qualcosa, qualcuno...
 

domenica 23 ottobre 2016

Rimpianto, di Arturo Graf


Rimpianto
 
Come degli anni più m’accascia il pondo
E mi soverchia il tedio e lo sconforto,
Più mi rincresce di non esser morto
Quando in sen mi brillava il cor giocondo.

Nave dannata a non toccar mai porto
Sia grata al mar se la tranghiotte al fondo;
Grato al caso i’ sarei se fuor del mondo
Tratto m’avesse pel cammin più corto.

Ch’or non sarei, qual son, venuto a tale
Che la vita e la morte odio egualmente,
E non so come uscir del tristo passo.

E non avrei, conforto estremo al male,
Sempre il pensier confitto entro la mente
Ch’io non posso oramai scender più basso.
 
Arturo Graf
 
 
come non rimpiangere mai,
chi no ha rimpianti è uno stolto;
rimpianto è qualcosa che serve
a fomentare un ricordo...

sabato 22 ottobre 2016

Tenta di lodare il mondo mutilato, di adam Zagajewski

 
Tenta di lodare il mondo mutilato
 
 Tenta di lodare il mondo mutilato.
 Ricorda i lunghi giorni di giugno
 e le fragole selvatiche, le gocce del vino, la rugiada.
 Le ortiche che ricoprono metodicamente
 le case abbandonate dagli esuli.
 Non puoi non lodare il mondo mutilato.
 Hai guardato le barche alla moda e le navi;
 una si preparava per un lungo viaggio,
 un salso oblio attendeva altre.
 Hai visto i profughi partire senza meta,
 hai sentito i carnefici cantare per la gioia.
 Devi lodare il mondo mutilato.
 Ricorda i momenti in cui eravamo insieme
 in una stanza bianca e la tenda tremolava.
 Ripensa al concerto in cui la musica esplose.
 Hai raccolto ghiande nel parco d'autunno
 e le foglie mulinavano sulle cicatrici del terreno.
 Loda il mondo mutilato
 e la piuma grigia che il tordo ha perduto,
 e la luce tenue che vaga e svanisce
 e ritorna.
 
Adam Zagajewski
Traduzione di Clare Cavanagh e Nicola Gardini
 
 
questa allucinante stasi,
questa indecenza dentro,
non posso pensare alla gioia
posso solo vedere i mali del mondo...

venerdì 21 ottobre 2016

Giorni di minime #26

 
le prime brume, nei prati,
foglie dorate planano,
il bosco è quasi silenzio;
rialzo il bavero ed il viso
accolgo le nebbie nel cuore,
un attimo solo, un brivido,
mi rimetto in cammino
ma il passo è pesante...
 
Gujil

giovedì 20 ottobre 2016

L' aquilone, di Giovanni Pascoli


L'aquilone 
 
 C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
 anzi d'antico: io vivo altrove, e sento
 che sono intorno nate le viole.
 
 Son nate nella selva del convento
 dei cappuccini, tra le morte foglie
 che al ceppo delle quercie agita il vento.
 
 Si respira una dolce aria che scioglie
 le dure zolle, e visita le chiese
 di campagna, ch'erbose hanno le soglie:
 
 un'aria d'altro luogo e d'altro mese
 e d'altra vita: un'aria celestina
 che regga molte bianche ali sospese...
 
 sì, gli aquiloni! È questa una mattina
 che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera
 tra le siepi di rovo e d'albaspina.
 
 Le siepi erano brulle, irte; ma c'era
 d'autunno ancora qualche mazzo rosso
 di bacche, e qualche fior di primavera
 
 bianco; e sui rami nudi il pettirosso
 saltava, e la lucertola il capino
 mostrava tra le foglie aspre del fosso.
 
 Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
 ventoso: ognuno manda da una balza
 la sua cometa per il ciel turchino.
 
 Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
 risale, prende il vento; ecco pian piano
 tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza.
 
 S'inalza; e ruba il filo dalla mano,
 come un fiore che fugga su lo stelo
 esile, e vada a rifiorir lontano.
 
 S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo
 petto del bimbo e l'avida pupilla
 e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
 
 Più su, più su: già come un punto brilla
 lassù lassù... Ma ecco una ventata
 di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla?
 
 Sono le voci della camerata
 mia: le conosco tutte all'improvviso,
 una dolce, una acuta, una velata...
 
 A uno a uno tutti vi ravviso,
 o miei compagni! e te, sì, che abbandoni
 su l'omero il pallor muto del viso.
 
 Sì: dissi sopra te l'orazïoni,
 e piansi: eppur, felice te che al vento
 non vedesti cader che gli aquiloni!
 
 Tu eri tutto bianco, io mi rammento.
 solo avevi del rosso nei ginocchi,
 per quel nostro pregar sul pavimento.
 
