Cerca nel blog

lunedì 29 febbraio 2016

Giovane, di Anne Sexton

Giovane
 
 Mille porte fa
 quando ero una ragazzina solitaria
 in un'enorme casa con quattro
 garage e se ben ricordo
 era estate,
 di notte mi sdraiavo in giardino,
 il trifoglio raggrinzito sotto di me,
 le sagge stelle distese sopra di me,
 la finestra di mia madre un imbuto
 da cui usciva un calore giallo,
 la finestra di mio padre, socchiusa,
 un occhio dove passa chi dorme,
 e le assi della casa
 erano lisce e bianche come cera
 e probabilmente milioni di foglie
 navigavano come vele sui loro strani steli
 mentre i grilli stridevano tutti insieme
 e io, nel mio corpo nuovo di zecca,
 non ancora di donna,
 raccontavo alle stelle i miei problemi
 e credevo che Dio potesse veramente vedere
 il calore e la luce colorata,
 i gomiti, le ginocchia, i sogni, la buonanotte.


 Anne Sexton
Traduzione di Cristina Gamberi
La zavorra dell'eterno
 
 
giovane prima di ieri,
accarezzavo capelli, seni,
oggi rimuovo contrasti,
mi stanco la sera...

domenica 28 febbraio 2016

Di nuovo piove, di Anonimo

Di nuovo piove
 
Di nuovo piove
goccia fredda scivola
vecchi vetri sporchi,
di nuovo piove
l'acqua che rivola
riempie antichi solchi.
 
Di nuovo piove
pozzanghere nuovamente fangose
accolgono terra e sassi,
di nuovo piove
lungo le rive franose
conto i miei soliti passi.
 
Anonimo
del XX° Secolo
poesie ritrovate
 
 




sabato 27 febbraio 2016

Il bacio, di Anne Sexton


Il bacio
 
 La bocca fiorisce come un taglio.
 Sono stata maltrattata tutto l'anno, notti
 noiose, con nient'altro che ruvidi gomiti
 e delicate scatole di Kleenex che dicono
piagnona
 piagnona, stupida!
 
 Fino a oggi il mio corpo era inutile.
 Ora si strappa da ogni parte.
 Strappa via gli indumenti della vecchia Mary, nodo
dopo nodo
 ecco: ora è colpito in pieno da questi fulmini elettrici.
 Zac! Una resurrezione!
 
 Un tempo c'era una barca, tutta legnosa
 e disoccupata, senza il mare sotto di lei
 e bisognosa di una verniciatura. Non era altro
 che un mucchio di assi. Ma tu l'hai issata, l'hai armata.
 È stata prescelta.
 
 I miei nervi si sono accesi. Li sento come
 strumenti musicali. Dove c'era silenzio
 tamburi e archi suonano irrimediabilmente Sei
stato tu a farlo.
 Puro genio all'opera. Tesoro, il compositore è entrato
 nel fuoco.

 Anne Sexton
La zavorra dell'eterno
 Traduzione di Cristina Gamberi
 
Francesco Hayez
"Il bacio" particolare
 
quanti baci, ora basta!
ricordi assembrano porte dell'anima,
quanti baci o Lesbia!
baci, baci, baci...

venerdì 26 febbraio 2016

Invernale #7, di Gujil

imperscrutabili scie indicano
le stanche rotte di una vita,
il riposo, quello che ritempra,
quello che manca;
lento ed indomito continuo,
l'orizzonte è sfocato, indeciso...
 
Gujil
 
 

