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lunedì 6 giugno 2011

El Vals

Eres hermosa como la piedra,
oh difunta;
Oh viva, oh viva, eres dichosa como la nave.
Esta orquesta que agita
mis cuidados como una negligencia,
como un elegante bendecir de buen tono,
ignora el vello de los pubis,
ignora la risa que sale del esternón como una gran batuta.

Unas olas de afrecho,
un poco de serrín en los ojos,
o si acaso en las sienes,
o acaso adornando las cabelleras;
unas faldas largas hechas de colas de cocodrilos;
unas lenguas o unas sonrisas hechas con caparazones de cangrejos.
Todo lo que está suficientemente visto
no puede sorprender a nadie.

Las damas aguardan su momento sentadas sobre una lágrima,
disimulando la humedad a fuerza de abanico insistente.
Y los caballeros abandonados de sus traseros
quieren atraer todas las miradas a la fuerza hacia sus bigotes.

Pero el vals ha llegado.
Es una playa sin ondas,
es un entrechocar de conchas, de tacones, de espumas o de dentaduras postizas.
Es todo lo revuelto que arriba.

Pechos exuberantes en bandeja en los brazos,
dulces tartas caídas sobre los hombros llorosos,
una languidez que revierte,
un beso sorprendido en el instante que se hacía «cabello de ángel»,
un dulce «sí» de cristal pintado de verde.

Un polvillo de azúcar sobre las frentes
da una blancura cándida a las palabras limadas,
y las manos se acortan más redondeadas que nunca,
mientras fruncen los vestidos hechos de esparto querido.

Las cabezas son nubes, la música es una larga goma,
las colas de plomo casi vuelan, y el estrépito
se ha convertido en los corazones en oleadas de sangre,
en un licor, si blanco, que sabe a memoria o a cita.

Adiós, adiós, esmeralda, amatista o misterio;
adiós, como una bola enorme ha llegado el instante,
el preciso momento de la desnudez cabeza abajo,
cuando los vellos van a pinchar los labios obscenos que saben.
Es el instante, el momento de decir la palabra que estalla,
el momento en que los vestidos se convertirán en aves,
las ventanas en gritos,
las luces en ¡socorro!
y ese beso que estaba (en el rincón) entre dos bocas
se convertirá en una espina
que dispensará la muerte diciendo:
Yo os amo.

Vicente Aleixandre

  
un ballo surreale raccoglie memorie
silhouette perfette di decisi istanti
si sgretolano sotto i tocchi del tempo
come un valzer piroetto nel cosmo
dei miei gesti affrettati, delle voci...
ci sarà spazio ancora per noi
sotto un cielo imperfetto riempiremo le ore
di inutili cose eppure così care;
ci troveremo ancora davanti a una partenza
o ad aspettare un nuovo arrivo...
in una continua danza...


Il Valzer

Sei bella come la pietra,
oh defunta;
oh viva, oh viva, sei felice come la nave.
Quest’orchestra che agita
I iei affanni come una negligenza.
Come un elegante dirbene di buon tono,
ignora il vello dei pubi,
ignora il riso che esce dallo sterno come una grande bacchetta del direttore d’orchestra.

Alcune onde di crusca,
un po’ di segatura negli occhi,
o forse nelle tempie,
o magari ornamenti di capelli;
alcune gonne lunghe fatte di code di coccodrilli;
alcune lingue o sorrisi fatti con gusci di gamberi.
Tutto ciò che è sufficientemente visto
Non può sorprendere alcuno.

Le donne aspettano il loro turno sedute su una lacrima,
dissimulando l’umidità a forza di ventaglio insistente.
E i cavalieri abbandonati dalle loro natiche
Vogliono attirare tutti gli sguardi, a forza, verso i loro baffi.
Ma il valzer è arrivato.
E’ una spiaggia senz’onde,
è un cozzare di conchiglie, di tacchi, di spume o di dentature posticce.
E’ tutto il sottosopra che arriva.
Petti esuberanti in vassoi nelle braccia,
dolci torte cadute sulle spalle piangenti,
una languidezza che rivolta,
un bacio sorpreso nell’istante che si faceva “capello d’angelo”,
un dolce “si” di cristallo dipinto di verde.

Un polverio di zucchero sulle fronti
D’un bianco candido alle parole limate,
e le mani si contraggono più arrotondate che mai,
mentre gualciscono i vestiti fatti di saprto amato.

Le teste sono nubi, la musica è una lunga gomma,
le code di piombo quasi volano, e lo strepito
s’è mutato nei cuori in ondate di sangue,
in un liquore, così bianco, che sa di memoria o di appuntamento.

Addio, addio, smeraldo, ametista o mistero;
addio, come una palla enorme è venito l’istante,
il pre4ciso momento della nudità a testa bassa,
quando i velli vanno a pungere le labbra oscene che sanno.
E’ l’istante, il momento di dire la parola che esplode,
il momento in cui i vestiti si cambieranno in uccelli,
le finestre in gridi, le luci in aiuto!
E quel bacio che stava nell’angolo tra due bocche
Si muterà in una spina
Che dispenserà la morte dicendo:
Io vi amo.

Vicente Aleixandre

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