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martedì 31 gennaio 2012

Neve

Scende la neve su la terra madre,
placidamente. E lei bianca riceve
la terra ne' suoi giusti ozi, da poi
che all'uomo copia di frutti ha partorito.
Guarda il bifolco splendere a' sudati
campi la neve, mentre siede al desco;
e a lui dal cuor la speme e dal bicchiere
sorride la primizia del vino.
Scendi con pace, o neve; e le radici
difendi e i germi, che daranno ancora
erba molta agli armenti, all'uomo il pane.
Scendi con pace, sì che, al novel tempo,
da te nutriti, lungo il pian ridesto,
corran qual greggia obbedienti i fiumi.

Gabriele D'Annunzio


coprendo anche il sogno
in silenzio come velo sottile
scende la neve dal cielo
e si adagia sul cuore;
la pace di un manto
in un fiato di freddo...

lunedì 30 gennaio 2012

“Quel bischero del merlo è arrivato tardi.
I piccioni hanno già mangiato tutto”

Eugenio Montale


i giorni dell'anno più freddi,
quelli dove il fiato si vede
e disegna sui vetri appannati
nuvolette di pensieri gelati;
la merla vaga sulle terra dura
sferzata dal vento tagliente
ed il giorno piano si allunga...

domenica 29 gennaio 2012

AL LIBRO

Va, caro figlio del mio core, addio!
Va pel gentil paese,
E la gente ti sia mite e cortese;
Io t’ho scritto col sangue del cor mio.

Va, figlio, e posa su le bianche culle
E sul cor dei soldati,
E arridi ai giovanetti innamorati
E fa pensar le madri e le fanciulle.

Va, figlio, e porta ai bimbi una carezza,
E un saluto ai poeti,
E fra le mute e squallide pareti
Conforta la miseria e la vecchiezza;

E aggiungi un riso alle amorose feste
E ai convegni gentili,
E lascia un marchio sulle guancie ai vili
E getta un raggio su le fronti oneste.
 
L’ultima volta io ti comprimo al petto
E t’abbandono ai venti;
Va, frutto pio de le mie veglie ardenti,
Va, mio tormento amato e benedetto.

E il plauso non cercar, cerca l’amore,
L’amor donde sei nato;
Va, figlio, porta al mio paese amato
A stilla a stilla il sangue del mio core.

Edmondo De Amicis


il libro della vita,
quello che scorre, sfila,
 tra le nostre dita;
quello che non sempre si legge,
quello che dimentica pagine
per poi stupirsi e chiudersi;
un istante fa ero io
in un sublime attimo
ho letto e riletto un mio brano...

sabato 28 gennaio 2012

La Chimera

Non so se tra roccie il tuo pallido
Viso m'apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina O Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l'immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

Dino Campana


Chimera Apulia, Louvre Parigi

idilliaci paesaggi nel sogno
confusi a patetici canoni
in un crescendo di risvolti
in un ansa della mente;
nel conflitto dell'anima colgo
un inedito brivido...lungo...

venerdì 27 gennaio 2012

Speranza

Se io avessi una botteguccia
fatta di una sola stanza
vorrei mettermi a vendere
sai cosa? La speranza.
"Speranza a buon mercato!"
Per un soldo ne darei
ad un solo cliente
quanto basta per sei.
E alla povera gente
che non ha da campare
darei tutta la mia speranza
senza fargliela pagare.

Gianni Rodari


scomposto in tanti suoni
il lamento di campane
costringe il sogno al reale;
nel percorso guidato
la via si restringe
e comprime il pensare...

giovedì 26 gennaio 2012

discrepanze inutili raccolte
in fragili sfere di cristallo
danno mostra di sè
mostrano e riflettono svolte
di vite sospese, in stallo,
divise tra come e perchè;
la vuota teoria ripiega
in futili linee disposte
in ordinati teoremi
la mia mente dispiega
le vele a frastagliate coste
in un mare si assurdi patemi...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati



mercoledì 25 gennaio 2012

Come l’albero non finisce
con le punte delle sue radici o dei suoi rami,
e l’uccello non finisce
con le sue piume e col suo volo,
e la Terra non finisce
con i suoi monti più alti:
così anch’io non finisco
con le mie braccia, i miei piedi, la mia pelle,
ma mi espando di continuo
con la mia voce e il mio pensiero,
oltre ogni spazio e ogni tempo,
perché la mia anima è il mondo.