giovedì 25 febbraio 2016

Nei giorni di pioggia, di Luis García Montero

Nei giorni di pioggia
 
 Ci visita l’amore. La casa possiede
 una memoria cieca
 di sole sulle braccia
 e la passione, arida d’erba, sulla pelle.
 Dobbiamo veramente abbracciarci
 in questa mattina grigia d’ogni nostalgia
 e patteggiare con la luce
 che comincia a disturbarci
 sotto le porte
 come un guardone nascosto
che dobbiamo sopportare.
 Sono troppe cose.
 Si vede che il tempo vola indifferente,
 a noi estraneo
 che abbiamo parlato tanto della vita
 per giungere in tempo ai suoi occhi aperti,
 al suo capezzolo rosato
 e alla bella volta dei corpi
 che cercavamo insieme,
 impetuosamente,
 aprendo cerniere
 con l’impazienza propria degli innamorati.
 Il sole
 che sembra l’esitante carne delle tue labbra
 si avvicina strisciando e mi ricorda
 che è ancora possibile rincorrerci
 mentre si spengono lente le ultime stelle.
 Prima che tu nascessi ed io nascessi
 qualcuno dovette vivere in queste stanze,
 sopportarle come le settimane,
 riempirle di desideri realizzati a metà.
 Gente di solitudine.
 Forse sarà tutto valso
 se un giorno...
Noi
 ormai niente abbiamo creato, neppure un focolare.
 È più saggio l’amore quando nasce,
 quando si incomincia a sentire il mattino,
 per il lungo, deserto cammino della tua pelle.

 Luis García Montero
Traduzione di Gabriele Morelli
La poesia complice
 
Gustave Caillebotte
Parigi in un giorno di pioggia
 
quando piove tutto scompare,
arrivano le nubi, anche dentro di noi;
la pioggia dilava, come il pianto
trova sfogo la noia in un sentimento...

mercoledì 24 febbraio 2016

L'amore è una cinciallegra..., di Dacia Maraini

L'amore è una cinciallegra
che vola e non riesci a fermarla,
nemmeno a metterle il sale sulla coda.

Dacia Maraini
 
 
 
una cincia che canta
una cincia che guarda;
la mia finestra
si anima e ride...

martedì 23 febbraio 2016

La notte, di Carlo Michelstaedter

La notte
 
Tace la notte intorno a me solenne
le ore vanno e sfilan le memorie
siccome un nero e funebre convoglio.
Del cielo nelle oscurità remote
nell'ombra amica che con man soave
le grevi forme della chiesa lambe,
nell'ombra amica che gl'uomini culla
col lento canto della pace eterna
vedo di forme strane scatenarsi
una ridda veloce e affascinante
vedo la mente umana abbacinata
chinar la fronte...
Ma il mio pensiero innalzasi sdegnoso
e squarcia il manto della notte bruna
libero, e vola, -
vola alla luce pura trionfante
vola al sole del vero, dove i forti
stan combattendo l'immortale agone
cinti le terapie d'agili corone,
vola esultante.
 
Carlo Michelstaedter
 
 
notti insonni, disturbate,
il cielo plumbeo del mattino,
i sensi, appannati;
la testa che scoppia d'amore,
l'amore che viaggia distante...

lunedì 22 febbraio 2016

I, di Guy Goffette


I
 
E se fosse proprio il diluvio quel che,
onda dopo onda, giorno dopo giorno,
spinge fino in fondo le vecchie carte
i vecchi amori, i volti, le luci
le case sui loro tetti, balene insabbiate;
se fosse proprio lui, questo lungo brivido
come un corridoio che ci attraversa
quando lo squillo del pescivendolo
risuona nell'aria umida,
resteremmo noi come una barca vuota
nell'ombra e senza muoverci
in attesa che il battelliere assopito
rinsaldi le due rive?

Guy Goffette
Alla ricerca delle parole definitive
Traduzione di Gio Batta Bucciol
 
 
le parole confondono, sviano,
i molteplici significati intrinseci
causano scompensi e illusioni;
il corridoio del silenzio
è un messaggio chiaro,
non si può che interpretare...

domenica 21 febbraio 2016

Invernale #6

miriadi di pensieri,
oltre l'Atlante, oltremare...
basterebbe la Stiria;
i mercanti di Fiandre,
i sapienti di Smirne.
Apocalittiche visioni
di un'anima  in corsa,
perennemente agitata...
 
