Febbri titaniche
I.
Chi di vita immortal se degno sente
Mal si piega alla morte; e troppo oscura
Prigion la fossa alla superba mente
Che folgorando affronta la natura.
Oggi il mondo pensar, men che niente
Esser doman! legge insensata e dura!
Il turpe fato delle cose spente,
Divin lampo del sol, mi fa paura.
Io non voglio morir: rovini il cielo
Sovra il mio capo e nell’orror m’inghiotta
Della sua notte il lurido Acheronte.
Ancor, vinta la morte e lo sfacelo,
Mi vedrai provocante a nova lotta,
Sfinge del mondo, erigermiti a fronte.
II.
Per sempre non morro! se pur m’opprima
Con le fumanti sue macerie il mondo,
Risorgero dall’Erebo profondo
Piu temerario e piu vital di prima.
A’ miei pensier tumultuosi un biondo
Raggio di sol va sfolgorando in cima,
E dell’anima mia passa per l’ima
Region piu buja un fremito giocondo!
Per sempre non morro! dall’esecrando
Silenzio e dall’orror del vinto inferno
Incontro al ciel risorgero cantando.
E di morte e di vita in un alterno
Fato travolto andro risuscitando
Dalla stessa mia polve in sempiterno.
Arturo Graf
la mente sconvolta dalla febbre,
visioni, allucinazioni, volti;
così ci si proietta come in un sogno,
come in un impalpabile incubo...
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