 Norman H. Russel
indiano Cherokee


e nel mondo si vive,
si ride e ci si dispera
sballottati dagli eventi
che non riusciamo a dominare;
nella pace del sapere
si adagia il respiro
che torna a ritmare esistenze
in questo precario equilibrio...

martedì 24 gennaio 2012

ho tanto amore,
così tanto che pesa a volte
negli sguardi e nelle pene,
il grigio sovrasta in Gennaio
e un pò ho paura...



L’Estraneo (infiniti ritorni)

 

Lontano, lontano
qualcuno mi darà la mano
lontano, lontano...

Dai dottori di Smirne ho imparato
il triangolo e il libro della vita
scorreva piano fra le dita;
coi mercanti di Tebe ho giocato
tutti i sensi di scacchi e di pedine
coi chicchi bianchi e le palline;
e dai profughi celti ho visto segni
per capire le stelle e aprire un velo
e far salire menhir al cielo.

Sotto i portici di Toledo
ho preso un bimbo serio per la mano
e mi portavano lontano i suoi occhi;
e correvo nelle mille sere,
con i dadi fermi nel bicchiere
e intorno amore, amore, amore, amore...

E in un attimo di Granada
ho ucciso per due volte uno stesso uomo
e non chiedevano perdono i suoi occhi...
e correvo nelle mille sere,
con i dadi fermi nel bicchiere
e intorno amore, amore, amore, amore...

E il mio vecchio che sa la verità
guarda il tramonto dalla collina:
da qualche punto lontano
suo figlio tornerà.

E ho imparato le mille posizioni
fra le gambe di donne e di bambini
le loro bocche come fiori
e ho giocato le cento rivoluzioni
la mia rabbia e le cento delusioni
che son mille e son tante
e son belle e son sante il giorno dopo.
E provai ogni droga più che vino,
il linguaggio del bruco e l'assassino
e a saper tutto senza parole.

E in una sera di Gerusalemme
dal vecchio ebreo che contrattava gemme
ho visto un dio che mi veniva incontro
e ho provato tutto per scappare,
ma lui insisteva: "Dai, fatti salvare,
ho tanto amore, amore, amore...".

E in un cortile di Gerusalemme
che aveva scelto lui da chissà quanto
mi abbracciò e baciò e stava delirando,
e aver capito tutto in un istante
fu come morir le morti tutte quante
e non volere essere più niente, niente, niente...

E il mio vecchio che sa la verità
guarda il tramonto dalla collina:
da qualche punto lontano
suo figlio tornerà.

 

Roberto Vecchioni

lunedì 23 gennaio 2012

Il ragazzo che era in me

Va' a sapere perché fossi là quella sera nei prati.
Forse mi ero lasciato cadere stremato di sole,
e fingevo l'indiano ferito. Il ragazzo a queí tempi
scollinava da solo cercando bisonti
e tirava le frecce dipinte e vibrava la lancia.
Quella sera ero tutto tatuato a colori di guerra.
Ora, l'aria era fresca e la medica pure
vellutata profonda, spruzzata dei fiori
rossogrigi e le nuvole e il cielo
s'accendevano in mezzo agli steli. Il ragazzo riverso
che alla villa sentiva lodarlo, fissava quel cielo.
Ma il tramonto stordiva. Era meglio socchiudere gli occhi
e godere l'abbraccio dell'erba. Avvolgeva come acqua.

Ad un tratto mi giunse una voce arrochita dal sole:
il padrone del prato, un nemico di casa,
che fermato a vedere la pozza dov'ero sommerso
mi conobbe per quel della villa e mi disse irritato
di guastar roba mia, che potevo, e lavarmi la faccia.
Saltai mezzo dall'erba. E rimasi, poggiato le mani,
a fissare tremando quel volto offuscato.

Oh la bella occasione di dare una freccia nel petto di un uomo!
Se il ragazzo non ebbe il coraggio, m'illudo a pensare
che sia stato per l'aria di duro comando che aveva quell'uomo.
lo che anche oggi mi illudo di agire impassibile e saldo
me ne andai quella sera in silenzio e stringevo le frecce
borbottando, gridando parole d'eroe moribondo.
Forse fu avvilimento dinanzi allo sguardo pesante
di chi avrebbe potuto picchiarmi. O piuttosto vergogna
come quando si passa ridendo dinanzi a un facchino.
Ma ho il terrore che fosse paura. Fuggire, fuggii.
E, la notte, le lacrime e i morsi al guanciale
mi lasciarono in bocca sapore di sangue.