Gujil
 
 

sabato 20 febbraio 2016

Piatto sporco di latta, di Les Murray

Piatto sporco di latta
 
Scarna povertà, fradicia povertà,
 coi calzoni laceri al cavallo e al ginocchio.
 Si scalda le mani su cocenti infamie,
 chiama il destino Lui e Loro
 e si delizia con cose dai nomi duri:
 stracci e piedi, cibo e mani –
non t'ingozzare, che non ce n'è più!
 Fradicia povertà, oscena povertà,
 ronza con spietata fedeltà
 come legno marcio con accenno di orifizio,
 umido giornale ficcato nei vuoti dell'artifizio,
 e ci disgusta fino alla feroce lealtà.
 Non è mai colpa di quelli che ami:
 la povertà discende dai cieli.
 Lascia che balli su sedie, che sfondi la porta,
 sorge da tutto quello che è venuto prima,
 e ogni outsider è il nemico –
il bastone di Cristo rovesciò tutto questo
 cavalieri e filosofi rimisero tutto a posto.
 Oscena povertà, scarna povertà,
 croste tra le gambe e piaghe tra i capelli
 una finestra fatta d'aria è pulita,
 non l'argento sporco di una manica.
 Bada se ciò faccia bene alla scuola
 e debba andare e desideri andare:
 qualcuno, un giorno, dovrà pagare.
 Raditi con il sapone, corri alla carne,
 stupisci la nazione, governa l'esercito,
 aspetti ancora il giorno in cui sarai rispedito
 dove libri o giocattoli sono rifiuti sul pavimento
 e nessuno ha il permesso di venire a giocare
 perché la tua casa si chiama baracca
 e l'acqua calda sfrigola nel piatto sporco di latta.

 Les Murray
Poesie del vuoto falciato
Traduzione di Roberto Cogo e Graziella Isgrò
 
 
 
in una scatola di latta,
si seppelliva il presente,
ora che fare?
le inquietudini vagano...

venerdì 19 febbraio 2016

Le due torri, di Giosué Carducci

Le due torri

ASINELLA
Io d'Italia dal cuor tra impeti d'inni balzai
quando l'Alpi di barbari snebbiarono
e su 'l populeo Po pe 'l verde paese i carrocci
tutte le trombe reduci suonavano.
GARISENDA
Memore sospirai sorgendo e la fronte io piegai
su le ruine e su le tombe. Irnerio
curvo tra i gran volumi sedeva e di Roma la grande
lento parlava al palvesato popolo.
ASINELLA
Bello di maggio il dí ch'io vidi su 'l ponte di Reno
passar la gloria libera del popolo,
sangue di Svevia, e te chinare la bionda cervice
a l'ondeggiante rossa croce italica.
GARISENDA
Triste mese di maggio, che intorno al bel corpo d'Imelda
cozzâr le spade de i fratelli e corsero
lunghi quaranta giorni le furie civili crollando
tra 'l vasto sangue l'ardue torri in polvere.
ASINELLA
Dante vid'io levar la giovine fronte a guardarci,
e, come su noi passano le nuvole,
vidi su lui passar fantasmi e fantasmi ed intorno
premergli tutti i secoli d'Italia.
GARISENDA
Sotto vidimi il papa venir con l'imperatore
l'un a l'altro impalmati; ed oh me misera,
in suo giudicio Dio non volle che io ruinassi
su Carlo quinto e su Clemente settimo!
 
Giosué  Carducci
"odi barbare"
 
 
Due torri come due persone,
di fronte, di spalle,
vicine e lontane;
nel crollo un mancato abbraccio...

giovedì 18 febbraio 2016

Il corvo, di arturo Graf

Corvo
 
Nel concavo emisfero
Del ciel la nebbia boreal si pigia:
Sotto la nube grigia
Appare il corvo come un punto nero.
Sovra il piano deserto
Stende la neve un gran lenzuolo bianco:
Un pellegrino stanco
Trascina alla ventura il passo incerto.
Qualche sfrondata macchia
Lugubremente impruna la pianura;
Avido di pastura
Sotto la nube il negro corvo gracchia.
Irretito dal gelo,
Vinto dalla stanchezza e dall’ambascia,
Il pellegrin s’accascia;
Il corvo sopra lui tresca pel cielo.
 
