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lunedì 4 febbraio 2013

Ultima Tule, di Arturo Graf

Ultima Tule

Commilitoni, siam giunti
Alla distermina Tule:
Ecco la selva e il padule, .
Ultima stanza ai defunti.
Ultima stanza alle nude
Larve, cui più non arreca
Vicende il tempo, e la cieca
Speranza più non illude.
Tetra è la stanza. Funereo
Sovr’essa filtra, e sul torbo
Pelago in giro, dall’orbo
Cielo un barlume cinereo.
Con demoniaco lamento,
Per aspre balze, per forre,
Tumultuando trascorre
L’anima irosa del vento.
E tumidi mostri l’onde,
Con gorghe tese in avanti,
Assaltan bavose, urlanti,
L’eternità delle sponde. —
Qui rimarremo, compagni?
E soffrirem che la nostra
Vita in sè squallida chiostra
Pria di finire ristagni?
Qui rimarremo captivi
Tra mute, attonite larve,
Noi, a cui troppo già parve
Angusto il mondo dei vivi?
Noi che d’ignoti oceani
Solcammo i flutti deserti,
Nuovi argonautici, esperti
Di tutti i travagli umani?
Noi cui nel sangue e nell’ossa
La febbre mai non s’ammorza
Che incita all’opra la forza,
Qual che l’evento esser possa?
Levate l’ancora, o prodi,
Ridispiegate le vele!
Ancor la prora fedele
Sia sciolta da tutti i nodi.
Ancor ne giovi la sorte
Sfidare in cimenti novi;
Ancor ne alletti e ne giovi
Guatare in faccia la morte.
Con alti cori, con fissi
All’orizzonte gli sguardi,
Prima che troppo s’attardi
Rivalichiamo gli abissi.
Oltre, più oltre!... Forse...
O artefici del futuro,
Chi sa che celi lo scuro
Mare che mai non si corse?
Oltre! o con vela o con remo
Rinavighiamo il profondo.
Oltre, più oltre! del mondo
Inverso il cardine estremo.
Sin dove l’astro del polo
Su vasto orrore di geli
Dalla corona de’ cieli
Sfavilla immobile e solo.

Arturo Graf


ultima sponda saputa
quella lontana del tempo
meglio di un tempo;
ora è attesa scomposta
quasi sempre silente...

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