L'uomo è morto. La medica è stata diverta, erpicata
ma mi vedo chiarissimo il prato dinanzi
e, curioso, cammino e mi parlo, impassibile
come l'uomo alto e cotto dal sole parlò quella sera.

Cesare Pavese

Chardin, Ritratto di ragazzo

dove il mio cuore batte
si forma un cerchio nel sole
ritrovo strade e parole,
riassaporo schizzi di fango;
in un niente ho lacerato parole
stinte in rime affrettate
mentre fuori, nel freddo, rimane
tutto quello che sono,
quello che ero...

domenica 22 gennaio 2012

di sorrisi rimasti
non ne ho ancora molti
mentre brividi strani
mi percorrono il ventre,
sono vecchi contrasti
che ora solcano volti
sparuti, tristi, lontani
assillati in un mentre
che tutti...tutti temiamo...

anonimo del XX° secolo
frammenti ritrovati


sabato 21 gennaio 2012

Amare una persona è…

Averla senza possederla.
Dare il meglio di sé
senza pensare di ricevere.
Voler stare spesso con lei,
ma senza essere mossi dal bisogno
di alleviare la propria solitudine.
Temere di perderla,
ma senza essere gelosi.
Aver bisogno di lei,
ma senza dipendere.
Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine.
Essere legati a lei,
pur essendo liberi.
Essere un tutt’uno con lei,
pur essendo se stessi.
Ma per riuscire in tutto ciò,
la cosa più importante da fare è…
accettarla così com’è,
senza pretendere che sia come si vorrebbe.

Omar Falworth


le frasi dell'amore incidono
si cuciono al cuore
in indissolubili ricami;
i pensieri dell'amore indugiano
insinuano e struggono
percuotono l'anima...

venerdì 20 gennaio 2012

SOGNO E REALTA'

Com'è cieco colui che immagina
e progetta qualcosa
fino ai più realistici dettagli.
e quando non riesce a darne conto interamente
con misure superficiali e prove verbali,
crede che la sua idea
e la sua fantasia siano vanità!
Se invece riflettesse con sincerità,
si convincerebbe che la sua idea è reale
tanto quanto l'uccello in volo,
solo che non è ancora cristallizzata;
e capirà che l'idea è un segmento di conoscenza
ancora inesplicabile in cifre e parole,
poichè troppo alta e troppo vasta
per essere imprigionata
nel momento presente;
ancora troppo profondamente immersa
nello spirituale
per piegarsi al reale.

Kahlil Gibran


le cose cambiano
spesso non lo osserviamo
dopo è tardi;
i concreti afinalismi si fondono
nel percorso stridente del nulla
di quando siamo sperduti,
isolati nel nostro sentire,
poi viene il sereno,
lo si intravede lontano;
intorno tuoni e saette...

giovedì 19 gennaio 2012

Alla malinconia

Nel vino e negli amici ti ho fuggita,
poichè dei tuoi occhi cupi avevo orrore,
io figlio tuo infedele ti obliai
in braccia amanti, nell'onda del fragore.

Ma tu mi accompagnavi silenziosa,
eri nel vino ch'io bevvi sconsolato,
eri nell'ansia delle mie notti d'amore,
perfino nello scherno con cui ti ho dileggiata.

Ora conforti tu le membra mie spossate,
hai accolto sul tuo grembo la mia testa,
ora che dai miei viaggi son tornato:
giacchè ogni mio vagare era un venire a te.