Arturo Graf
 
 
messaggi contrastanti,
nere ali incupiscono il cielo,
sarà Febbraio, sarà l'Inverno;
il freddo mi brivida le membra...

mercoledì 17 febbraio 2016

Attesa, di Attila Jòzsef

Attesa
 
Sempre ti attendo. L'erba è rugiadosa.
Anche gli alberi grandi dalle chiome
piene di orgoglio aspettano. Io sono
rigido e vacillante a volte. È tetra
la notte per chi è solo.
Se tu venissi, si farebbe il prato
liscio: e silenzio, gran silenzio.
Ma udiremmo una musica notturna
misteriosa; sulle nostre labbra
canterebbero i cuori e lentamente
ci fonderemmo, offerti al rosso ardore
d'un profumato altare,
nell'infinito.

Attila József
Il vagabondo del buon Dio
Traduzione di Umberto Albini
 
 
 
aspettiamo...e aspettiamo,
attese come crucci nel cuore,
dolori e piaceri, aspettiamo,
le attese ci danno il futuro,
noi aspettiamo...

martedì 16 febbraio 2016

Invernale #5, di Gujil

 
una campana stamane,
nel buio,
di cosa sarà, perché?
Silenzi interrotti
da suoni, da voci,
bisbiglia il mattino...
 
Gujil

lunedì 15 febbraio 2016

Nuvole, di Czeslaw Milosz

Nuvole
 
Nuvole, mie nuvole tremende,
 come batte il cuore, rimpianto e mestizia della terra
 nubi, nuvole bianche e silenziose,
 vi guardo all'alba con occhi pieni di lacrime
 e so che in me l'orgoglio e il desiderio,
 la crudeltà e il seme del disprezzo
 intrecciano il giaciglio per un sogno morto,
 e i colori più belli della mia menzogna
 occultarono il vero. Allora abbasso gli occhi
 e sento in me il soffio secco e ardente
 della bufera. Oh come siete tremende,
 custodi del mondo, nuvole! Oh possa
 io dormire, e mi abbracci la notte pietosa.

 Vilna 1935

 Czeslaw Milosz
La poesia come un magico specchio
Traduzione di Valeria Rossella
 
 
 
Cieli tersi, imbruniti,
qualche traccia di nuvola,
cirri, pecorelle e nembi,
nella mia vita sempre,
sempre...

domenica 14 febbraio 2016

Rispettare il passato, di Wang Guozhen

Rispettare il passato
 
 Non serve
 che parli
 del tuo amore passato
 non dirmi
 che il tuo amore passato
 è stato un errore
 nelle notti stellate
 davvero hai camminato
 con l'altro
 piano piano
 lungo le piccole strade
 devi ricordare bene
 la luce della luna
 come l'acqua
 non negare
 il tuo amore passato
 è bellezza
 tutto ciò
 che è fatto
 con cuore sincero
 non si può rinnegare
 in futuro
 non mi lamento
 mia cara
 rispetta il passato
 amami sinceramente

 Wang Guozhen
La marea della giovinezza
Traduzione di Francesca Ferrari e Yu Gong
 
 
passato, presente, passato,
occhi indietro o il suore,
poco importa, sappiamo,
qualcosa dimentichiamo...

sabato 13 febbraio 2016

Invernale #4, dii Gujil


 
casualità imprescindibili i dubbi,
le quote prendono peso;
viste di sbieco le cose
assumono contorni vaghi...
 
Gujil

venerdì 12 febbraio 2016

La lontananza, di Juan Gelman

La lontananza
 
Questo aroma di te/ sale?/scende?/
viene da te?/da me?/in che altro
mi dovrei trasformare?/che altro
di me/dovrei essere/
per sapere/vedere/i frammenti
di mondo che in silenzio unisci?/
così bruci distanze?/
mi restituisci al mio animale?/così
mi dai grandezza/o corpo
che invadi con la tua assenza?/
con il tuo sguardo che
non tornerà al tuo occhio/già febbre
senz’altro padrone che il cammino?/
sei qui/è come dire/tutto è qui/
il vuoto e l’unione/e tu/e la
disordinata solitudine/
 
Juan Gelman
traduzione  Laura Branchini
 
 
lontano, lontano...,
quante volte, quante frasi,
nel silenzio del saluto
la potenza di un addio...

giovedì 11 febbraio 2016

mestizia e credo, non credenza,
le Ceneri e la polvere,
qualcosa di mistico, in fondo,
lo abbiamo un po' tutti
 