 Oh! te felice che chiudesti gli occhi
 persuaso, stringendoti sul cuore
 il più caro dei tuoi cari balocchi!
 
 Oh! dolcemente, so ben io, si muore
 la sua stringendo fanciullezza al petto,
 come i candidi suoi pètali un fiore
 
 ancora in boccia! O morto giovinetto,
 anch'io presto verrò sotto le zolle
 là dove dormi placido e soletto...
 
 Meglio venirci ansante, roseo, molle
 di sudor, come dopo una gioconda
 corsa di gara per salire un colle!
 
 Meglio venirci con la testa bionda,
 che poi che fredda giacque sul guanciale,
 ti pettinò co' bei capelli a onda
 
tua madre... adagio, per non farti male.
 
Giovanni Pascoli
 
 
 
si era ricordato,
le ultime strofe, quelle belle,
dense di tutto,troppo,
troppo dolore...

mercoledì 19 ottobre 2016

La morte è la curva della strada. di Fernando Pessoa

La morte è la curva della strada
 
La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.
 
Fernando Pessoa
 
 
bella poesia,
però della morte scrivono i vivi,
la morte non può essere gioia,
forse serenità,
a volte per chi resta,
spesso per chi va...

martedì 18 ottobre 2016

Il canto della vita, di Gianni Rescigno

Il canto della vita
 
Vedo sento molto in questa stagione
in cui tutto è sospeso.
Eco che s’allontana e torna
il canto della vita:
alimenta confonde l’anima
nella favola nuova che mi attende.
E sanguinano speranza le ferite.
Sempre ferito è chi ama.
 
Gianni Rescigno
 
 
vorrei, vorrei, vorrei,
non posso che volere e non avere;
il buio continua, attanaglia
e mi manca la tua guida...

lunedì 17 ottobre 2016

Tino (10/09/1925, - 16/10/2016), di Gujil

Tino
(10/09/1925, - 16/10/2016)
 
Tino ieri è partito,
con la sua valigia piena di colori.
E' andato molto, molto lontano,
ha lasciato per sempre la mia mano.
Tino è partito,
con il suo incedere importante.
E' andato molto, molto lontano,
non ha gridato, lo ha fatto piano.
Tino è partito,
non so se è andato lontano
mi piace pensarlo a un passo
con la matita in mano
mentre disegna un sasso,
mentre mi sorride invano.
 
Gujil
 

domenica 16 ottobre 2016

Speranza, di Gianni Rodari

Speranza
 
Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
"Speranza a buon mercato!"
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.

Gianni Rodari
 
 
condivido questa poesia,
filastrocca piena di altruismi,
piena di amore per la gente;
in questi giorni di pena
farei uguale la darei a tutti
una briciola di speranza
"Spes" ultima dea...

sabato 15 ottobre 2016

Giorni di minime #25

Vorrei darti un po'
di quello che ho ancora
per prolungare ciò che ti rimane.
Qui come vela
alla deriva nel vento
sto aspettando un momento
che non vorrei mai dovere aspettare.

Gujil
 

venerdì 14 ottobre 2016

La strada non presa..., di Robert Frost

La strada non presa
 
“Due strade divergevano in un bosco d’autunno
 e spiacente di non poterle percorrere entrambe,
 essendo uno solo, mi fermai a lungo
 e guardai, per quanto possibile, in fondo alla prima,
 verso dove svoltava, in mezzo agli arbusti.
 Poi presi l’altra, anch’essa discreta,
 forse con pretese migliori, perché era erbosa e meno segnata
 sebbene in realtà le tracce fossero uguali in entrambe le strade.
 Ed entrambe quella mattina erano ricoperte di foglie
 che nessun passo aveva annerito.
 Tenni la prima per un altro giorno,
 anche se, sapendo che una strada porta verso un’altra strada,
 dubitai di poter mai tornare indietro.
 Racconterò questo con un sospiro
 Tra anni e anni:
 due strade divergevano in un bosco e io,
 io presi la meno battuta.
 Questo ha fatto la differenza.

Robert Frost
 
 
e la strada che non tutti
si vorrebbe prendere,
quella che porta al nulla,
troppo lontano per sperare
di sapere tornare...

giovedì 13 ottobre 2016

Ho visto un re..., di Dario Fo

 
 
