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lunedì 27 maggio 2013

Lacrima, di Arthur Rimbaud


LACRIMA
 
    Lontano dagli uccelli, dai greggi, dalle villanelle,
bevevo, accoccolato in qualche landa circondata dai
boschi di nocciuoli, in una tepida e verde foschia pomeridiana.
    Che cosa potevo bere in quella giovine Oise - olmi
senza voce, erba senza fiori, cielo coperto-, che
cosa attingevo alla zucca di colocasia? Qualche
liquor d'oro insipido, e che fa sudare.
    Parevo una brutta insegna d'albergo. Poi
l'uragano mutò il cielo, fino a sera: furono paesi neri,
laghi, pertiche, colonnate sotto la notte azzurra, stazioni.
    L'acqua dei boschi si perdeva in sabbie vergini, il
vento scagliava dal cielo ghiaccioli ai pantani... E
dire che, come un pescatore d'oro o di conchiglie,
non mi sono dato pensiero di bere!

Arthur Rimbaud


e si piange sempre
fino alle lacrime
o basta un
sospiro,
un mugolio
continuo...

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