Gujil
 
 
 
Mercoledì delle ceneri
 
Perch’i’ non spero più di ritornare
 Perch’i’ non spero
 Perch’i’ non spero più di ritornare
 Desiderando di questo il talento e dell’altro lo scopo
 Non posso più sforzarmi di raggiungere
 Simili cose (perché l’aquila antica
 Dovrebbe spalancare le sue ali?)
 Perché dovreí rimpiangere
 La svanita potenza del regno consueto?
Poi
 che non spero più di conoscere
 La gloria incerta dell’ora positiva
 Poi che non penso più
 Poi che ormai so di non poter conoscere
 L’unica vera potenza transitoria
 Poi che non posso bere
 Là dove gli alberi fioriscono e le sorgenti sgorgano, perché non c’è più nulla
Poi che ora so che il tempo è sempre il tempo
 E che lo spazio è sempre ed è soltanto spazio
 E che ciò che è reale lo è solo per un tempo
 E per un solo spazio
 Godo che quelle cose siano come sono
 E rinuncio a quel viso benedetto
 E rinuncio alla voce
 Poi che non posso sperare di tornare ancora
 Di conseguenza godo, dovendo costruire qualche cosa
 Di cui allietarmi
E prego Dio che abbia pietà di noi
 E prego di poter dimenticare
 Queste cose che troppo
 Discuto con me stesso e troppo spiego
 Poi che non spero più di ritornare
 Queste parole possano rispondere
 Di ciò che è fatto e non si farà più
 Verso di noi il giudizio non sia troppo severo
E poi che queste ali più non sono ali
 Atte a volare ma soltanto piume
 Che battono nell’aria
 L’aria che ora è limitata e secca
 Più limitata e secca della volontà
 Insegnaci a aver cura e a non curare
 Insegnaci a starcene quieti.
Prega per noi peccatori ora e nell’ora della nostra morte
 Prega per noi ora e nell’ora della nostra morte.
II
 Signora, tre leopardi bianchi giacevano sotto un ginepro
 Nella frescura del giorno, nutriti a sazietà
 Delle, mie braccia e del mio cuore e del mio fegato e di quanto
 Era stato contenuto nel cavo rotondo del mio cranio. E Dio disse
 Vivranno queste ossa? vivranno
 Queste ossa? E tutto quanto era stato contenuto
 Nelle ossa (che già erano aride) disse stridendo
 Per la bontà di questa Signora
 E, per la sua grazia, e perché
 Ella onora la Vergine in meditazione
 , Noi risplendiamo con tanta lucentezza. E io che sono
 Qui dismembrato offro all’oblìo le mie gesta, e il mio amore
 Alla posterità del deserto e al frutto della zucca.
 E’ questo che ristora
 Le mie viscere le fibre dei miei occhi e le porzioni indigeste
 Che i leopardi rifiutano. La Signora si è ritirata
 In una bianca veste, alla contemplazione, in una bianca veste.
 Che la bianchezza dell’ossa espii fino all’oblìo.
 In esse non c’è vita. E come io sono dimenticato e vorrei essere
 Dimenticato, così vorrei dimenticare
 Consacrato in tal modo, ben saldo nel proposito. E Dio disse
 Profetizza al vento, al vento solo perché
 Il vento solo darà ascolto. E le ossa cantarono stridendo
 Col ritornello della cavalletta, dicendo
Signora dei silenzi
 Quieta e affranta
 Consunta e più integra
 Rosa della memoria
 Rosa della dimenticanza
 Esausta e feconda
 Tormentata che doni riposo
 La Rosa unica
 Ora è il giardino
 Dove ogni amore finisce
 Terminato il tormento
 Dell’amore insoddisfatto
 Più grande tormento
 Dell’amore soddisfatto
 Fine dell’ínfinito
 Viaggio verso il nulla
 Conclusione di tutto ciò
 Che non può essere concluso
 Linguaggio senza parola
 E parola di nessun linguaggio
 Grazia alla Madre
 Per il Giardino
 Dove tutto l’amore finisce.
Sotto un ginepro le ossa cantarono, disperse e rilucenti
 Noi siamo liete d’essere disperse, poco bene facernmo l’una all’altra,
 Nella frescura del giorno sotto un albero, con la benedizione della sabbia,
 Dimenticando noi stesse e l’un l’altra, unite
 Nella serenità del deserto. Questa è la terra che voi
 Spartirete. E né divisione né unione
 Hanno importanza. Questa è la terra. Ecco, abbiamo la nostra eredità.
III
 Là dalla prima rampa della seconda scala
 Mi volsi e vidi in basso
 La stessa forma avvinta alla ringhiera
 Sotto la nebbia nell’aria fetida
 In lotta col demonio delle scale
 Dall’ingannevole volto della speranza e della disperazione.
Alla seconda rampa della seconda scala
 Li lasciai avvinghiati, volti in basso;
 Non v’erano più volti e la scala era oscura,
 Scheggiata ed umida, come la bocca guasta
 E bavosa di un vecchio, o la gola dentata di un antico squalo.
Là sulla prima rampa della terza scala
 Una finestra a inferriata con il ventre gonfìo
 Come quello di un fico e al di là
 Del biancospino in fìore e della scena agreste
 Quella figura dalle spalle ampie vestita in verde e azzurro
 Affascinava il maggio con un flauto antico.
 Sono dolci le chiome arruffate, le chiome brune arruffate sulla bocca,
 Lillà e chiome brune;