Herman Hesse


contesti amaranto incisi
in flebili suoni indecisi,
le porte del male socchiuse,
si intravedono appena
futuri pesanti e grigi...
non voglio e rifletto
di luce indiretta
sostengo i respiri
e richiudo le porte...




mercoledì 18 gennaio 2012

La neve cade

La neve cade, la neve cade.
Alle bianche stelline in tempesta
si protendono i fiori del geranio
dallo stipite della finestra.
La neve cade, la neve cade
come se non cadessero i fiocchi,
ma in un mantello rattoppato
scendesse a terra la volta celeste.
La neve cade, la neve cade,
la neve cade e ogni cosa è in subbuglio:
il pedone imbiancato, le pinete sorprese

Boris Pasternak


vorrei cadesse anche sul mio cuore
la neve ma è solo gelo intorno
vorrei coprisse quest'ansia che torna,
trasversale a me stesso
eppure così carica e greve;
vorrei essere io a sopportare il peso,
vorrei essere io a scrutare nel buio...
non so che stare in silenzio
e fissare un punto lontano...

martedì 17 gennaio 2012

MELANCONIA DELLA SERA

- Il bosco che smorto si distende -
e ombre sono a lui d'intorno, come siepi.
La fiera esce tremando dal nascosto,
mentre un ruscello scivola tutto lieve

e felci segue e antiche pietre
e argenteo splende tra intreccio di fogliame
e presto lo senti in voragini nere -
che forse già splendono le stelle.

Il piano oscuro sembra smisurato,
sparsi villaggi, palude e stagno,
e qualcosa ti appare come un fuoco.
Uno splendore freddo guizza per le strade.

Nel cielo si avverte un movimento,
un esercito di uccelli selvatici migrano
verso quei paesi belli, diversi.
Sale e discende il moto del canneto.

Georg Trakl

 
BORSA Emilio, Milano, sera invernale

nel gelo raccolgo il mio fiato
che in cristalli sottili rapprende
e mi aggiusto nel bavero il volto;
in un brivido lungo rivedo
conchiglie rotte e risacca;
è la mia voglia di mari lontani...

lunedì 16 gennaio 2012


Nella tua siepe c’era l’universo

O mia piccola casa di provincia
ove memorie semplici ma care
si ravvivano intorno al focolare
per colui che ritorna e ricomincia

un interrotto sogno di dolcezza;
o mia tepida casa, io ti ritrovo
come una volta in questo aprile novo,
e sempre verde il rosmarino olezza.

Son nidi ancora sotto le tue gronde,
e, nell’orto, i bei ciuffi appena in fiore
della menta e del timo hanno un odore
che all’effluvio dell’anima risponde.

Caro è il murello con le vecchie crepe,
di dove, un giorno, uscivo di soppiatto
a fischiare ai ramarri o stavo quatto
a spiar la tagliola sulla siepe!

Che stupore, che gioia di scoperte
balenavano in te, mia casa, ogni alba!
Ancora sconosciuta era la scialba
nebbia che grava il mondo fatto inerte.

Ma tu sei sempre quella; è in me ch’è morto
il dolce tempo, come son diverso!
Nella tua siepe c’era l’universo,
ed ora non c’è più che un muro e un orto.

Arturo Onofri


ciò che siamo,
ciò che non vogliamo;
avvinti in un respiro si vive
come marine solitarie
passate dal vento,
come rive sinuose
lambite dal flusso...

domenica 15 gennaio 2012

L'altro

L'Iddio che a tutto provvede
poteva farmi poeta
di fede; l'anima queta
avrebbe cantata la fede.

Mi è strano l'odore d'incenso:
ma pur ti perdono l'aiuto
che non mi desti, se penso
che avresti anche potuto,

invece di farmi gozzano
un po' scimunito, ma greggio,
farmi gabrieldannunziano:
sarebbe stato ben peggio!

Buon Dio, e puro conserva
questo mio stile che pare
lo stile d'uno scolare
corretto un po' da una serva.

Non ho nient'altro di bello
al mondo, fra crucci e malanni!
M'è come un minore fratello,
un altro gozzano: a tre anni.

Gli devo le ore di gaudi
più dolci! Lo tengo vicino;
non cedo per tutte Le Laudi
quest'altro gozzano bambino!

Gli prendo le piccole dita,
gli faccio vedere pel mondo
la cosa che dicono Mondo,
la cosa che dicono Vita...

Guido Gozzano

Armando Spadini, Bimbi nudi, olio su tela secolo XIX°

com'è diverso
questo vivere adesso
da quello che avevo
immaginato da ragazzo...
non avrei mai detto
nè avrei mai fatto;
ma è così,
nel bene e nel male
come un'avventura
per sapere come andrà a finire
bisogna aspettare il finale...