Dai dai, conta su...ah be, sì be...
 - Ho visto un re.
- Sa l'ha vist cus'è?
 - Ha visto un re!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Un re che piangeva seduto sulla sella
 piangeva tante lacrime, ma tante che
 bagnava anche il cavallo!
 - Povero re!
 - E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- È l'imperatore che gli ha portato via
 un bel castello...
 - Ohi che baloss!
 - ...di trentadue che lui ne ha.
 - Povero re!
 - E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Ho visto un vesc.
- Sa l'ha vist cus'è?
 - Ha visto un vescovo!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Anche lui, lui, piangeva, faceva
 un gran baccano, mordeva anche una mano.
 - La mano di chi?
 - La mano del sacrestano!
 - Povero vescovo!
 - E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; sì, beh.
- è il cardinale che gli ha portato via
 un'abbazia...
 - Oh poer crist!
 - ...di trentadue che lui ne ha.
 - Povero vescovo!
 - E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Ho visto un ric.
- Sa l'ha vist cus'è?
 - Ha visto un ricco! Un sciur!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Il tapino lacrimava su un calice di vino
 ed ogni go-, ed ogni goccia andava...
 - Deren't al vin?
- Sì, che tutto l'annacquava!
 - Pover tapin!
 - E povero anche il vin!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Il vescovo, il re, l'imperatore
 l'han mezzo rovinato
 gli han portato via
 tre case e un caseggiato
 di trentadue che lui ne ha.
 - Pover tapin!
 - E povero anche il vin!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Ho vist un villan.
- Sa l'ha vist cus'è?
 - Un contadino!
- Ah, beh; sì, beh.
 - Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore,
 persino il cardinale, l'han mezzo rovinato
 gli han portato via:
 la casa
 il cascinale
 la mucca
 il violino
 la scatola di scacchi
 la radio a transistor
 i dischi di Little Tony
 la moglie!
- E po`, cus'è?
 - Un figlio militare
 gli hanno ammazzato anche il maiale...
 - Pover purscel!
 - Nel senso del maiale...
- Ah, beh; sì, beh.
 - Ma lui no, lui, non piangeva, anzi: ridacchiava!
 Ah! Ah! Ah!
- Sa l'è, matt?
 - No!
- Il fatto è che noi villan...
 Noi villan...
 E sempre allegri bisogna stare
 che il nostro piangere fa male al re
 fa male al ricco e al cardinale
 diventan tristi se noi piangiam
 e sempre allegri bisogna stare
 che il nostro piangere fa male al re
 fa male al ricco e al cardinale
 diventan tristi se noi piangiam!
 
Dario Fo

mercoledì 12 ottobre 2016

Giorni di minime #24

 
sonno perduto,
sonno nascosto;
un attimo solo è riposo
solo un attimo che cosa..?
 
Gujil
 

martedì 11 ottobre 2016

Giorni di minime #23

è strano il sapore dell'attesa,
il palato secca e le labbra si dischiudono
ma non è come bere, come mangiare;
il bacio al nulla si ripercuote
in sensi che si ricercano, si stagliano,
le via cominciano ad essere visibili...
 
Gujil
 
 

lunedì 10 ottobre 2016

Giorni di minime #22

l'attesa, ancora,
siamo dominati dagli eventi,
costretti in attimi infiniti pensiamo,
ci intratteniamo col tempo,
nel tempo...
 
Gujil
 
 

domenica 9 ottobre 2016

Giorni di minime #21

 
stabilità
parola che significa equilibrio,
ora vivo con le labbra socchiuse
e la pronuncio
sempre più spesso
in una ricerca ossessiva...
 
Gujil

sabato 8 ottobre 2016

Lettera di un figlio al padre

Tino
si sta preparando, l'Ernesto,
le sue poche cose, i suoi occhi belli.
La valigia è quella di sempre, dimessa,
stracolma di bene e larghi sorrisi.
E' dolore vederlo in partenza, è strano,
una dolcezza infinita mi vela lo sguardo
mentre lo guardo e non so trattenerlo.
Le porte di Dio si stanno spalancando
per accogliere un padre, mio padre
e so che non avrà giudizio né pena
ma solo la gioia infinita che è niente
rispetto a tutta quella che ha sempre donato.
Le luci dell'alba mi spiegano Ottobre
mentre incombe tristezza nel respiro affannoso;
nei risvegli sempre più radi ricerco
il suono della sua voce, un suo bacio,
una sua ormai malferma carezza.
Papà, pilastro e dettaglio di questa mia vita
mi manchi da adesso, tanto, troppo.
Ricordi gli scontri?, le rabbie?
ricordi le gioie? i momenti sereni?
Sei rimasto con noi, conforto nel dramma
malgrado dovessi partire, raggiungere Lei,
sopportasti indicibili istanti e sofferenze,
pur di darci una guida, un sostegno, l'amore.
Ora so che non posso più nulla, più niente,
neppure più so se voglio qualcosa.
Prego il Padre del Figlio ed Padre
di stargli vicino, di tendere mano
a mostrargli il futuro radioso che ha meritato.
Io, per me, mi consumo nel pianto
e ti porto nel cuore papà, babbo ed amico.
Cercherò di accompagnarti fin dove che posso
per fortuna ho sempre di te l'immagine addosso.
 
Tuo Figlio