 Lo sgomento, la musica del flauto, le pause e i passi della mente sulla terza scala,
 Svaniscono, svaniscono; al di là della speranza e al di là della disperazione
 La forza sale sulla terza scala.
Signore, non son degno
 Signore, non son degno
 ma di’ una sola parola.
IV
 Colei che camminò fra viola e viola
 Che camminò
 Fra i diversi filari del variato verde
 In bianco e azzurro procedendo, colori di Maria,
 Parlando di cose banali
 In ignoranza e scienza del dolore eterno
 Che mosse in mezzo agli altri che già stavano andando
 Che allora fece forti le fontane e fresche le sorgenti
Rese fredda la roccia inaridita e solida la sabbia
 In blu di speronella, blu del colore di anni Maria,
 Sovegna vos
Ecco gli anni che passano in mezzo, portando
 Lontano i violini e i flauti, ravvivando
 Una che muove nel tempo fra il sonno e la veglia, che indossa
Luce bianca ravvolta, di cui si riveste, ravvolta.
 Passano gli anni nuovi ravvivano
 Con una splendida nube di lacrime, gli anni, ravvivano
 La rima antica con un verso nuovo. Redimi
 Il tempo. Redimi
 La visione non letta nel sogno più alto
 Mentre unicorni ingioiellati traggono il catafalco d’oro.
La silenziosa sorella velata in bianco e azzurro
 Fra gli alberi di tasso, dietro il dio del giardino,
 Il cui flauto tace, piegò la testa e fece un cenno ma non parlò parola
Ma la sorgente zampillò e l’uccello cantò verso la terra
 Redimi il tempo, redimi il sogno
 La promessa del verbo non detto e non udito
Finché il vento non scuota mille bisbigli dal tasso
E dopo questo nostro esilio
V
 Se la parola perduta è perduta, se la parola spesa è spesa
 Se la parola non detta e non udita
 E’ non udita e non detta,
 Sempre è la parola non detta, il Verbo non udito,
 Il Verbo senza parola, il Verbo
 Nel mondo e per il mondo;
 E la luce brillò nelle tenebre e
 Il mondo inquieto contro il Verbo ancora
 Ruotava attorno al centro del Verbo silenzioso
.
0 mio popolo, che cosa ti ho fatto.
Dove ritroveremo la parola, dove risuonerà
 La parola? Non qui, che qui il silenzio non basta
 Non sul mare o sulle isole, né sopra
 La terraferma, nel deserto o nei luoghi di pioggia,
 Per coloro che vanno nella tenebra
 Durante il giorno e la notte
 Il tempo giusto e il luogo giusto non sono qui
 Non v’è luogo di grazia per coloro che evitano il volto
 Non v’è tempo di gioire per coloro che passano in mezzo al rumore e negano la voce
Pregherà la sorella velata per coloro
 Che vanno nelle tenebre, per coloro che ti scelsero e si oppongono
 A te, per coloro che sono straziati sul corno fra stagione e stagione, tempo e ternpo, Fra ora e ora, parola e parola, potenza e potenza, per coloro che attendono
 Nelle tenebre? Pregherà la sorella velata
 Per i fanciulli al cancello
 Che non lo varcheranno e non possono pregare:
 Prega per coloro che ti scelsero e ti si oppongono
0 mio popolo, che cosa ti ho fatto.
Pregherà la sorella velata fra gli alberi magri di tasso
 Per coloro che l’offendono e sono
 Terriffcati e non possono arrendersi
 E affermano di fronte al mondo e fra le rocce negano
 Nell’ultimo deserto e fra le ultime rocce azzurre
 Il deserto nel giardino il giardino nel deserto
 Della secchezza, sputano dalla bocca il secco seme di mela.
0 mio popolo.
VI
Benché non speri più di ritornare
 Benché non speri
 Benché non speri di ritornare
A oscillare fra perdita e profitto
 in questo breve transito dove i sogni si incrociano
 Il crepuscolo incrociato dai sogni fra nascita e morte
 (Benedicimi padre) sebbene non desideri più di desiderare queste cose
 Dalla fìne finestra spalancata verso la riva di granito
 Le vele bianche volano ancora verso il mare, verso il mare volano
 Le ali non spezzate
E il cuore perduto si rinsalda e allieta
 Nel perduto lillà e nelle voci del mare perduto
 E Io spirito fragile s’avviva a ribellarsi
Per la ricurva verga d’oro e l’odore del mare perduto
 S’avviva a ritrovare
 Il grido della quaglia e il piviere che ruota
 E l’occhio cieco crea
 Le vuote forme fra le porte d’avorio
 E l’odore rinnova il sapore salmastro della terra sabbiosa
 Questo è il tempo della tensione fra la morte e la nascita
 Il luogo della solitudine dove tre sogni s’incrociano
 Fra rocce azzurre
 Ma quando le voci scosse dall’albero di tasso si partono
 Che l’altro tasso sia scosso e risponda.
 Sorella benedetta, santa madre, spirito della fonte,. spirito del giardino
 Non permettere che ci si irrida con la falsità
 Insegnaci a aver cura e a non curare
 Insegnaci a starcene quieti
 Anche fra queste rocce,
 E’n la Sua volontarie è nostra pace
 E anche fra queste rocce
 Sorella, madre
 E spirito del fiume, spirito del mare,
 Non sopportare che io sia separato
E a Te giunga il mio grido.
 
