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giovedì 24 settembre 2015

Nessuno più mi consola, di Leonardo Sinisgalli

Nessuno più mi consola
 
Nessuno più mi consola, madre mia.
Il tuo grido non arriva fino a me
neppure in sogno. Non arriva una piuma
del tuo nido su questa riva.
 
Le sere azzurre sei tu
che aspetti i muli sulla porta
e avvolgi le mani nei panni,
leggi nel fuoco le risse
che disperdono i tuoi figli
ai margini della città?
 
Un abisso ci separa, una fiumana
che scorre tra gli argini alti di fumo.
Sono queste le tue stelle,
è il vento della terra
è la nostra speranza
questo cielo che accoglie le tue pene,
la tua volontà di pace?
 
Tu vivi certa della tua virtù:
hai vestito i cadaveri variopinti
dei padri, hai trovato ogni notte
la chiave dei nostri sogni,
hai dato il grano per la memoria dei morti.
 
Noi aspettiamo il tuo segnale
sulla torre più alta.
Tu ci chiami. Sei tu
la fiamma bianca all'orizzonte?
Un'estate di lutti
ha rimosso nel ventre le antiche colpe,
ha cacciato i lupi sotto le mura dei paesi.
I cani latrano al sole di mezzogiorno,
la civetta chiede ostaggi per il lugubre inverno.
 
Tu ascolti, madre mia,
il pianto sconsolato delle Ombre
che non trovano requie
sotto le pietre battute
dal tonfo di fradici frutti.

Leonardo Sinisgalli
da Scienza e poesia
 
Giovanni Segantini, "Le due madri"
 
quante parole, dette, scritte,
quanti sospiri e respiri;
poi il nulla prevale,
il ricordo sbiadisce
la mente barcolla...

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