Thomas Stearns Eliot

mercoledì 10 febbraio 2016

Ora è tempo di entrare nell'inverno..., di Daniele Piccini


Ora è il tempo di entrare nell'inverno.
Sfiammata la stellata,
è la via battuta dai tordi,
dai tempestosi suoni dei colombi,
dai soffi delle tortore
che si ripetono al mondo.
Batteranno ore e ore alla torre
di un borgo, senza alcuno a
svegliarsi, senza l'alba
protetta da un chiamare.
Ora vieni, che è inverno,
scendi con noi a distendere ossa
dissaldate dal freddo,
il sangue morto dell'anima idraulica
sì che si svegli il soffio. O scenda immane,
doppia e senza fiammella, un altra pace.
 
Daniele Piccini
Inizio fine
 
 
 
speriamo di uscire dall'inverno,
questo grigio mi deprime,
la pioggia mi scaglia a sasso
in cupi pensieri di buio...

martedì 9 febbraio 2016

Invernale #3

 
indecisi, attimi, molecole,
le strane sensazioni approdano
in lunghi, lunghissimi istanti;
le gocce di pioggia,
i vetri bagnati,
il freddo e sottile pensare...
 
Gujil

lunedì 8 febbraio 2016

Nel profondo, di Arturo Graf

Nel profondo
 
Dentro l’anima mia, dove ruina
Il fondo e il cieco abisso si spalanca,
Quando la notte in ciel siede regina
Suona una voce dolorosa e stanca;

E un vasto e sordo fremere di pianti
Sale pel bujo che s’addensa quivi;
Come un fiotto d’ignude anime erranti.
Come un lamento di sepolti vivi;

E sospiri pel negro aer travolti,
E fioche voci dai singhiozzi rotte:
Son l’anime dei morti e dei sepolti
Che si destan piangendo a mezzanotte.
 
Arturo Graf
 
 
dentro di me, di noi,
qualcosa, qualcuno;
dentro di noi, di me si fa strada,
rassegnata condizione,
io so, noi sappiamo...
 

domenica 7 febbraio 2016

Estasi, di Carol Ann Duffy

Estasi
 
Nei tuoi pensieri tutto il giorno, tu nei miei.
Gli uccelli cantano al riparo di un albero.
Sopra la preghiera della pioggia, un blu sterminato,
non il paradiso, che non va da nessuna parte, senza fine.
Perché mai le nostre vite si allontanano
da noi stesse, mentre rimaniamo intrappolate nel tempo,
in fila verso la morte? Sembra che nulla possa mutare
lo schema dei nostri giorni, alterare la rima
data da lutto in assonanza con diletto.
Poi sopraggiunge l’amore come un volo lesto di uccelli
dalla terra al paradiso dopo la pioggia. Un tuo bacio,
rievocato, sfila, come fossero perle, questa catena di parole.
Cieli immensi ci congiungono, unendo qui a lì.
Desiderio e passione nell’aria che pensa.
 
Carol Ann Duffy
Lo splendore del tempio. Poesie d’amore
Traduzione di Floriana Marinzuli e Bernardino Nera
 
Michelangelo Merisi "Il Caravaggio"
Maddalena in estasi
 
quante estasi, quante gioie!
liberi nel giovanile impeto,
soli con la propria persona;
infine un suono, sempre...
 

sabato 6 febbraio 2016

Meditazione

sconosciuti, umili,
qualche Santo in Paradiso è così,
qualcuno forse lo conosce,
non i più, non i più...
 
Gujil
 
 

venerdì 5 febbraio 2016

Una voce, di Amalia Guglielminetti

Una voce
 
Una voce nell'ombra ha qualche volta
la morbidezza calda d'una cosa
tangibile. Non s'ode, non s'ascolta,
ma sul cuor che l'accoglie quasi posa
le sue parole ad una ad una, come,
quando langue, le sue foglie una rosa.
Se invoca piano, in ansia, un caro nome
par che vi tremi il mal represso ardore
d'un bacio non osato fra le chiome.
E di soverchia intensità essa muore
soffocata ed il pianto che l'assale
sembra il principio dolce dell'amore,
ed è l'inizio acerbo del suo male.
 
Amalia Guglielminetti
 
 
voci dentro di noi, calde,
a volte suadenti e plastiche;
voci nell'anima, dure,
rimpianti scanditi da frasi...

giovedì 4 febbraio 2016

Detroit, una fabbrica abbandonata, di Philip Levine

Detroit, una fabbrica abbandonata
 
I cancelli incatenati, la recinzione di filo spinato è lì
 come un'autorità di metallo contro la neve
 e questo grigio monumento al senso comune
 resiste alle stagioni. Ancora carica questa recinzione
 delle paure di sciopero, di protesta, di uomini uniti
 e della lenta corrosione delle loro menti.
 
 Al di là, attraverso le finestre rotte, si vede
 dove le grandi presse si sono fermate fra un colpo e l'altro
 e così, sospese nell'aria, restano prese
 al margine certo dell'eternità.
 Le ruote di ghisa sono ferme; si contano i raggi
che il movimento sfuocava, i montanti che l'inerzia
                       combatteva,
 
 e si calcola la perdita del potere del potere umano,
 lento ed esperto, la perdita di anni,
 il graduale declino della dignità.
 Uomini vivevano in queste fonderie, ora dopo ora;
 nulla di ciò che hanno forgiato è sopravvissuto agli
ingranaggi arrugginiti
 che sarebbero potuti servire a macinare il loro elogio.

Philip Levine
Una semplice verità
Traduzione di Claudio Bellinzona
 
 
 
Panic in Detroit,
una via di rottami negli USA;
quanto vento, quanto tempo,
assiomi sconfitti, distrutti
da ruggine e polvere...